“Già da tempo cominciavo a pensare ad un nostro premio, un premio che nessuno ancora avesse mai immaginato. L’idea di una giuria vasta e democratica che comprendesse tutti i nostri amici mi sembrava tornar bene per ogni verso; confermava il nuovo acquisto della democrazia”.

Con queste parole Maria Bellonci, scrittrice ed ideatrice del Premio Strega, racconta come sia nata, all’interno del gruppo degli Amici della domenica, l’idea di dare vita ad un nuovo premio letterario che contribuisse alla rinascita culturale del Paese, distrutto e piagato dalla seconda guerra mondiale. Il Premio Strega venne annunciato il 17 febbraio 1947 e, grazie al mecenatismo di Guido Alberti, gli venne dato il nome del liquore prodotto dall’azienda di famiglia, lo “Strega”. Da allora gli Amici della domenica, un corpo elettorale di quattrocento persone ampiamente inserite nella cultura italiana, si riuniscono ogni anno per scegliere in due successive votazioni il vincitore: la prima in casa Bellonci, a giugno; la seconda al Ninfeo di Villa Giulia, a Roma, i primi di luglio.

Fin dalle primissime edizioni lo Strega, essendo il premio letterario italiano più famoso, ha cercato di premiare i libri che meglio rappresentassero il momento storico e culturale dell’Italia in un determinato periodo. Le opere premiate hanno narrato il nostro Paese, analizzandone la lingua, i cambiamenti, le tradizioni. Non poteva essere altrimenti se si guarda la grandezza e l’importanza dei personaggi che facevano parte del gruppo originario degli Amici della domenica e se si scorre l’Albo d’Oro dei vincitori.

Ovviamente come in ogni premio non tutte le edizioni sono state brillanti, anzi alcune hanno ricevuto moltissime critiche da parte dei lettori, oppure libri apparentemente insignificanti hanno avuto un successo enorme, o al contrario, romanzi che avrebbero dovuto ricevere maggiore apprezzamento e fama si sono rivelati dei fiaschi totali. L’edizione di quest’anno, a detta di molti critici, manca di libri all’altezza di questo premio ed alcuni piuttosto interessanti non sono arrivati in finale. Affine a questo pensiero è la professoressa Simonetta Bartolini, docente universitaria di letteratura italiana contemporanea, saggista e fine critico letterario, particolarmente esperta in questo settore, che ci ha onorati della sua attenzione e del suo autorevole consiglio.

I dodici libri candidati dal Comitato Scientifico per l’edizione di quest’anno erano: Silvia Ballestra, “La nuova stagione” (Bompiani); Marta Barone, “Città sommersa” (Bompiani); Jonathan Bazzi, “Febbre” (Fandango Libri); Gianrico Carofiglio, “La misura del tempo” (Einaudi); Gian Arturo Ferrari, “Ragazzo italiano” (Feltrinelli); Alessio Forgione, “Giovanissimi” (NN Editore); Giuseppe Lupo, “Breve storia del mio silenzio” (Marsilio); Daniele Mencarelli, “Tutto chiede salvezza” (Mondadori); Valeria Parrella, “Almarina” (Einaudi); Remo Rapino, “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio” (Minimum Fax); Sandro Veronesi, “Il colibrì” (La nave di Teseo); Gian Mario Villalta, “L’apprendista” (SEM).

Lo scorso 9 giugno sono stati annunciati i sei libri che parteciperanno alla finale di giovedì 2 luglio ore 23, l’evento sarà trasmesso in diretta tv su Rai 3. I finalisti sono Veronesi, Carofiglio, Ferrari, Bazzi, Parrella e Mencarelli.

Il primo autore ha già vinto nel 2006 il Premio Strega con il bellissimo libro “Caos Calmo” e si è presentato a questa edizione con “il Colibrì”, un romanzo non all’altezza delle aspettative: una storia carina, ma niente di più, una lettura piacevole e scorrevole, ma non rimarrà impresso nella memoria del lettore, insomma un classico libro da “ombrellone”, difficilmente paragonabile ad altri suoi successi. La storia parla di Marco Carrera un ragazzo con una vita fatta di perdite e di dolore; il suo passato sembra trascinarlo sempre più a fondo come un mulinello d’acqua. Eppure Marco Carrera non precipita: il suo è un movimento frenetico per rimanere saldo, fermo e, anzi, risalire, capace di straordinarie acrobazie esistenziali.

