Il ricordo è importante per mantenere vivo ciò che si è perso, per questo la giornata di domenica 26 maggio 2019, presso la Sala Pegaso della Presidenza della Giunta Regionale in piazza Duomo a Firenze, è stata dedicata al ricordo del 26° anniversario della strage dei Georgofili.

L’attentato nella notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 si concretizzò con un’autobomba in via dei Georgofili alle 1:04. l’esplosione provocò 5 morti e circa 45 feriti, oltre ai vari danni a strutture e opere d’arte.

La commemorazione, organizzata in 2 incontri, è iniziata intorno alle ore 11 con un ringraziamento a tutti i presenti da parte dell’attrice Giulia Weber,(a nome dell’associazione dei parenti delle vittime), in particolar modo al Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Firenze.

Il liceo infatti si è impegnato nel concorso indetto dal MIUR “Iniziative didattiche e formative, volte ad approfondire il tema del terrorismo e a conservare tra i giovani la memoria delle vittime di terrorismo e delle stragi di tale matrice”; attraverso i progetti LeonLab e il giornale Leomagazine. Leomagazine ha prodotto un filmato, in collaborazione con i vigili del fuoco di Firenze, mostrando i danni della strage, e le testimonianze di chi la ha vissuta in prima persona. LeonLab invece ha portato in scena la lettura teatrale “Sguardi di guerra in tempo di pace” di Eugenio Nocciolini; sempre inerente alla strage e al problema della mafia e i vari attentati terroristici. La prima parte dell’evento si è conclusa intorno alle ore 12;00 con un sentiti applausi e apprezzamenti del pubblico.

La seconda parte della commemorazione dell’anniversario ha visto il suo inizio a metà pomeriggio nel medesimo luogo della mattinata. A dare inizio alla sequenza di relatori è stata nuovamente Giulia Weber che dopo aver ringraziato le istituzioni presenti ha ceduto la parola all’ assessore alla Presidenza della Regione Toscana Vittorio Bugli. Un discorso all’insegna dei ringraziamenti, dalle altre istituzioni, ai magistrati che si sono battuti contro le mafie e in particolare alle Associazioni dei famigliari delle vittime, alle quali si riconosce la volontà di tenere vivo il ricordo. Bugli ricorda poi quello che successe nella notte del 27 Maggio e più in generale tutti gli attentati del 93, mirati a colpire il popolo italiano e le sue città e non il singolo. Infine parlando del presente, spiega come anche in Toscana associazioni criminali operano a nostra insaputa, sottolineando come solo il lavoro di tutti possa porre fine a questo problema. Dall’anno scorso ben 33 beni sono stati confiscati alle mafie e l’obbiettivo è di proseguire su questa striscia di vittorie. Poco prima di terminare il suo discorso Bugli ha anche parlato della digitalizzazione di tutti i dati dei vari processi e inchieste.

A seguire è il turno del vice-sindaco del comune di Firenze, assessore all’ educazione Università e ricerca, Cristina Giachi. Quelle del vice-sindaco sono parole di richiesta, rivolte a tutti noi cittadini che abbiamo il fondamentale compito di ricordare. Soltanto con la memoria, la fiducia incrollabile e la perenne ricerca della verità possiamo sovrastare le minacce; la memoria poi ha il dovere di rappresentare un elemento di crescita civile contro il male e chi lo adopera. E ciò che più di tutto spaventa è quando valori fondamentali vengono dati per scontati e accantonati in secondo piano ed è dovere anche del comune contrastare questo, andando in tutte le scuole: primarie comprese per raccontare ai bambini più piccoli quello che fu.

Il relatore successivo è la funzionaria del MIUR, Sabrina Calvosa: “La scuola è un contesto privilegiato per interventi significativi di promozione e di sviluppo di molte tematiche” dice l’ insegnante. Compito della scuola è costruire una memoria comune e condivisa che rispecchia un valore sia etico quanto morale per vittime e generazioni future. Conclude invitando gli studenti a non dimenticare chi per loro, per il nostro paese e per la nostra democrazia ha dato la vita.

