Lo scorso mercoledì nei locali del Liceo scientifico Leonardo da Vinci di Firenze si è tenuto un incontro con Sello Hatang, CEO della Fondazione Nelson Mandela dal 2013, dopo la scomparsa di Madiba, insieme agli studenti del Liceo. Nato in un villaggio sudafricano, ha lavorato come senior manager nella Commissione per i diritti umani del Sud Africa prima di entrare nella Fondazione come portavoce. Si è inoltre impegnato nel rinnovamento degli Archivi Nazionali iniziato nel 1994. La scorsa settimana gli è stato conferito il fiorino d’oro dalla Città Metropolitana di Firenze per il suo impegno nel diffondere e nel mantenere in vita i valori di Nelson Mandela. 

All’incontro hanno anche partecipato Dino Lorimer, collega di Hatang, la dirigente scolastica Annalisa Savino e l’assessora dell’educazione della città di Firenze Sara Funaro. Con l’occasione il signor Hatang ci ha concesso una breve intervista. Lasciamo dunque a lui la parola

Tra poco ricorre il decimo anniversario dalla scomparsa di Nelson Mandela (5 dicembre), quali iniziative state organizzando per celebrare questa giornata in suo onore?

Quest’anno, per celebrare l’anniversario dalla sua morte, vorremmo che foste voi a fare qualcosa per Nelson Mandela, in un quello che chiamiamo Social Bonding, le persone si legheranno più strettamente all’ambiente e gli uni con gli altri. Quindi in questa giornata particolare vorremmo che piantaste un albero in onore di Nelson Mandela, per aiutare l’ambiente contro il cambiamento climatico. In tutto il mondo, seguendo il sole inizieremo a piantare alberi dalla Nuova Zelanda, dall’Australia e continueremo fino all’estremo ovest a piantare alberi. La seconda iniziativa che stiamo organizzando riguarda la questione della sicurezza alimentare, ovvero la possibilità per tutti di accedere a cibo sufficiente per una vita sana. Per combattere questo problema, vogliamo incoraggiare le persone a coltivare orti di verdure in comunità o anche nelle scuole, così da ridurre la pressione del nostro bisogno di avere sempre più fattorie e sempre più grandi, ma anche da aiutare ad assicurare cibo per altre persone che hanno ha disposizione meno risorse.

La fondazione Nelson Mandela ha mai avuto collaborazioni con associazioni o fondazioni italiane?

La più grande con la quale stiamo collaborando è il Nelson Mandela Forum, vengo qui dal 2009 e ogni anno vengo qui, a parte gli anni durante la pandemia con la quale abbiamo la collaborazione più grande. Con altre istituzioni che entrano in contatto con il Nelson Mandela Forum abbiamo organizzato, per esempio, questo fine settimana la Half Marathon Firenze dedicata a Nelson Mandela sempre per il decimo anniversario dalla sua scomparsa. 

Lei pensa che gli studenti di tutto il mondo sono sensibilizzati abbastanza riguardo tematiche come il razzismo, la discriminazione, la povertà nelle scuole o dovremmo fare di più e come?

