Lo street food lo avevano già inventato i Romani che già usavano anche delle specie di “frigoriferi”

Gli scavi più recenti effettuati a Pompei hanno portato alla luce alcuni ritrovamenti che documentano che già a quell’epoca era d’uso consumare il cosiddetto “cibo di strada”.
A Pompei è stato ritrovato un affresco che raffigura una pizza risalente a circa 2000 anni fa, la scoperta ha suscitato molto interesse, tanto che la famosa pizzeria di Napoli di Gino Sorbillo ha provato a riprodurre la stessa pizza che è stata assaggiata dal Direttore del Parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel.
Sempre a Pompei, è stata rinvenuta una bottega, che i latini chiamavano Thermopolium, in cui si cucinava cibo per l’asporto, con ancora resti di cibo dell’epoca conservati all’interno di alcuni contenitori, tra cui anche cibi oggi considerati delle prelibatezze, come le lumache (in latino cocleae) di cui sono stati trovati gusci bruciati in alcuni recipienti, segno che venivano cucinate o bollite, oppure le anatre (in latino anates) che sono dipinte sul “bancone” del negozio. Sono stati anche rinvenuti resti di pecora (Ovis), capra e maiale (porcus), nonché pesce conservato in salamoia, oltre a resti del c.d. Garum che era il condimento principale dei romani: una salsa ricavata dalla fermentazione del pesce dalla ricetta misteriosa, anche se oggi sul mercato si trovano prodotti con questo nome.
Inoltre sono state rinvenute fave macinate, probabilmente usate per insaporire il vino (una pratica comune per attenuarne l’acidità) e vino in cui sono state rinvenute tracce organiche; vino aromatizzato con spezie o frutti.
I contenitori (dolia) incassati nel bancone contenevano cibi pronti da consumare. I clienti si avvicinavano, ordinavano, e mangiavano sul posto o portavano via — una vera forma di street food antico.
Il bancone era decorato con affreschi vivaci, tra cui un gallo (che forse indicava la presenza di carne di pollo nel menù), una natura morta con anatre e altri animali macellati, ed un un cane al guinzaglio, con l’iscrizione scherzosa: “Nolite latrare” (Non abbaiare).
È stato quindi accertato che era abitudine dei pompeiani consumare all’aperto cibi e bevande calde.
La più recente delle scoperte risalenti all’epoca romana è il ritrovamento di una struttura per il raffreddamento dei cibi che dimostra le incredibili conoscenze dell’ingegneria termica da parte dei romani, in una zona molto lontana da Pompei.
Gli scavi infatti sono stati eseguiti nell’ex fortezza di Novae nella Bulgaria settentrionale, dove sorgeva una base militare dell’Impero romano, con un complesso di caserme militari della VIII legione di Augusto, ed è stato portato alla luce un frigorifero in muratura usato dai legionari romani e risalente a circa 1900 anni fa.
Veniva alimentato da un tubo di piombo collegato all’acquedotto per rilasciare il freddo dell’acqua in un ambiente chiuso e isolato.
Sono stati recuperati frammenti di contenitori per bere il vino, scodelle e ossa di animali ed altri resti di cibo, gli studiosi stanno tentando di ricreare il pasto dei legionari di quasi duemila anni fa.
I romani avevano dunque sviluppato un elaborato sistema di raffreddamento per conservare le bevande e la carne fresca, dimostrando una comprensione dell’ingegneria termica che non ci si immaginava.

Sitografia: https://www.pompei.it/scavi/termopolio.htm; https://pompeiisites.org/comunicati/riaffiora_per-intero-lantica-tavola-calda-della-regio-v/; https://www.avvenire.it/agora/pagine/pompei-scomperto-il-termopolio-lfast-food-degli-antichi-romani;

https://mediterraneoantico.it/articoli/novae-bulgaria-un-frigorifero-per-la-fortezza-della-legio-i-italica/

Foto di pascal OHLMANN da Pixabay (free download). Si ringrazia SCAPIN

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