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Bhutan: la favola di un paese che dà l’esempio al pianeta. E dove la felicità é un obiettivo, non uno slogan.

‘’Nel caso ve lo steste chiedendo, no, non sto indossando un vestito, e no, non dirò cosa indosso sotto’’. Queste le prime parole di Tshering Tobgay in riferimento al ‘gho’, il tradizionale abito del Bhutan (paese di cui è primo ministro dal 2013)  nel suo intervento di questo mese a TED, un programma televisivo americano che da anni offre la possibilità alle persone di esibirsi portando idee per il futuri e nuove tecnologie. Il Bhutan non è né il nome di una squadra di calcio né un piatto orientale, è un piccolo paese geograficamente schiacciato  tra le due macro-potenze Cina ed India. Questa regione sperduta, paragonata più volte allo “Shangri-la”,il luogo incantato descritto nell ”Orizzonte perduto” di James Hilton, conta circa 700.000 abitanti, poco più di una media città europea. La fortuna del Bhutan è stata quella di avere al comando dei re, veri e propri monarchi illuminati che hanno lavorato senza sosta per sviluppare il paese, bilanciando con cautela la crescita economica con lo sviluppo sociale, la sostenibilità ambientale e la preservazione della cultura, il tutto nell’ambito di un buon governo. La politica portata avanti si impone non tanto di mantenere un elevato PIL ( prodotto interno lordo) ma bensì di salvaguardare ed incentivare il “Gross National Happines” [Felicità Nazionale Lorda] o GNH, un sistema basato sulla felicità ed il benessere degli abitanti, ritenute molto più importanti dell’aspetto economico. I risultati raccolti finora sono molto buoni dal momento che lo stato offre ai cittadini servizi GRATUITI come la scuola, l’assistenza sanitaria, l’Università, le cure e le medicine. L’intervento di Tshering puntava la lente d’ingrandimento soprattutto sul tema della salvaguardia dell’ambiente. Per la propria costituzione, al paese del drago, è imposta la copertura di almeno il 60% del territorio da foreste( ad oggi se ne conta quasi il 72%, e sono tutte foreste primarie!).  Tutto ciò ha permesso al Bhutan di essere uno dei pochi punti caldi di biodiversità rimasti al mondo, e di conseguenza un paese a emissioni zero. Oggi, dei più di 200 paesi al mondo, sembra  sia l’unico. In realtà questo non è del tutto vero,  il Bhutan non è a emissioni zero. Il Bhutan è “a emissioni negative”. L’intero paese genera 2,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica, ma le foreste ne catturano tre volte di più. La maggior parte dell’energia rinnovabile che si genera dai fiumi viene esportata. Perciò oggi l’energia pulita esportata compensa circa 6 milioni di tonnellate di CO2 prodotta dai paesi vicini. Entro il 2020 verrà diffusa  abbastanza elettricità per compensare 17 milioni di tonnellate di CO2. Se venisse sfruttato anche solo metà del potenziale idroelettrico, l’energia pulita e verde prodotta controbilancerebbe circa 50 milioni di CO2 all’anno: più di quel che produce l’intera città di New York in un anno. Nonostante gli sforzi e le risorse che il Bhutan sta impegnando nella tutela dell’ambiente, il cambiamento climatico è una scomoda realtà e sta colpendo gravemente il paese, soprattutto per un paese piccolo e povero, montuoso e senza sbocchi sul mare. Tutto ciò però non ha scoraggiato i cittadini che continuano a mantenere la promessa di rimanere ad emissioni zero e combattere il cambiamento climatico. Durante il COP 15 a Copenhagen, il Bhutan ha fatto valere la sua presa di decisione sulle emissioni ma non è stato minimamente ascoltato. Perciò durante COP 21 a Parigi, è stata reiterata la stessa volontà, ma questa volta con risultati più soddisfacenti. Tutti i paesi, dal più piccolo al più grande, si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra. La Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici sostiene che se questi impegni verranno rispettati potremo verosimilmente contenere il riscaldamento globale di due gradi Celsius. Per di più il Bhutan sta pulendo l’intero paese grazie a un programma nazionale, “Clean Bhutan”, e sta piantando alberi per tutto il paese grazie a “Green Bhutan”, un altro programma nazionale. Ma sono le  aree protette a rappresentare il fulcro della strategia a emissioni zero. Le  aree protette sono i depositi di carbonio. Sono i  polmoni del paese. Oggi più della metà del territorio è protetta sotto forma di parchi nazionali, riserve naturali e oasi faunistiche; il bello è che sono state connesse tra di loro attraverso una rete di corridoi biologici. Questo significa che gli animali sono liberi di spostarsi per tutto il paese. Ma tutto ciò è costoso: tra pochi anni la  piccola economia non avrà più le risorse per coprire tutti i costi necessari per la protezione dell’ambiente. Di fatto, se guardiamo i numeri, sembra che ci vorranno almeno 15 anni per poter finanziare tutte le azioni di salvaguardia ambientale. Ma né il Bhutan né il mondo possono permettersi di passare 15 anni regredendo. Ecco perché il Re ha dato l’avvio a Bhutan For Life, programma che dà modo di respirare al paese. Si tratta essenzialmente di un meccanismo di raccolta fondi per prendere cura dei  parchi, per proteggerli, finché il governo non potrà farsene carico interamente. L’idea è quella di raccogliere dei fondi di transizione da donatori individuali, dagli enti e dalle istituzioni. Funziona più o meno come un progetto Kickstarter, ma con un orizzonte temporale di 15 anni e milioni di tonnellate di CO2 in gioco. Una volta chiuso l’accordo i  fondi di transizione verranno usati per proteggere i  parchi, lasciando al governo il tempo necessario per accumulare gradualmente i propri fondi fino alla fine dei 15 anni. Dopodiché il governo garantirà la copertura totale dei fondi per sempre.

“Ma non siamo qui per raccontare storie, giusto? Siamo qui per sognare insieme. Quindi concluderò condividendo con voi un altro dei miei sogni. E se potessimo mobilitare le nostre risorse, la nostra leadership, la nostra influenza e la nostra passione per replicare l’idea di “Bhutan For Life” in altri paesi, in modo che anch’essi possano salvaguardare per sempre le loro aree protette? Dopotutto ci sono tanti altri paesi che hanno i nostri stessi problemi. Anch’essi possiedono delle risorse naturali che possono contribuire a vincere la lotta mondiale per la sostenibilità, ma magari non hanno la possibilità di investire su di esse in queste momento. Perché non fondare “Earth For Life“, un fondo globale per dare il via a un progetto su scala globale, sulla scia di “Bhutan For Life”? Vi invito ad aiutarmi a portare questo sogno al di là dei nostri confini, a tutti coloro che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta. Dopotutto siamo qui per sognare insieme, per lavorare insieme, per combattere il cambiamento climatico e proteggere il nostro pianeta insieme. Perché la realtà è che siamo tutti coinvolti. Alcuni di noi vestono in maniera diversa, ma siamo tutti coinvolti. “.  Questa la  conclusione del primo ministro del Buthan, accolta da standing ovation e due minuti di applausi da parte del pubblico.

Perciò l’augurio è che l’intervento di questo lodevole rappresentate delle proprie idee e tutto il progetto del Bhutan non passino inosservati e che il pianeta si muova per tutelarsi ed arricchirsi.

 

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