Nel nostro paese si sente spesso parlare di femminicidi, e il numero di quelli dell’ultimo anno è davvero impressionante: in Italia è stata uccisa in media una donna ogni tre giorni.

Il 23 agosto a Aci Trezza, frazione di Aci Castello, nel Catanese, la giovane Vanessa Zappalà, 26 anni, è stata uccisa durante la notte dall’ex fidanzato 38enne Antonino Sciuto, con un colpo di pistola alla testa.

Lui era di San Giovanni La Punta e vendeva automobili, lei, diplomata all’istituto tecnico economico Enrico De Nicola di San Giovanni La Punta, viveva con i genitori a Trecastagni e lavorava in una panetteria. I due si erano lasciati 6 mesi fa, ma l’uomo continuava a perseguitarla, a stare sotto casa sua e a chiamarla ripetutamente. Vanessa e Antonino per un periodo avevano convissuto ma lui aveva iniziato a picchiarla, perciò lei lo ha allontanato da casa. Il padre della vittima ha dichiarato che l’omicida pedinava la giovane con un Gps e che aveva duplicato le chiavi di casa per spiarla. Sciuto, che aveva anche querele per maltrattamenti in famiglia, più volte era stato denunciato dalla ragazza per stalking e comportamenti violenti dovuti all’insana gelosia per la stessa Vanessa e lo scorso giugno lei aveva chiamato i carabinieri perché l’ex era appostato sotto casa sua. L’uomo era stato arrestato e messo ai domiciliari su disposizione della procura di Catania, ma poi il giudice stabilì che era sufficiente il divieto di avvicinamento a Vanessa.

Il delitto è avvenuto intorno alle 3, mentre la giovane vittima stava passeggiando sul lungomare con gli amici. L’assassino si è messo davanti a lei e pare le abbia chiesto nuovamente un “chiarimento”, ma non ha avuto una risposta e perciò ha iniziato a sparare, senza preoccuparsi delle persone intorno. Un proiettile ha colpito Vanessa alla testa, uccidendola sul colpo, e un altro ha ferito di striscio una sua amica alla spalla, che poi è stata curata dai medici del 118. Gli amici di Vanessa e i testimoni hanno subito chiamato i carabinieri, dando loro indicazioni sull’omicida e sulla macchina usata per la fuga e immediatamente sono iniziate le ricerche. In mattinata sono state diffuse le foto dell’uomo con e senza barba, sono state fatte decine di perquisizioni a casa dei suoi amici e parenti e sono stati attivati i controlli tramite le celle dei cellulari per verificare gli spostamenti dell’assassino.

Le perlustrazioni si sono estese successivamente anche in Calabria, per poi scoprire, nel primo pomeriggio, che in realtà Sciuto era andato sulle pendici dell’Etna, nel casolare di un suo zio in contrada Trigona, a Trecastagni, dove si era impiccato. Sul muro sono state trovate le scuse di Antonino ai figli e ai genitori, con scritto “vi voglio bene”. Nell’auto dell’assassino, una Fiat 500 con la quale era scappato dopo aver sparato 6 colpi a Vanessa, sono stati ritrovati bossoli di calibro 7.65, compatibili con l’arma del delitto, ancora non trovata.

Su Facebook un’amica di Vanessa ha affermato «Quante volte ti mandavo messaggi, “stai attenta Vane, ho paura” e tu “tranquilla non mi fa niente è solo geloso”. Facevi solo casa e lavoro, una ragazza tranquilla, buona, gentile, educata. Ho un grande senso di vuoto, di angoscia». «Ti avvisavo ogni sera: “stai attenta che si apposta sotto casa nostra”» scrive un’altra sua amica che aveva cercato di metterla in guardia. Sciuto sui social 4 anni fa aveva addirittura pubblicato una foto di un uomo che puntava una pistola alla testa di una donna, e inoltre sotto uno dei suoi post aveva scritto “io non dimentico nulla, aspetto solo il momento giusto”.

Sono in molti a pensare che l’uccisione di Vanessa Zappalà sia una sconfitta dello Stato, come tutti i casi di femminicidio annunciato, e che siano state prese misure inefficaci che andrebbero rafforzate.

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