Il 21 aprile di 110 anni fa moriva il grande scrittore americano Mark Twain. Considerato da molti critici uno degli autori chiave della letteratura americana moderna, i suoi romanzi emozionano ancora oggi migliaia di lettori. “Tutta la letteratura americana proviene da un libro di Mark Twain che si chiama Huckleberry Finn”, dichiarò Ernest Hemingway in Verdi colline d’Africa, mentre William Faulkner lo definì addirittura “il padre della letteratura americana”.

Samuel Langhorne Clemens nacque in Florida nel 1835 e, trascorsa l’infanzia nel Mississippi, dopo la morte della madre iniziò un periodo della sua vita durante il quale si dedicò a numerose attività lavorative. In principio lavorò come apprendista presso una stamperia ad Hannibal, successivamente riuscì ad ottenere un lavoro come pilota di battelli a vapore sul Mississippi; questo ruolo era molto ambito dai giovani, in quanto consentiva di avere uno stipendio sicuro ed anche alcuni privilegi. Riuscì persino a fare in modo che suo fratello Henry, inizialmente riluttante all’idea, potesse lavorare con lui e godere degli stessi privilegi. Purtroppo Henry morì pochi anni dopo nell’esplosione del battello che stava pilotando e Twain non si perdonò mai di averlo trascinato nell’esperienza che ne aveva causato la morte. Lavorò anche come minatore quando a partire dal 1861 intraprese un viaggio in Nevada con il fratello Orion, attività che abbandonò non appena gli si presentò l’occasione di collaborare con il Giornale di Virgin City dove per la prima volta si firmò come Mark Twain; era il 1863. Il nome, adottato già due anni prima quando lavorava come pilota di battelli, era ispirato all’esclamazione dei battellieri “by the mark twain” (dal segno, due braccia) usata per misurare la profondità dell’acqua, e lo scrittore lo preferì agli altri già utilizzati in passato (“Josh” e “Thomas Jefferson Snodgrass”). 

La svolta avvenne quando fu assunto come giornalista del Morning Call di San Francisco: nel 1865 infatti, qualche anno dopo la sua assunzione, pubblicò il suo primo grande successo, il racconto umoristico “The celebrated jumping frog of Calaveras Country”, firmandolo con lo pseudonimo di Mark Twain. La popolarità che raggiunse negli anni successivi grazie ai romanzi e alle raccolte di racconti, tra i quali spiccano “The adventures of Tom Sawyer” e “The adventures of Huckleberry Finn”, accomunati da un linguaggio vivace caratterizzato da un umorismo esplosivo, gli permise di essere inserito nella schiera dei più grandi umoristi di tutti i tempi, della quale ancora fa parte. 

Oltre ad essere stato un formidabile scrittore e umorista, Twain fu un amante dei viaggi e delle avventure i cui resoconti, una volta pubblicati, non furono meno apprezzati dei suoi romanzi. Durante uno dei suoi viaggi conobbe inoltre il suo futuro cognato che gli presentò la sorella Olivia, con la quale si sposò nel 1870 dopo qualche mese di intensa corrispondenza. Visitò più volte anche l’Italia, scegliendo di tornare a Firenze dove nel 1893 si fermerà per più di un anno (risiedendo a Settignano insieme alla moglie) per goderne il clima e dedicarsi allo studio della lingua italiana dal vivo. 

A seguito di uno dei suoi molti viaggi conobbe Nikola Tesla, inventore e fisico serbo del quale diventò un intimo amico. Twain era molto interessato alle sue invenzioni e fu così che nel 1895 accettò di posare per una foto illuminata da luce artificiale ottenuta utilizzando il dispositivo a fluorescenza chiamato tubo di Crookes. La foto venne scartata da Tesla perché il negativo ai suoi occhi parve rovinato. Solo in seguito si accorse di essere arrivato molto vicino alla scoperta dei raggi X annunciata poco tempo dopo da Wilhelm Rontgen. Questo avvenimento pone Twain come un testimone indiscusso di uno dei passi più importanti nel cammino della scienza. Fu infatti proprio il suo interesse per la tecnologia e per le nuove invenzioni a convincerlo a investire tutto il suo patrimonio (trecentomila dollari, cioè quasi sei milioni attuali) in un macchinario che avrebbe dovuto automatizzare la stampa; il progetto non ebbe però lo sperato successo e Twain perse tutto il denaro investito.

Al termine di questo periodo di avventure alcune tragedie familiari, insieme al tracollo imprenditoriale, trascinarono il grande scrittore in una dimensione pessimista che lo accompagnò fino alla morte. L’autore non ci ha lasciato però a bocca asciutta nemmeno in questo caso, realizzando opere di grande valore letterario le quali, a differenza delle precedenti, sono immerse in una riflessione filosofica.

Nonostante il suo stile umoristico Mark Twain affermava che la sua fonte d’ispirazione non risiedeva nella gioia ma bensì nella tristezza derivata dalla conoscenza delle bassezze umane.

 “Tutto ciò che è umano è patetico, la segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore. Non c’è umorismo in cielo”

Questo suo pensiero ci conduce ad una visione negativa dell’essere umano, e ci presenta un personaggio malinconico, come non ci si aspetterebbe dal padre dell’umorismo. 

Dopo la sua morte vennero pubblicati numerosi materiali inediti che non erano ancora stati diffusi. Tra le opere postume troviamo inoltre una autobiografia pubblicata in tre volumi dalla University of California Press in occasione del centesimo anniversario della sua morte. Ciò che più stupisce riguardo alla pubblicazione delle pagine autobiografiche è certamente la data della pubblicazione stessa: essa infatti era stata decisa dallo stesso Twain, il quale aveva fornito precise istruzioni affinché queste pagine rimanessero inedite fino a quando non fosse venuto il giorno stabilito. La sua richiesta era che il libro autobiografico fosse pubblicato unicamente quando egli fosse “morto, inconsapevole e indifferente” in quanto avrebbe allora potuto “parlare in tutta franchezza”. La University of California Press ha perciò gelosamente custodito le cinquemila pagine autobiografiche all’interno delle quali sono celati dubbi, commenti, politici e non, dello scrittore e persino una raccolta di particolari sulle sue esperienze amorose.

La fama di questo formidabile autore non si è però spenta con la sua morte; egli infatti continua a stupire le nostre menti e ad appassionare i nostri cuori con quegli stessi racconti che ormai da più di un secolo affascinano lettori di tutte le età. 

Egli diceva:

“Cerchiamo di vivere in modo tale che quando moriremo perfino il becchino sia triste”

Non vi sono dubbi che sia riuscito nel suo intento; l’umanità infatti non sarà mai in grado di dimenticarsi di Mark Twain, poiché lui è più che mai vivo attraverso le sue opere e i numerosi aforismi e citazioni di ogni genere e tematica estratti dai suoi scritti.

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