Anche il discorso del Vice Prefetto Rosa Milano inizia coi dovuti saluti, anche da parte del Prefetto Laura Lega. Riferisce come la prefettura sia qui presente per testimoniare l’impegno dello stato nella lotta alle mafie e come al giorno d’oggi sia stato fatto molto da quel tragico anno delle stragi ma anche come l’ impegno dello stato non debba mai venire meno. Conclude il suo discorso parlando di speranza per il futuro di sconfiggere definitivamente la criminalità organizzata, con l’ immagine dei 1500 ragazzi partiti sulla Nave Della Legalità per Palermo in occasione della ricorrenza della morte di Giovanni Falcone, sua moglie e le tre guardie del corpo.

Arriva poi il turno della persona forse più attesa di questo incontro: la presidentessa dell’Associazione delle Famiglie delle Vittime della Strage dei Georgofili Giovanna Maggiani Chelli. Dopo i consueti saluti, in particolare alla folta rappresentanza dello stato la signora Chelli parla della grande voglia di verità. Una verità che è già arrivata ma non nella sua forma assoluta. Quando tutte le associazioni per le vittime, riunite, sono andate dal Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho per questioni burocratiche è emerso come il procuratore abbia formato 3 equipe di magistrati per revisionare tutti i processi e le inchieste archiviate, alla ricerca di nuovi spunti per nuove indagini. “Sarebbe stato bello poterne parlare con il procuratore oggi stesso “ ha dchiarato la Maggiani Chelli, “ma impegni istituzionali inderogabili lo hanno reso impossibile”. Il motivo per così tanto interesse verso questo nuovo progetto mosso dalla procura risiede nella sorpresa delle varie associazioni delle vittime, le quali come parti lese di un processo hanno già potuto leggere i documenti in questione. A seguito vengono riportati tre punti chiave da cui la procura dovrà approfondire, riscontrati in questa lettura e che la signora Chelli ha raccontato. Materiale nuovo e ancora non ben esplorato sono le intercettazioni telefoniche fra Giuseppe Graviano e Adinolfi. Poi il verbale e la testimonianza di Monticciolo, che però grazie alla nuova normativa non si può più considerare valido. Al fine troviamo invece, forse la più curiosa delle tre, la questione dei fratelli Graviano che ingravidarono le proprie mogli mentre erano in carcere durante il processo. In conclusione la signora Maggiani Chelli si appella a queste equipe di magistrati affinché possano fare luce su questi aspetti quantomeno sconcertanti.

La parola passa ora al Procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli .

Parlando delle stragi di quegli anni descrive la memoria come un peso ma allo stesso tempo una possibilità per capire e onorare. In quattordici mesi, ben sette stragi furono eseguite accompagnate da molti morti. Il 23 gennaio 1994 un’altra bomba doveva colpire ma fortunatamente fallì, l’obiettivo era colpire agenti dell’arma dei carabinieri durante la partita di Serie A Roma – Udinese. Quelle stragi che misero in ginocchio il nostro paese, dall’altra parte rappresentarono il periodo di maggiore speranza perché vi fu dopo quelle stragi una coesione dello stato che portò a grandi risultati. Tescaroli ci tiene a sostenere che lo stato è e sarà sempre presente ed è in grado di contrastare il crimine mafioso. La giustizia, continua, ha dimostrato di funzionare, rimuove la sicurezza dell’impunità ai mafiosi. Parlando poi di Cosa Nostra, che è stata la più evoluta delle organizzazioni mafiose, dice come oggi sia alla ricerca di nuovi equilibri interni e cerchi sempre una sorta di coabitazione con lo Stato.

