Sono già quasi le 8:00. Maledizione, sapevo che quel biscotto di troppo a colazione avrebbe rallentato il mio soggiorno sulla tazza. Ma non pensavo così tanto! E per l’appunto, poiché stavo cercando di recuperare il tempo perso vestendomi  velocemente, mi sono messo pantaloni e maglietta al contrario. Perfetto, altro tempo superfluo impiegato per rivestirmi! Finalmente esco di casa, e dopo aver girato per tre volte la serratura con la chiave, mi accingo a chiamare l’ascensore.

“Fuori uso” ci trovai scritto sopra. Dannazione, ma che diavoleria è mai questa? Che poi, come se non bastasse, io abito al settimo piano. Ma che coincidenza! Ma va bene, sono le 7:58, due minuti bastano e avanzano per arrivare alla fermata del mio amato 23. Ma aspetta… cosa vedo in lontananza? L’autobus? In anticipo? Proprio oggi!? Ma stiamo scherzando!? Non lo so, ci vogliamo mettere anche una battaglia aliena davanti a casa mia, visto che ci siamo?

Devo correre. Senza che me ne renda conto, le mia gambe cominciano a fare passi sempre più lunghi, e accelerano in maniera incondizionata. Gli altri passanti, percependo il vuoto d’aria che li sta risucchiando da dietro, si girano per cercare di capire cosa stia accadendo. Ma non fanno in tempo a girare il collo che le mie gambe mi hanno già portato davanti a loro, che non riescono nuovamente a capire la fonte di questa tempesta poiché ho già girato l’angolo.

Continuo ad accelerare. L’autobus procede in direzione perpendicolare alla mia, segnando di fatto il suo arrivo imminente alla fermata. Quello successivo passa tra quindici minuti, non avrò altre chance all’infuori di questa. Proprio nel momento in cui entra nella rotonda, ultimo tratto lungo pochi metri che lo tiene ancora lontano dalla fermata, il mio piede destro preme con forza il terreno sopra la prima striscia bianca sbiadita di strisce pedonali. Tuttavia, proprio allora, una macchina che procedeva in direzione opposta al 23 e sulla corsia parallela mi spunta da sinistra. Che sia la fine…?

A quanto pare no. La vettura rallenta e si ferma. Non faccio in tempo a veder finire il saluto gentile dell’autista che ho già superato la prima metà delle strisce, finendo sulla seconda parte della strada. Alla mia destra, l’imponente autobus rallenta, permettendomi di finire il mio percorso. Ce l’avevo fatta. La decelerazione dell’autobus, contrapposta alla forza delle mie gambe che ancora macinavano ciò che restava della colazione, mi permise di arrivare appena in tempo alla fermata, contemporaneamente al veicolo. Avevo evitato un ritardo sul registro. Missione compiuta, era finita…

O almeno, pensavo che fosse finita. Fermatosi l’autobus, decisi di finire la mia corsa disperata con un atletico salto verso la porta di entrata, al muso della vettura. Ma proprio nel momento in cui posai in avanti la gamba sinistra slanciandomi verso l’interno, due uomini vestiti elegantemente uscirono correndo dalla medesima porta, tenendosi il cappello stretto alla nuca evitando così di farlo volare via. Sbilanciato e avendo perso l’equilibrio, decido di tentare una manovra rischiosa: faccio una piroetta su me stesso, e con lo slancio provocato dalla forza centripeta mi catapulto dentro. Ne è valsa la pena, sono entrato con successo, e  stavolta nessuno mi metterà i bastoni tra le ruote. Dopo aver portato a termine un’impresa tanto rischiosa, mi guardo in giro nella speranza di poter trovar pace su una sedia, recuperando così le energie spese in quella folle corsa contro il tempo. La ricerca si conclude in fretta: è rimasto un solo posto libero al fianco della porta d’uscita. Mi incammino così verso il mio premio.

Ma a quanto pare, non avevo considerato la grande potenza del caso, quella fortuna tanto osannata da Guicciardini (autore letterario che stavo studiando in quel periodo) che domina su tutto, imponendosi sulla virtù umana. Probabilmente avrei dovuto approfondire lo studio della “discrezione” in maniera maggiore, poiché in quella occasione mi sarebbe stato molto utile. Perché? Perché proprio quando stavo già assaporando il piacere di trovarmi rilassato sopra una semplice sedia da quattro soldi, entrò con vigore dalla porta di uscita un individuo femminile che aveva già da tempo perso i suoi attributi giovanili, sostituendoli a qualità che enfatizzavano il suo lato B, fin troppo prominente e ingombrante… ah, mi sono lasciato trasportare da Guicciardini! Entrò come un uragano una culona che mi soffiò il posto da sotto il naso!

Da quando hanno sostituito gli autobus dell’ATAF, c’è pure scritto di verde su una porta “open” e sull’altra, di rosso, si legge “stop”. E’ vero che ci stiamo dealfabetizzando nell’ultimo decennio, ma almeno le basi della civiltà sarebbe meglio conservarle! Si entra da una parte e si scende da un’altra. E’ davvero un concetto così difficile da comprendere?

 

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