Riceviamo e volentieri pubblichiamo una recensione teatrale da Siracusa.

Per il 53° ciclo di rappresentazioni classiche al teatro greco di Siracusa sono state scelte due tragedie accomunate dall’argomento: i Sette contro Tebe di Eschilo e Le Fenicie di Euripide.

Le classi IIA e IIC del Liceo Scientifico “Leonardo da Vinci” di Firenze hanno assistito ad entrambe le messe in scena, nelle serate del 1 e del 2 giugno, ed hanno potuto apprezzare l’accostamento di due opere molto diverse tra loro sia per lo spirito poetico (Eschilo ed Euripide trattano lo stesso mito ma da prospettive assai distanti) che per la realizzazione scenica e l’attualizzazione del tema: la guerra fratricida.

La prima tragedia, i Sette contro Tebe, viene rappresentata a Siracusa per la 4° volta nella storia delle rappresentazioni tragiche siracusane curate dall’I.N.D.A.: l’arte del regista Marco Baliani, e con lui quella del musicista Mirto Baliani e della brava coreografa Alessandra Fazzino è riuscita a coniugare l’aspetto primitivo e feroce della maledizione del genitore, espressa sulla scena da un’inquietante danza del demone vendicatore, e l’inevitabilità di una condizione umana atemporale, quale il mito ci presenta, con l’attualità di un tema doloroso come la guerra. La scenografia, infatti, ricorda la trincea e i costumi, nel momento finale, quando la città è ormai sotto assedio, non sono più quelli degli antichi tebani ma diventano quelli dei civili che muoiono sotto i bombardamenti di Aleppo; anche la musica, coinvolgente e pervasiva, richiama la modernità, soprattutto alla fine, quando i suoni sono riconoscibili come scoppi di bombe. 

La suggestiva cornice del teatro ben si adatta ad una realizzazione che tiene sospeso e coinvolto il pubblico dall’inizio alla fine; anche le defaillances sulla scena, come quando Eteocle è scivolato su un cumulo di sassi, non sono state percepite come tali.

Una forte partecipazione del pubblico si è avuta anche con le Fenicie di Euripide: il richiamo alla messa in scena eschilea è evidente per la presenza dell’albero in mezzo alla scena, che però qui appare spoglio, pallido e crollato, mentre nei Sette contro Tebe rappresenta inizialmente un baluardo sotto il quale i Tebani si sentono protetti, che però crolla con forza improvvisa al cadere dei suoi rami; il terreno, che nella tragedia di Eschilo è sabbioso e realistico, in quella euripidea è ricoperto da teli rossi, che presumibilmente alludono alla sanguinosa fine della città.

Il ruolo di Giocasta risulta fondamentale e accentratore e l’interpretazione di Ida Danieli non ha deluso: la sua recitazione toccante, il suo abbigliamento completamente nero hanno raggiunto le corde più intime degli spettatori che hanno riconosciuto sulla scena la madre-eroina ma anche la donna che, suo malgrado, è parte di una stirpe maledetta.

L’Antigone delle Fenicie è risultata inaspettatamente ingenua ed istintiva nella sua graduale presa di coscienza dell’abominio del duello fratricida e del proprio ruolo di estrema difesa dei valori della pietas, a differenza di quella eschilea, pienamente consapevole del grave fardello di sorella-figlia.

Il coro, a cui la tragedia è intitolata, costituito da donne fenicie con maschere inespressive, trova la sua espressione in una corifea severa e solenne.

Al momento della conclusione si sono levati prolungati e sinceri applausi da parte del numerosissimo pubblico, emozionato anche dalla presenza sui gradoni del Presidente del Senato, Piero Grasso.

Gli studenti della IIC

 

 

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