Un articolo pubblicato due giorni fa dalla rivista Natural Medicine ha riportato un nuovo successo della bioingegneria moderna: un gruppo di tre individui completamente paralizzati hanno potuto ritornare a muoversi e a camminare grazie agli studi della collaborazione NeuroRestore. Gli esperimenti sono stati condotti da scienziati dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia e dal Centro ospedaliero universitario di Losanna, guidati dal neuroscienziato Grégoire Courtine e dalla neurochirurga Jocelyne Bloch. Il Centro ospedaliero di Losanna aveva già pubblicato nel 2013, con la collaborazione di Silvestro Micera, professore dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna a Pisa ed uno degli autori dell’articolo del Natural, un articolo nel The Journey of Neuroscience, rivista della Society of Neuroscience, sulla possibilità che la stimolazione elettrica epidurale, o EES, dei segmenti lombosacrali, ovvero sulla parte dorsale delle vertebre lombari (nella parte bassa del dorso), avrebbe potuto portare pazienti parzialmente o completamente paralizzati a riacquistare mobilità.

L’EES era già considerata da una decina di anni una tecnica che poteva indurre dei miglioramenti motori nei soggetti che avevano subito una lesione grave al midollo spinale. Una lesione grave al midollo spinale non si può curare completamente perché le fibre nervose non si rigenerano. L’EES era stata introdotta nel 1976 per limitare gli spasmi nelle persone affette da sclerosi multipla. È stata testata inizialmente su animali paralizzati, che hanno mostrato un pronto ricovero della mobilità, ma sembra che per qualche strana causa sia meno efficace per l’uomo. Alcune operazioni di stimolazione elettrica del midollo cercano di ripristinare il collegamento tra cervello e la parte del midollo che era stata isolata a causa della lesione.

Alcuni anni fa, i ricercatori insieme al professore Micera e a Grégoire Courtine erano riusciti a costruire un dispositivo che avrebbe potuto simulare la stimolazione sul midollo spinale, che avviene naturalmente quando si vuole compiere un movimento, e quindi restituirgli la sua funzionalità. Dalle analisi condotte hanno anche appurato che l’EES non agisce sui motoneuroni (neuroni che trasmettono i segnali per controllare i muscoli) né sugli interneuroni (anche detti neuroni di interconnessione, trasmettono le informazioni sulle percezioni sensoriali al sistema nervoso centrale, dove vengono interpretate), ma che anzi sembrava influenzare le afferenti fibre mielinate, ovvero prolungamenti del corpo cellulare dei neuroni che ricevono le percezioni sensoriali. Anche se erano arrivati a comprendere meglio l’effetto dell’EES a livello neuronale, non avevano abbastanza informazioni per comprendere appieno i meccanismi tramite i quali questa tecnica poteva produrre il movimento. Gli studi riguardo al funzionamento dell’EES sono continuati fino ad oggi, quando il team di scienziati è riuscito a raggiungere l’importante obiettivo di rendere soggetti paralizzati di nuovo in grado di compiere movimenti più complessi come camminare e pedale in modo volontario e controllato. Negli esperimenti che hanno permesso ai tre individui di muoversi, i ricercatori hanno inserito elettrodi nel midollo spinale sotto le vertebre dei pazienti con sofisticati modelli computerizzati per posizionarli correttamente; gli elettrodi inviano stimoli elettrici ai muscoli per contrarli, così da generare il movimento desiderato. Gli elettrodi sono controllati da un software di intelligenza artificiale, i soggetti possono selezionare il movimento che vogliono compiere utilizzando un tablet che invia gli impulsi elettrici ai muscoli interessati. Nei soggetti paralizzati la lesione alla colonna vertebrale è stata sufficiente a interrompere il “collegamento” tra cervello e muscoli che permette alla nostra mente di muovere gli arti e il resto del corpo, il software permette di usare il midollo spinale come il nostro cervello farebbe per camminare o nuotare. Dopo un giorno dalla ripresa dall’intervento chirurgico per l’applicazione del dispositivo, i pazienti sono riusciti a ricominciare a camminare con l’aiuto di un’imbracatura di sostegno, nelle settimane successive perfino a pedalare e nuotare, infine hanno seguito programmi per recuperare massa muscolare e hanno iniziato a svolgere attività in maggiore autonomia e in contesti sociali.

Uno dei pazienti degli esperimenti si chiama Micheal Roccati, un italiano di circa trent’anni che è rimasto paralizzato a seguito di un incidente in moto di quattro anni fa, per un animale che attraversava la strada. Un anno fa è entrato a far parte dei volontari che ad agosto hanno affrontato l’operazione chirurgica per inserire gli elettrodi e il dispositivo nell’addome per raccogliere i dati. Oggi è in grado di nuotare, salire le scale, pedalare, ha recuperato il 50% della sua massa muscolare e si è posto come obiettivo quello di riuscire a camminare per un chilometro in primavera.

Dopo il successo dell’esperimento, il gruppo di ricerca punta di arrivare a testare queste nuove tecnologie su più persone. La compagnia medica tecnologica Onward Medical, fondata nel 2014 da un gruppo di neuroscienziati all’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia con uffici a Losanna e in Svizzera, ha investito nella sperimentazione di questi dispositivi su un numero maggiore di paraplegici con lo scopo di commercializzarli su larga scala.

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