Carofiglio scrive il suo romanzo “La misura del tempo” con uno stile magistrale, che suscita compassione: racconta la storia di una donna bellissima da giovane, Lorenza, ritrovata dopo tantissimi anni dal protagonista, Guido Guerrieri, un noto avvocato. La donna è logorata dallo scorrere del tempo e non assomiglia minimamente alla splendida ragazza di un tempo, diventata opaca e malinconica. Come se non bastasse, il figlio Iacopo è in carcere per omicidio volontario. Guido finisce con l’accettare il caso: più per pietà e compassione che per convinzione. Comincia così, quasi controvoglia, una sfida processuale ricca di colpi di scena, un viaggio nei labirinti della giustizia, insidiosi e a volte letali. Sono state mosse diverse critiche a carico di questo libro, in quanto, secondo diversi esperti, non sarebbe da presentare ad un premio di questo calibro.

La terza grande delusione dell’edizione del 2020 del Premio Strega è senza dubbio “Ragazzo Italiano” di Gian Arturo Ferrari. Colonna portante e fondamentale dell’editoria italiana, decide di scrivere il suo primo vero e proprio romanzo all’età di 75 anni, e sarebbe normale aspettarsi un capolavoro o comunque un romanzo che appassioni e faccia rimanere incollato il lettore, descrivendo l’epoca in cui è l’autore è vissuto con dettagli e aspetti non ancora affrontati; invece è caduto in un banalissimo racconto – come ce ne sono a centinaia – sulla sua infanzia, che evidenzia solo alcuni aspetti, già raccontati ed analizzati tantissime volte da altri scrittori, dell’Italia degli anni ’60,’70,’80. Oltre a questo non cita alcuni nomi di personaggi importanti, che avrebbero aiutato a capire meglio la vicenda e avrebbero reso la storia più ricca ed originale: ad esempio non menziona il nome del suo professore, il fondatore di “Comunione e Liberazione”, don Luigi Giussani, e soprattutto trascura il nome dello scrittore Dino Buzzati, amico di un suo professore; vero è che questi elementi fondamentali li percepisce solo chi conosce la storia di Ferrari, mentre per il “lettore medio” sarebbero comunque impercettibili.

Il libro di Bazzi è stato aggiunto dopo alla lista dei finalisti in quanto è l’unico ad essere di una casa editrice minore: “Fandango Libri”. “Febbre” parla di Jonathan, il quale ha 31 anni nel 2016, un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte come se nelle vene scorresse acqua invece che sangue. Aspetta un mese, due, cerca di comprendere, fa analisi, test, ha pronta grazie al web un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, addirittura mortale, pensa di essere all’ultimo stadio e di non potercela fare. La sua paranoia continua fino al giorno in cui arriva il test dell’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, anzi sembra quasi esser sollevato.

Valeria Parrella con la sua opera dà una bella lezione: non fermarsi mai nella propria vita. “Almarina” racconta la storia di Elisabetta Maiorano, insegnante di matematica nel carcere minorile di Nisida, penitenziario su un’isola del Mediterraneo. Ogni mattina la sbarra si alza, la borsa finisce in un armadietto chiuso a chiave insieme a tutti i pensieri e inizia un tempo sospeso, nell’isola dove le colpe possono finalmente sciogliersi e sparire. Almarina è un’allieva nuova, ce la mette tutta, ma i conti non le tornano: in quell’aula, se alzi gli occhi vedi l’orizzonte ma dalla porta non ti lasciano uscire. La libertà di due solitudini raccontata da una voce calda, intima e capace di far aprire la testa e scaldare il cuore.

Il libro rimasto, quello di Mencarelli, “Tutto chiede salvezza”, è sicuramente uno dei migliori presentati in questa edizione, essendo stato il vincitore del Premio Strega Giovani; è un’intensa storia di sofferenza e speranza, interrogativi brucianti e luminose scoperte: il protagonista Daniele ha vent’anni quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio, ovvero deve andare in un ospedale psichiatrico. È il giugno del 1994, ci sono i Mondiali di calcio negli Stati Uniti, persi dalla Nazionale Italiana in finale contro il Brasile ai rigori. I compagni di stanza del reparto psichiatria che passeranno con lui la settimana di internamento coatto sono cinque uomini ai margini del mondo. Personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come lui, incapaci di soffrire e di non amare a dismisura. Dagli occhi senza pace di Madonnina, alla foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla gioia feroce di Gianluca, all’uccellino resuscitato di Mario, sino al nulla spinto a forza dentro da Alessandro. Romanzo bellissimo e molto innovativo dal punto di vista dello stile e dei temi che tratta, facendo un’analisi da chi ha vissuto in prima persona un’esperienza drammatica, come esser rinchiusi in un manicomio, riuscendo a comprendere e, soprattutto, farci comprendere la situazione e l’intensa dose di umanità dei malati, senza rivendicarla come normalità.

Questa edizione non sarà una delle migliori, ma sicuramente sarà interessante scoprire chi si aggiudicherà il tanto agognato premio.

Un ringraziamento speciale alla professoressa Simonetta Bartolini per l’aiuto nel recensire e commentare i libri candidati.

FONTI: https://www.premiostrega.it/https://www.ibs.it/

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