Il LeoMagazine augura a tutti una Pasqua serena, per quanto possibile dati i tempi e gli eventi in corso. Anche se, come abbiamo già avuto modo di evidenziare, la nostra è una testata assolutamente “laica”, la Pasqua non è solo una importante ricorrenza cristiana ma fa parte della tradizione culturale europea ed assume oggi più che mai il senso di un invito alla pace e alla fraternità; quell’invito che papa Francesco ha sottolineato con forza durante la Via Crucis, mettendo insieme una famiglia russa e una ucraina. Buona Pasqua a tutti dunque, di qualsiasi fede o religione o anche senza. DDN

In questo periodo, dal punto di vista umanitario, vediamo poche ragioni per rallegrarci; è insomma più che mai generalizzato, di questi tempi, il senso di malessere, incertezza e paura per i propri cari.

Ma ora ci avviciniamo alla Pasqua, una festa cristiana che ha tuttavia origini ben più profonde.

Pasqua è una parola che deriva dall’ebraico “Pesach” (“passare oltre, tralasciare”) e che nell’Ebraismo viene celebrata in memoria della liberazione degli Ebrei dall’Egitto a opera di Mosè, perché lo sterminatore uccise solo i primogeniti maschi degli Egizi, proprio “tralasciando” coloro che avevano segnato con sangue di agnello le porte delle loro case, su ordine del Signore.

Mosè grazie al Signore libera il popolo ebreo dalla schiavitù, conducendoli attraverso il Mar Rosso (secondo la fede ebraica e cristiana).

Nel Cristianesimo questo “passaggio” acquista un significato diverso : il passaggio è quello compiuto dalla morte alla vita da Cristo, risorto dopo essere stato crocifisso; di conseguenza, si ha una nuova vita dei cristiani, libera dal peccato, grazie al dolore che Gesù patì per loro.

C’è comunque uno stretto legame tra il Pesach ebraico e la Domenica della resurrezione cristiana: se Mosè ha permesso agli Ebrei di vivere con Dio una nuova alleanza in Terra promessa con la liberazione dalla schiavitù in Egitto, Cristo ha liberato l’umanità dalla schiavitù dal peccato, portando a una vita più pura i fedeli . Questi commemorano il sacrificio di Gesù, il quale ha offerto loro un’alternativa alla vita corrotta che, causa il peccato originale, l’umanità conduceva.

Una rinnovata purezza e una gioia grandi, tanto da non poterle concepire con la sola ragione, ma con l’abbandono all’amore divino: questo il messaggio racchiuso nella Pasqua cristiana, di speranza e di riscatto dalla vita materiale, di slancio verso la beatitudine eterna. E questo messaggio sembra tanto più utopico quanto questo mondo è tempestato da tragedie, nel piccolo e ancora oggi nel grande, in guai che coinvolgono il globo intero.

È da brivido pensare a quante morti sono state causate dal Covid e dalla guerra in un lasso di tempo così breve – rispettivamente, più di sei milioni nel mondo in circa due anni e più di sette mila cittadini ucraini e 20.000 soldati in Russia nell’arco di quasi due mesi. Sono numeri approssimativi che stentiamo a comprendere per la loro mostruosa immensità, ma che ci urlano quante sono le vite perse, quante le famiglie distrutte dal lutto.

Perché Dio lascia che accadano queste disgrazie? Questa la domanda che tanti fedeli si pongono nei momenti bui come questi.

La risposta per chi crede è che durante la vita terrena siamo liberi di scegliere, e se si sceglie la via del male, è perché non si è in grado di cogliere ciò che non si può percepire con soli cinque sensi, ma che va al di là : la forza dell’amore, che va oltre ogni retorica, oltre ogni interesse e utilitarismo, e che ha come fine il Bene comune.

La sofferenza e le difficoltà – causate o meno dalla pochezza umana – mettono alla prova la nostra virtù e determinazione nel realizzare questo Bene, e se noi ci opporremo alla decadenza morale, sempre dietro l’angolo, compiremo questa missione, che è la più alta.

È questa del resto la più grande scommessa sull’essere umano : rinuncerà mai ai propri interessi per il benessere generale?

Supererà la gratificazione materiale, per raggiungere uno stadio etico più elevato e comprendere principi più profondi, anche se invisibili?

Da più di due anni pesa su di noi il timore del contagio da Coronavirus, un ulteriore impedimento alla riunione tra parenti e amici in tempi di festeggiamento e gioia – come quello pasquale, per chi è cristiano almeno.

Quest’anno, con lo scoppio della guerra in Ucraina, sentiamo ancora di più l’incombere della morte, che stavolta non è più motivata solo da un’inaspettata emergenza sanitaria, d’impaccio alla nostra socialità e serenità, ma da cinismo e avidità di potere, un istinto umano che ci spaventa maggiormente, perché al momento non siamo in grado di placarlo; questo è una carica violenta restia alla pace che scuote la nostra coscienza.

Ora sentiamo che la guerra non è più un ricordo lontano, non più “solo” in posti come Siria o Afghanistan, realtà che sono gravi quanto quella in Ucraina, ma che tendenzialmente si trascurano per la loro distanza, geografica e culturale.

Adesso il conflitto è vicino e ci tocca di più sia nella mente che sul piano economico e politico.

Al senso di rinascita che in particolare per i cristiani in questo periodo di Pasqua si dovrebbe sentire, si contrappone un’opprimente prospettiva di discordia, di pericolo e di offesa all’esistenza, calpestata senza freni dalla sorte o dalla malvagità umana. Esistenza che oggi vediamo essere fragile, ma a cui spetta per principio dignità e riguardo.

Forse proprio per il rapporto antitetico tra il mondo esterno di oggi e quello interno alla religione, la fede riesce a dare forza.

Il messaggio religioso – cristiano in questo caso – è chiaro : Cristo è morto per noi, ma poi è risorto per dare speranza e una vita migliore agli uomini. Il Bene vince sul Male: è questo un conforto che ha a disposizione chiunque sia coinvolto in un’ingiustizia – direttamente o indirettamente.

Ma non si pensi che il credente si rifugi sotto la protezione di Dio per alienarsi e rincantucciarsi : è nella fede che trova la forza per alzarsi e dire che siamo fatti per vette più alte, che è inutile gettare tempo e fatica per creare leggi e limiti contro la guerra se poi ci vuole così poco a infrangerli! Servono anche quelli, certo, ma non senza che tutti arriviamo attivamente, e non attraverso le belle parole pronunciate da altri, a elaborare dentro di noi una forma mentis per cui ripudiare la guerra, essere uniti in questo scopo che ci coinvolge inesorabilmente – chi tramite fede, incontrando un Dio e il messaggio d’amore che porta, chi tramite ideali e desiderio filantropo di rispetto reciproco.

Lasciando questa riflessione purtroppo sempre attuale e senza soluzione, si augura una buona Pasqua a tutti, credenti o meno, e si incoraggia chiunque voglia dedicarsi a un pensiero e a una ricerca del bene, della resilienza in questi tempi difficili e cupi e dell’attaccamento a questa vita, come occasione per migliorare l’esistenza che ci accomuna.

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