A distanza di quasi tre anni dall’annuncio della scoperta di Kepler-452b e ad oltre vent’anni dalla scoperta del primo pianeta extrasolare, ecco che un’equipe internazionale di astronomi, guidata da un gruppo del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, è riuscita ad ottenere la prima immagine di un pianeta in fase di formazione. L’importanza della scoperta può essere riassunta nelle parole di André Müller, coordinatore del secondo gruppo di astronomi che ha osservato il corpo celeste, il quale sottolinea la necessità dell’osservazione di un pianeta che si trova nel disco protoplanetario attorno ad una stella giovane per poter comprendere il processo che porta alla formazione dello stesso e per poter quindi verificare e correggere i modelli teorici che si propongono di descrivere il fenomeno.

Per raggiungere questi risultati, gli astronomi si sono serviti del sofisticatissimo strumento SPHERE, installato sul Very Large Telescope dell”European Southern Observatory (ESO) e di altrettanto sofisticate tecniche di osservazione, che spaziano dall’utilizzo di un coronografo all’applicazione di più algoritmi. L’entusiasmo dovuto alla conferma della presenza di un pianeta orbitante nel disco primordiale che circonda la giovane stella nana PDS 70, ha spinto il gruppo di ricercatori ad ottenere, oltre all’immagine correlata a questo articolo, anche uno spettro del pianeta.

Soffermandoci sull’immagine, il babypianeta PDS 70b è facilmente distinguibile come un punto luminoso in basso a destra rispetto al centro di questa. L’oscura area circolare centrale è dovuta all’utilizzo del coronografo, che permette di coprire la molto più intensa radiazione della stella e conseguentemente di far risaltare le zone circostanti, dove, oltre al pianeta, è possibile osservare il disco protoplanetario di forma ellittica. L’esistenza di “buchi” all’interno di quest’ultimo era già nota dal 2012 e si pensava fosse dovuta alla presenza di un processo di formazione planetaria, un’ipotesi che si è rivelata fondata e che ha oggi ottenuto conferma. Inoltre, l’irregolarità della forma del disco potrebbe indicare la presenza di altri pianeti in formazione.

I dati ottenuti nel corso di circa un lustro di osservazioni hanno permesso la creazione di un quadro più chiaro che descrive il sistema della stella PDS 70, distante circa 370 anni luce dalla Terra. In particolare, sono state ottenute nuove stime sull’età della stella (circa 5 milioni e mezzo di anni) e per la sua massa, corrispondente a circa i tre quarti di quella solare. Non solo, si stima che il suo compagno pianeta sia inserito in un’orbita di raggio pari a ~22 unità astronomiche (circa 3 miliardi di kilometri, 22 volte la distanza Terra-Sole), che completa in 118 anni. Infine, il neonato PDS 720b sembra essere un gigante gassoso di massa superiore di alcune volte quella di Giove e la cui temperatura si aggirerebbe sui 1000 °C, ben più elevata di qualsiasi pianeta nel Sistema Solare.

Questa scoperta e i primi studi che ne sono derivati, rappresentano un primo passo verso la comprensione del meccanismo dell’evoluzione planetaria, finora privo di riscontri empirici. Un cammino che pare ben avviato, dunque, e che certo non mancherà di sorprenderci nel prossimo futuro.

 

Per approfondire:

Discovery of a planetary-mass companion within the gap of the transition disk around PDS 70” – Miriam Keppler

– “Orbital and atmospheric characterization of the planet within the gap of the PDS 70 transition disk” –  Andé Müller

ESO – Comunicato Stampa

 

 

 

 

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