Ogni anno, nel cuore dell’Irpinia, il santuario di Montevergine si trasforma in uno dei luoghi simbolo della spiritualità pasquale nel Sud Italia. Situato a 1.270 metri d’altezza, incastonato tra i monti del Partenio, il santuario non è solo un centro di fede mariana: è anche un crocevia di cultura, storia e antiche tradizioni popolari, che durante la Pasqua si fondono in un’esperienza unica, ricca di significato.
La storia del Santuario di Montevergine affonda le radici nel XII secolo, quando il monaco Guglielmo da Vercelli fondò l’abbazia. Da allora, Montevergine è divenuto un punto di riferimento spirituale per l’intera Campania e non solo.
Il culto della Madonna di Montevergine, detta affettuosamente “Mamma Schiavona”, è tra i più sentiti nel Mezzogiorno: si tratta di una figura accogliente e misericordiosa, madre di tutti, senza distinzione. Durante il periodo pasquale, questo senso di accoglienza si amplifica: la Resurrezione di Cristo, nella sua forza simbolica, viene vissuta come rinascita dell’anima e della comunità.
La Settimana Santa a Montevergine è scandita da celebrazioni solenni: dalla Domenica delle Palme, con la benedizione degli ulivi, al Triduo Pasquale. Il santuario si anima in modo particolare nel Venerdì Santo, con la rievocazione della Passione di Cristo, e culmina nella Veglia Pasquale del sabato notte.
Una delle peculiarità di Montevergine è la forte presenza di fedeli che vi giungono a piedi, in pellegrinaggio. È un cammino penitenziale che ricorda le antiche processioni medievali: un modo per vivere la Pasqua come esperienza di purificazione e rigenerazione personale.
La Pasqua a Montevergine non è fatta solo di liturgia ufficiale, ma anche di devozione popolare viva, espressa attraverso canti, preghiere spontanee e gesti antichi. In passato, soprattutto nelle aree rurali dell’Irpinia, la visita al santuario durante la Pasqua era anche un rito propiziatorio per la primavera e il raccolto.
Montevergine è anche un luogo simbolo per le comunità LGBTQ+, grazie al legame storico con i “femminielli” e alla famosa Juta del 2 febbraio. Sebbene questa ricorrenza sia distinta dalla Pasqua, essa dimostra quanto il santuario sia, da secoli, un luogo di accoglienza trasversale, spirituale e umana, che si rinnova anche nel messaggio pasquale.
Nel corso del tempo, la Pasqua a Montevergine ha mantenuto la sua forza simbolica, pur aprendosi a linguaggi nuovi. Oggi, molti pellegrini condividono l’esperienza sui social, mostrando come una tradizione millenaria possa ancora emozionare e parlare al cuore dell’uomo contemporaneo.
In un’epoca segnata da incertezze e disorientamento, luoghi come Montevergine ci ricordano il valore della memoria condivisa, del cammino interiore, e della rinascita — non solo spirituale, ma anche collettiva.
Salire a Montevergine per la Pasqua, oggi, significa anche interrogarsi sul significato della fede in un tempo di profondi cambiamenti. E in questo senso, il pontificato di Papa Francesco — iniziato nel 2013 dopo l’evento storico dell’abdicazione di Benedetto XVI — segna una vera e propria svolta nella storia contemporanea della Chiesa.
Non accadeva da secoli che un papa rinunciasse volontariamente al trono di Pietro: un gesto che ha aperto una nuova fase, più consapevole della fragilità umana e dei limiti del potere ecclesiastico.
Francesco, primo papa proveniente dall’America Latina, ha incarnato fin dall’inizio un messaggio di semplicità, apertura e attenzione ai margini. La sua visione pastorale ha contribuito a riportare al centro la figura del pellegrino, non solo come devoto, ma come viandante del mondo moderno, in cerca di senso tra crisi, migrazioni, solitudini. E con Montervergine il papa sentiva un legame particolare: ricevendo infatti udienza la comunità dell’Abbazia, in occasione del nono centenario di fondazione il 13 maggio 2024, il pontefice aveva descritto il compito dei monaci come «Fisicamente lontani dal mondo, ma spiritualmente vicinissimi ai suoi problemi e alle sue angosce. Custodi nel silenzio della comunione con il Signore e al tempo stesso ospiti generosi nell’accoglienza degli altri per essere così segno vivente ed eloquente della presenza di Dio, senza mai cedere alla tentazione di conformarvi alla mentalità e agli stili del mondo.» E alla notizia della scomparsa del pontefice, la comunità di Montevergine così si è espressa: ” “Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù , la Comunità Benedettina di Montevergine raccomanda l’anima di papa Francesco alla misericordia di Dio”. (Fonte: https://www.avellinotoday.it/attualita/montevergine-saluta-papa-francesco.html)
Luoghi come Montevergine acquistano nuova rilevanza: non più soltanto santuari legati alla tradizione contadina, ma anche spazi di resistenza spirituale in un’epoca segnata dalla secolarizzazione.
I contemporanei hanno accolto Papa Francesco con grande entusiasmo, soprattutto nei primi anni del suo pontificato. Molti lo hanno visto come un pontefice capace di restituire credibilità a un’istituzione in crisi. Ma la sua opera non è stata priva di tensioni: alcune riforme hanno incontrato resistenze dentro e fuori la Curia, e la sua apertura verso temi delicati — come l’accoglienza delle persone LGBTQ+, i divorziati risposati o la condanna del capitalismo selvaggio — ha suscitato ampie discussioni tra i fedeli e nella società civile.
Eppure, proprio per questo, salire oggi a Montevergine durante la Pasqua ha un significato ancora più profondo. Qui, dove la “Mamma Schiavona” accoglie da secoli chiunque, senza giudicare, si respira quel cristianesimo popolare che dialoga perfettamente con la visione di Francesco: una Chiesa ospedale da campo, che consola, ascolta, accompagna.
In questo intreccio tra passato e presente, tra riti antichi e sfide moderne, Montevergine si conferma come specchio di una spiritualità che cambia, ma che resta fedele al suo nucleo più autentico: la ricerca di salvezza, la speranza nella rinascita, il mistero della Pasqua.
Foto di RICCARDO GUARENTE per LM