Italia e Russia si incontrano al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino in un dittico insolito quanto interessante: Mavra (1922) di Igor Stravinskij Gianni Schicchi (1918) di Giacomo Puccini.

Pur essendo nate in contesti culturali e musicali molto diversi, queste due opere brevi ma di straordinaria forza espressiva si distinguono per il loro spirito satirico e il loro ingegno narrativo. Entrambe opere comiche, esse mostrano come il teatro musicale possa reinventarsi, mescolando tradizione e modernità, ironia e profondità.

GIANNI SCHICCHI: Composta nel 1918 come parte del Trittico di Puccini, insieme alle opere drammatiche Il tabarro e Suor Angelica, Gianni Schicchi è un esempio brillante di commedia musicale. Il libretto di Giovacchino Forzano trae ispirazione da un episodio del canto XXX dell’Inferno di Dante, dove Gianni Schicchi è condannato tra i falsari per aver falsificato un testamento. Tuttavia, Puccini riesce a trasformare questo tema cupo in una commedia vivace e grottesca, ambientata a Firenze nel 1299. La trama si sviluppa attorno alla morte del ricco Buoso Donati, il cui testamento destina l’intera eredità a un convento, gettando la famiglia nella disperazione. Per risolvere la situazione, i Donati si rivolgono a Gianni Schicchi, noto per la sua astuzia. Fingendosi Buoso morente, Schicchi detta un nuovo testamento al notaio, riservando a sé stesso i beni più preziosi, ma garantendo una dote per la figlia Lauretta, innamorata di Rinuccio Donati. Questa truffa geniale suscita l’ira degli avidi parenti, ma porta a un lieto fine per i giovani innamorati.

 Debuttato al Metropolitan Opera di New York il 14 dicembre 1918, il Trittico ricevette un’accoglienza tiepida, ma Gianni Schicchi fu subito acclamato come un capolavoro. Il pubblico apprezzò l’incredibile vivacità musicale, il ritmo incalzante e la brillante costruzione drammatica, che alterna momenti esilaranti a passaggi lirici di grande intensità, come la celebre aria O mio babbino caro. Puccini dimostrò una straordinaria abilità nel maneggiare il linguaggio comico, in modo da creare un’opera che resta ancora oggi una delle più amate nel repertorio operistico.

MAVRA: Composta nel 1921 e rappresentata per la prima volta a Parigi il 3 giugno 1922, Mavra segna il ritorno di Igor Stravinskij all’opera dopo gli anni delle avanguardie di Le sacre du printemps. Si tratta di una breve opera comica in un atto, ispirata alla novella La casetta di Kolomna di Aleksandr Puškin, che narra una storia d’amore con un finale farsesco.

La giovane Paraša, innamorata dell’ussaro Vasilij, escogita un piano per trascorrere più tempo con lui: travestito da donna, Vasilij viene presentato alla madre di Paraša come la nuova cuoca, Mavra. Tuttavia, l’inganno si svela rapidamente quando l’ussaro viene sorpreso a radersi la barba, scatenando il caos in casa. Costretto a fuggire, Vasilij lascia Paraša in lacrime.

Mavra si ispira alle forme tradizionali del melodramma italiano, con arie, duetti e quartetti, e richiama la vocalità belcantistica. Tuttavia, Stravinskij arricchisce l’opera con elementi moderni: sonorità jazzistiche, motivi popolari russi e tzigani, e un’orchestrazione insolita che privilegia i fiati rispetto agli archi, evocando in alcuni momenti una banda piuttosto che un’orchestra tradizionale. L’opera fu inizialmente accolta freddamente dal pubblico parigino, che faticava a comprendere la combinazione di tradizione e innovazione. La critica rimase spiazzata dalla semplicità della trama e dalla scrittura musicale, che sembrava tradire l’innovazione radicale che aveva caratterizzato opere precedenti come, appunto, Le Sacre du printemps. Nonostante ciò, Stravinskij difese con tenacia la sua creazione, dedicandola a Puškin, Glinka e Čajkovskij, in un gesto provocatorio nei confronti dei pregiudizi culturali dell’epoca. L’opera gioca sulla parodia delle convenzioni operistiche del Settecento e Ottocento, filtrandole attraverso lo stile neoclassico di Stravinskij.

Col tempo l’opera, che gioca sulla parodia delle convenzioni operistiche del Settecento e Ottocento, è stata rivalutata, e a oggi, nonostante sia poco rappresentata, è molto apprezzata.

Sia Gianni Schicchi che Mavra rappresentano un ritorno alla commedia in un periodo in cui il teatro musicale era spesso dominato dal dramma e dal simbolismo. Puccini si serve del linguaggio lirico italiano, con melodie accattivanti e una drammaturgia efficace, per mettere in scena un mondo grottesco ma umanissimo. Stravinskij, invece, adotta un linguaggio neoclassico, mescolando l’eredità musicale russa con una scrittura che guarda al classicismo europeo.

Nonostante le differenze stilistiche e culturali, entrambe le opere testimoniano l’abilità dei due compositori nel reinventare il teatro musicale, giocando con il concetto di tradizione e innovazione. Gianni Schicchi e Mavra continuano a ricordarci che la commedia, quando ben orchestrata, può essere uno specchio straordinariamente efficace della società e delle sue contraddizioni.

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