Lo scorso 17 Aprile nell’aula bunker di Santa Verdiana si è tenuto l’annuale incontro in ricordo di Gabriele Chelazzi organizzato dall’associazione tra i familiari delle vittime della strage di Via dei Georgofili. Gabriele Chelazzi, il pubblico ministero che ha coordinato le indagini sulle autobombe del 1993-94, morto a 59 anni la notte tra il 16 e il 17 Aprile 2003 era un esempio per tutti, e il suo ricordo, a 16 anni dalla sua morte, è ancora vivo per tutti i presenti.

Come ogni anno, ha presenziato alla commemorazione per Gabriele Chelazzi la vicesindaca del Comune di Firenze, Cristina Giachi, che ha tenuto a sottolineare quanto le istituzioni non siano una realtà esterna e lontana dai cittadini, ma come nel momento in cui vi è reciproca comprensione si realizzi una vera comunione di intenti. Il presidente del tribunale di Firenze Marilena Rizzo, che presiedeva i lavori e ha fatto sì che la commemorazione potesse avere luogo nell’edificio del tribunale, nel ricordare il pm scomparso si è voluta soffermare su due aspetti: il primo riguardante il modo in cui Gabriele svolgeva il proprio lavoro, quasi ossessivamente, ma senza innamorarsene mai, riuscendo sempre a separare la sfera professionale da quella privata; il secondo sull’importanza che ricopriva con il suo ruolo: “un anello di una catena importante”.

La parola, poi, è passata alla moglie dell’ex giudice, Caterina Romagnoli Chelazzi, che,  non senza commozione, ha ricordato l’aula bunker di Santa Verdiana come una seconda casa, un luogo in cui Gabriele ha passato molte giornate della sua vita, tra processi e orazioni. Nel suo ringraziamento a Giovanna Maggiani Chelli, per il suo impegno annuale nel ricordo delle vittime e di suo marito, ha menzionato altre stragi della mafia, tra cui quella del ’92, evidenziando la sua costante paura non tanto per gli attentati – dato che, fortunatamente,  non se ne vedono da tempo- ma per tutte le altre operazioni malavitose che quotidianamente vengono messe a segno, in particolare citando la contraffazione di prodotti BIO. Sulla scia degli attentati, ha proseguito il discorso Giuseppe Creazzo, Procuratore Capo presso il Tribunale di Firenze, ricordando ai presenti che la scelta di Firenze, come bersaglio dell’attacco, fu simbolica, dal punto di vista artistico, e atta a creare sgomento alla popolazione italiana. “Gabriele appartiene alla storia del nostro paese” ha sottolineato il magistrato, ricordando l’amico come una persona piena di energie e intelligenza che ha dato la vita per scoprire la verità: “è morto lavorando”. Infine, ha tenuto a elogiare l’ex pm per la sua spiccata professionalità e la sua proverbiale riservatezza, riprendendo le parole della vicesindaca Giachi. E’ intervenuto anche Alessandro Crini, Procuratore Capo presso il Tribunale di Pisa, ringraziando chi rende possibile questo convegno ogni anno: “il rischio che questa commemorazione sia ripetitiva e vuota non c’è, anzi, arricchisce ogni volta di più il ricordo di Chelazzi”.

Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’associazione delle vittime della strage dei georgofili, dopo aver ringraziato tutti, e in particolar modo gli studenti del Liceo da Vinci che anche quest’anno sono presenti e attivi negli eventi di commemorazione della strage dei georgofili, ha elogiato questo evento che conserva tra i giovani la memoria delle vittime del terrorismo. Inoltre ha ricordato che a Chelazzi piaceva molto parlare con i ragazzi, che talvolta radunava in comune davanti al salone dei ‘500. Non mancano parole di elogio nei confronti di Chelazzi anche da parte di Giovanni Melillo, procuratore, che ha ricordato di come seguisse le indagini con pazienza e cura certosina, con una grande capacità di analisi: aveva infatti una profonda conoscenza del ruolo del processo e non cercava il consenso né della pubblica opinione né di altri. Molto toccante l’intervento di Giuseppe Niccolosi, procuratore capo di Prato, che ha definito l’incontro come una messa laica in ricordo di Chelazzi, dal cui esempio ancora oggi si traggono importanti insegnamenti: lui era il primo giudice delle sue indagini, e la sua professionalità nel svolgerle era decisamente fuori dal comune. Infine teniamo a sottolineare l’intervento di Valentino Masetti, caporedattore del Leomagazine, che ha spiegato il ruolo del giornale all’interno di questo progetto e ha spiegato che nonostante la nostra esperienza sia limitata dobbiamo informarci per informare, la criminalità organizzata infatti prospera  nell’ignoranza. Dobbiamo creare un contesto in cui non ci sia spazio per l’omertà e la prevaricazione.

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