Un domanda come questa mi portare a pensare che dovremmo fare di più per sensibilizzare i giovani riguardo i problemi della discriminazione. Nel 2008 un giovane uomo bianco andò in un quartiere in cui vivevano persone di colore con una mitragliatrice e uccise a caso numerose vittime. Nei giornali dell’epoca, quando ancora facevo parte della Commissione per i diritti umani del Sud Africa, dissi che era inaccettabile che un giovane uomo, cresciuto in una democrazia, quindi anche secondo i valori di libertà e uguaglianza, andasse fuori a uccidere gente di colore. Il lavoro che viene fatto nelle scuole contro la discriminazione deve essere fatto anche nelle case, perché è lì dove si insidiano e consolidano le opinioni di razzismo e xenofobia. Molto è stato fatto, ma dobbiamo continuare fare ancora di più, per diventare una nazione più coesa e più unita con le altre. Possiamo farlo affrontando più spesso discussioni e incontri come questo nella scuole, introducendo questi argomenti anche nel sillabo scolastico così che ai ragazzi venga insegnato a diventare cittadini del mondo, oltre che a risolvere un’equazione. Possiamo farlo diventando difensori di questi valori nelle proprie comunità, in chiesa se la frequentate, ma soprattutto nei social media, che diventano sempre più importanti nella vita moderna. Ognuno può diventare il difensore che cambierà come le persone pensano riguardo a tematiche come il razzismo attraverso ciò che scrivete online. Quando vedete qualcuno discriminato esprimete la vostra opinione: il silenzio non può più essere un’opzione. La vostra preside Annalisa Savino è un eroe secondo me: con quella lettera ha incoraggiato voi studenti a prendere posizione, dicendovi che non potevate non fare niente guardando uno che viene attaccato, ma dovevate reagire contro questa violenza. Il silenzio porta a nuovi problemi, quindi dovreste usare i social media per costruire un nuovo modo di pensare, anziché in modo sbagliato. 

Qual è il suo ricordo personale di Nelson Mandela?

Mi manca molto, soprattutto adesso. Il ricordo che mi è rimasto più impresso risale al 2012. In quel periodo non stava bene, ero stato chiamato per andare a casa sua per vedere le sue condizioni. Avevo appena pubblicato un libro co-editato con un mio collega e Nelson Mandela voleva congratularsi con noi. L’incontro durò tre minuti al massimo, ma fu uno degli incontri migliori della mia vita: anche se davanti a me non si trovava più l’uomo che era stato una volta, indebolito dalla vecchiaia e dalla malattia, conservava ancora la sua grandezza. Altri ricordi risalgono a quando accompagnavo Nelson Mandela nei suoi viaggi, durante i quali potevo osservare quanto fosse ammirato da tutti. Nonostante fosse sempre umile riguardo le sue esperienze, voleva sempre che le persone si sentissero come coloro che lo avessero conosciuto più di chiunque altro al mondo. Ti faceva sentire come se fossi la persona più importante in quel momento, come mi sono sentito anche io la prima volta che l’ho conosciuto.

Durante l’incontro di oggi ha detto che chiunque potrebbe essere ricchissimo, ma comunque vivere miseramente. Ma penso che nella società di oggi, si è imposta la credenza che sia necessario studiare tanto, ottenere un buon lavoro e guadagnare molti soldi per avere una vita felice. Come giustificherebbe il fatto che il denaro non compra la felicità, ma è la società a farti credere ciò?

Dobbiamo fare una differenza tra povero e miserabile: non tutte le persone povere hanno una vita miserabile, ma tutte le persone miserabili sono povere, perché mancano di qualcosa. Quando vedi un uomo che guida una Ferrari, non sai se in verità stia cercando un albero contro cui scontrarsi, perché magari i suoi debiti sono troppo grandi, oppure perché conduce una vita miserabile a casa o nella sua comunità. Con il mio collega Dino abbiamo passato una serata con uno degli uomini più ricchi d’Italia alcuni giorni fa, e quando siamo entrati nell’auto il mio collega ha detto: «è come tutte le persone ricche, vogliono essere sentite, vogliono essere coloro che parlano di più». Quando sei umile non hai bisogno di avere un microfono, il microfono ti viene portato.

Mia madre ha appena compiuto il suo ottantesimo compleanno, e questa mattina mia moglie mi ha chiamato dicendo che c’era bisogno più soldi per organizzarle una festa. Se avessi tutti i soldi del mondo farei qualunque cosa per mia madre, ma è una persona così semplice che sto addirittura avendo problemi nel decidere cosa comprarle come regalo, perché per lei essere viva e che io sia vivo è già abbastanza. Il cambiamento inizia dai giovani: i soldi sono importanti ma che non fanno una persona, è la società che fa di una persona ciò che è. Mia madre è una delle persone più ricche al mondo nonostante abbia vissuto quarant’anni in povertà.

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