A partire dal prossimo anno scolastico 2022/2023 mille Licei e Istituti Tecnici in tutta Italia dovrebbero accorciare la durata dell’intero ciclo scolastico da 5 a 4 anni. A spingere in tal senso è il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, convinto sostenitore di tale innovazione, che già aveva reso nota nel 2020 nel suo libro “Nello specchio della scuola”, edito da Il Mulino. Nel saggio sosteneva che abbreviare la durata del liceo da 5 a 4 anni avrebbe potuto accelerare i tempi di accesso all’Università e al mercato del lavoro, mettendo gli studenti delle scuole superiori italiane in una posizione molto simile a quella dei loro colleghi di diversi paesi dell’Unione Europea

A dire il vero già dal 2018/2019 con l’allora ex ministra dell’istruzione Valeria Fedeli era partita la sperimentazione in 100 licei italiani ai quali se ne erano aggiunti altri 100 l’anno successivo. 

Nella storia della scuola italiana ci fu un altro tentativo di modifica della durata del percorso di studi. Luigi Berlinguer, ministro dell’Istruzione tra il 1996 e il 2000 provò a introdurre, con i governi di centrosinistra guidati da Romano Prodi e Massimo D’Alema, la sperimentazione di un primo ciclo di sette anni seguito da un secondo ciclo articolato in un biennio comune e in un triennio di indirizzi specialistici.

La riforma però venne poi abrogata dal successivo governo di centrodestra guidato da Silvio Berlusconi.

Tornando ai giorni nostri, ridurre il ciclo scolastico da 5 a 4 anni, non significa certamente non portare a termine il programma didattico ma riuscire a concluderlo con modalità diverse.

Secondo quanto previsto, si dovrebbe garantire l’insegnamento di tutte le discipline dell’indirizzo di studi e dunque le ore annuali complessive della 5^ classe andrebbero spalmate lungo l’intero percorso quadriennale, rendendo necessario un aumento di ore settimanali che presumibilmente andrebbero fino alla sesta ora e di conseguenza una rimodulazione del calendario scolastico annuale. 

Il ministero dell’Istruzione ha dato il via libera ai licei quadriennali nonostante il parere negativo (ma non vincolante) giunto il 17 di novembre da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Per prendere parte a questa sperimentazione, è necessario accedere ad un bando e le scuole sono tenute a presentare un piano in cui illustrino il loro progetto innovativo cercando di soddisfare vari requisiti, tra i quali sono previsti il potenziamento linguistico, la possibilità di scegliere laboratori e insegnamenti personalizzati, oltre a dover rimodulare le ore di lezione e il calendario scolastico. 

I licei sperimentali in 4 anni, come spiegato dal Ministero, «assicurano l’insegnamento di tutte le discipline previste dall’indirizzo di studi di riferimento, compreso l’insegnamento trasversale dell’Educazione civica, facendo ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa consentita dall’autonomia delle istituzioni scolastiche, alla didattica laboratoriale, all’adozione di metodologie innovative, alla didattica digitale e all’utilizzo di tutte le risorse strumentali e professionali disponibili nell’organico dell’autonomia». 

Sicuramente riorganizzare la didattica adattandola a 4 anni non è cosa semplicissima e tra l’altro tutto ciò non era stato visto di buon occhio per il fatto che potesse esserci un conseguente taglio di docenti. 

In ogni caso, l’idea di base è quella di avvicinare gli studenti italiani ai loro coetanei europei ( Francia, Belgio, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito) i quali hanno la possibilità di entrare già a 18 anni nel mondo del lavoro o in quello universitario. Dunque, un lato positivo starebbe proprio nel fatto che, nei 4 anni di scuola superiore, i professori si dovrebbero rapportare agli studenti, sin da subito, in un modo “adulto”, creando un percorso interattivo, motivazionale e innovativo al massimo. Proprio innovazione è la parola chiave: sicuramente si tratterebbe di un bel salto in avanti per il mondo della scuola.

Dall’altro lato, però, si tratterebbe di un cambiamento fin troppo drastico, un progetto che necessiterebbe di ulteriori sperimentazioni prima di poter “sostituire” del tutto il tradizionale sistema scolastico. Anche perché in un Paese come il nostro, dove la lentezza e la burocrazia purtroppo fanno da padrone, sarà difficile riuscire a dare una “spallata” alle vecchie regole e ad intraprendere un nuovo percorso seppur stimolante per noi studenti.

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