Ha preso poi la parola l’avvocato Danilo Ammannato, il quale ha svolto il ruolo di avvocato di parte civile nel processo delle stragi del 1993. Le sue parole hanno risposto al perchè la mafia non viene sconfitta, visto che qualunque criminalità organizzata quando si scontra con lo stato perde.

La risposta è chiara: la mafia ha collegamenti con politica, amministrazione ed economia. Per sapere cosa è successo precisamente nelle stragi 92-93, continua, bisogna trarre le conclusioni a livello penale; si sa bene cosa è successo, ma purtroppo giornali e mass media non comunicano questi fatti, perciò gli italiani rimangono sempre all’oscuro di tutto. Facendo un’estrema sintesi sui fatti accaduti dal 1991 al 1993 egli fa capire con estrema chiarezza come sono andate le cose. Si parte dalla “Legislazione antimafia” del 1991 dalla quale vengono create: la direzione nazionale antimafia, la direzione investigativa antimafia (dia), il ruolo di procuratore distrettuale, l’aggravante mafiosa per tutti i reati (dell’articolo 7 ), reso obbligatorio il mandato di cattura per il 416 Bis.

Da ciò deriverà poi nel 30 gennaio 1992 la sentenza “maxi-processo” che darà gli ergastoli e riconoscerà la struttura piramidale della mafia. Ammannato procede spiegando che erano presenti otto testimoni di giustizia che dichiaravano che già prima del Natale 1991, in una riunione interregionale, il capomafia Totò Riina aveva deciso di eliminare “i rami secchi” ovvero l’intera classe politica siciliana. Eliminare: Mannino, Vizzini, Salvandò, Andreotti o i suoi figli e Martelli. Viene eliminato per primo Salvo Lima, braccio destro di Andreotti, quest’ultimo capisce subito quale messaggio gli stanno mandando. Prima di procedere con il resto dei fatti l’avvocato Ammannato chiarisce quali caratteristiche deve avere il reato di minaccia per essere considerato tale: essere concreto, efficace e percepito dalla vittima. Riassumendo i fatti dicono che Riina voleva ammazzare 5 ministri della repubblica italiana in carica, questo è minaccia aggravata al governo oppure no? Si chiaramente. Grazie alla nuova legislazione quindi è possibile accusare Riina e Cosa nostra di minaccia al governo con due prove: l’omicidio Lima e la strage di Falcone poco dopo.

Il ministro Mannino sentendosi minacciato, invece che rivolgersi ad aiuti dallo stato, si rivolge a un vecchio amico (generale Antonio Subranni), che lo metterà in contatto con esponenti di Cosa Nostra avviando quella che sarà la famosa “trattativa Stato-Mafia”. Casualmente poco dopo verrà fermato da Riina l’omicidio di Mannino e accelerato quello di Borsellino; e soprattutto Mannino diventerà ministro al posto di Scotti. Quindi, spiega l’avvocato, si passa da una minaccia alla classe politica siciliana ad un ricatto allo stato. Anche dopo l’arresto di Riina e Mannino e il resto degli artefici di questa trattativa, secondo la mafia, lo stato doveva mantenere la sua fedeltà. Le conseguenze della mancata fiducia saranno la strage di Via dei Georgofili e molte altre. L’avvocato conclude con una domanda rivolta alle forze dell’ordine: perchè non si arresta Matteo Messina Adenaro, latitante da circa 25 anni e a capo di Cosa Nostra? Se non verranno arrestati lui e molti altri i ricatti allo stato alle istituzioni continueranno.

Infine la parola è passata allo studente del Liceo Scientifico Leonardo da Vinci Valentino Masetti, caporedattore del giornale Leomagazine. Egli infatti nel suo discorso ha sottolineato come le istituzioni siano sempre sensibili alla giustizia, evidenziando l’importanza della memoria, che è del resto il tema fondamentale di quest’evento. Ha concluso dicendo che la mafia e la sua violenza non ostacoleranno mai la giustizia.

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