Non appena fa capolino nel panorama nazionale l’importante e controverso tema della giustizia è istantanea la formazione dei due grandi poli del giustizialismo e del garantismo. Desiderata ardentemente da tutti è la sveltezza dei processi; ma per tanti questa non è sinonimo di una giustizia che fa rapidamente ed efficacemente il suo corso bensì un modo per scappare altrettanto velocemente da una possibile condanna. È questa la lama a doppio taglio della prescrizione, che permette l’estinzione del reato. 

Tra scandali nel mondo della magistratura e procure che vacillano il 3 agosto la Camera dei Deputati, con 396 voti a favore, 57 contrari e 3 astenuti, ha approvato la cosiddetta “riforma Cartabia”, sulla quale il Governo aveva posto la questione di fiducia, nata dalle modifiche al disegno di legge dell’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, non presentato il 13 marzo 2020. 

Il progetto legislativo si concentra sulle tre fasi del processo penale e ruota intorno alla sua improcedibilità.

La Legge del 9 gennaio 2019, n. 3 (Legge Spazzacorrotti) agì, nell’ottica di contrastare i reati contro la pubblica amministrazione, imponendo lo stop del decorso della prescrizione alla sentenza di primo grado. Il disegno di legge Bonafede avrebbe fermato la possibilità di estinzione del reato nel caso di condanna in primo grado di giudizio, prevedendo l’eventualità della ripresa del corso della prescrizione in casi come l’annullamento della sentenza di condanna.

La riforma della nuova ministra della giustizia segue questa linea – Il corso della prescrizione del reato cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado. Nondimeno, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento (nascente articolo 161-bis c.p.) – introducendo dei termini di improcedibilità del processo.

Due anni per il giudizio in appello e un anno per il giudizio di legittimità. Ma non da subito. Per i procedimenti impugnati entro la fine del 2024 si parla rispettivamente di tre anni e un anno e sei mesi. Sono stabilite proroghe nel caso di complessità del giudizio e, soprattutto, nel caso di reati gravi quali i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale […] per il delitto di cui all’articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, per violenza sessuale e per i reati in ambito mafioso.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti per i delitti puniti con l’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti. 

Il progetto di legge approderà in Senato a settembre, in attesa di entrare in Gazzetta Ufficiale. 

0 0 votes
Article Rating