<<And the Oscar goes to …>>, da 92 anni questa frase richiama le più grandi stelle del settore cinematografico per premiare le loro immense imprese, o meglio, 92 anni che la statuetta in oro 24 carati più famosa al mondo, nome ufficiale Academy Award of Merit, viene consegnata. Leggenda vuole, infatti, che il soprannome Oscar “per gli amici” sia nato da Margaret Herrick dell’Academy Motion Picture Arts and Science, che vedendola esclamò: <<Assomiglia proprio a mio zio Oscar!>>.

Quasi un secolo è passato dalla prima edizione del 1929, eppure le menti geniali dell’industria dei film continuano a stupirci con i propri capolavori: stavolta parliamo del sud coreano Bong Joon-ho che, in occasione dell’edizione numero 92 della cerimonia degli Oscar al Dolby Theatre di Los Angeles il 9 febbraio 2020, con il film Parasite scrive la storia calando il poker d’assi, vincendo le categorie miglior regia, miglior sceneggiatura originale, miglior film internazionale (categoria rinominata da Miglior film in lingua straniera), ma soprattutto, Miglior film: una cosa mai vista prima, ad eccezion fatta per il film francese The Artist nel 2012. In quel caso, però, si parlava di un film muto ambientato proprio a Los Angeles, mentre l’opera di Bong è recitata in coreano e ambientata in Corea del sud!

Parasite, premiato in mille salse, è un thriller che ha come tema principale il conflitto tra due famiglie in condizioni economico-sociali completamente agli antipodi. Nonostante il grande apprezzamento della critica, il regista coreano si aspettava tutto tranne che tre dei più importanti riconoscimenti insieme a quello più prestigioso per il Miglior film: come biasimarlo, si è ritrovato in gara con mostri sacri del calibro di Quentin Tarantino e Martin Scorsese! Quando nell’ultima mezz’ora della cerimonia è stato chiamato sul palco tre volte, quasi quasi andava preparata la barella per soccorrerlo (probabilmente si aspettava un errore clamoroso come la premiazione di La La Land nel 2017). Scorsese, che quest’anno con il suo The Irishman è rimasto a secco di Oscar, forse si è dovuto consolare con il tributo di Bong sul palco: <<Quando studiavo cinema ciò che più mi è rimasto nel cuore è la frase: più si è personali più si è creativi. E quella frase l’ha detta Scorsese che ho studiato a scuola.>>.

Il cinecomic Joker, focalizzato sull’omonimo antagonista per antonomasia di Batman, dalla regia di Todd Philips, aveva già fatto scalpore vincendo il Leone d’oro di Venezia; continua la scia di consensi con ben 11 nominations agli Oscar e si aggiudica (oltre al premio per la Miglior colonna sonora) il riconoscimento per il miglior attore protagonista con un’interpretazione da manuale del clown folle da parte di Joaquin Phoenix. Non tutti sanno che il talentuoso attore, oltre che essere vegano dall’età di 3 anni, è un attivista per l’ambiente fortemente convinto e, infatti, il suo discorso comincia proprio con uno speranzoso appello alla tutela di ogni forma di vita sul pianeta. Prosegue poi: <<Ho fatto un sacco di cose terribili nella mia vita: sono stato egoista, a volte sono stato crudele […] sono grato che così tanti di voi in questa stanza mi abbiano dato una seconda possibilità.>>. Conclude balbettando, preso dall’emozione con la voce rotta: <<Corri in soccorso di qualcuno con amore e troverai la pace.>>; si tratta di una citazione del fratello, nonché promettente attore anche lui, River Phoenix, che morì a soli 23 anni nel 1993 a causa di un’overdose: Joaquin stava parlando con lui al telefono andando in suo soccorso, mentre chiedeva aiuto durante i suoi ultimi istanti di vita.

Parlando di look, degna di nota è la giacca di Spike Lee, intento a ricordare la leggenda del basket Kobe Bryant (morto recentemente) con il viola giallo dei Lakers e il numero 24 del mamba, ma soprattutto la cappa di Natalie Portman: pesanti critiche sono state mosse contro l’Academy ritenendo che molte talentuose registe siano state “snobbate” nella selezione delle candidature; Natalie, inferocita, ha fatto ricamare sulla sua elegante cappa Dior  i nomi di 8 registe, a suo avviso ignorate dall’Academy, per sottolineare ancora una volta il divario tra generi che secondo lei non è ancora stato colmato nel settore cinematografico, ma non solo.

Un altro film che ha mandato in visibilio pubblico e critica nel corso del 2019 è Once Upon a time…in Hollywood di Quentin Tarantino, che si “accontenta” di un premio per la Miglior scenografia e il premio per il Miglior attore non protagonista consegnato a Brad Pitt, che sul palco lancia una frecciatina al governo americano in forma di battuta: <<Mi hanno detto che ho solo 45 secondi quassù, che sono comunque di più rispetto a quelli che il Senato ha dato a John Bolton questa settimana.>>; si riferisce al mancato impeachment di Donald Trump, e alla testimonianza dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale licenziato lo scorso anno, John Bolton appunto, che è stata bloccata impedendogli di parlare. Ricordiamo anche 1917, il war film di Sam Mendes che vince miglior comparto sonoro, miglior fotografia e miglior effetti speciali (categoria nella quale ha battuto Avengers Endgame, causando la delusione dei fan Marvel) e Judy che vince il premio per la Miglior attrice protagonista con la performance di Renée Zellweger nei panni di Judy Garland: la grande attrice anni ’50 non aveva mai vinto l’Oscar e per Renée dedicarglielo ha significato proseguire la sua carriera. L’Italia rimane a secco sulla carta, ma il contentino è dato da “In ginocchio da te”, brano di Gianni Morandi, presente nella colonna sonora di Parasite quasi a sua insaputa.

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