Nella prefazione di “La partita della vita”, un libro uscito nel novembre del 2021, Mihajlovic scriveva: “Mi chiamo Sinisa e sono nato due volte. La prima il 20 febbraio 1969 a Vukovar, ex Jugoslavia, oggi Croazia. Devo ringraziare mia madre Viktorija, croata, e mio padre Bogdan, serbo, per avermi messo al mondo. Quando è successo era un giovedì, non ho pianto. Mi hanno raccontato che avevo già un’arietta da duro, hanno dovuto sculacciarmi tre volte per farmi emettere un urlo. Cinquant’anni dopo, il 29 ottobre del 2019 sono nato una seconda volta, all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. E stavolta devo ringraziare un ragazzo americano, sconosciuto, che mi ha donato il suo midollo osseo e l’equipe medica che si è occupata del trapianto per curare la leucemia. Quel giorno era un martedì, ho ricevuto da tutti solo carezze, eppure ho pianto a lungo”.

Venerdì 16 dicembre 2022 la battaglia di Sinisa Mihajlovic contro la leucemia mieloide acuta che lo aveva colpito tre anni prima è finita. Ultimamente Sinisa aveva cercato aiuto anche all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dove ha seguito un protocollo sperimentale che però non è riuscito a contrastare il decorso della terribile malattia, giunta ormai ad uno stadio avanzato. La leucemia acuta mieloide è un tumore del sangue che origina nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo; colpisce ogni anno circa 3.500 persone in Italia.

L’ex calciatore e tecnico serbo è morto a Roma all’età di 53 anni. La sua morte ha scosso tutto il mondo del calcio. A salutarlo per l’ultima volta, nella Camera Ardente allestita nella Sala Protomoteca in Campidoglio, si sono succeduti tifosi della Roma e della Lazio, calciatori, allenatori, ma anche la premier Giorgia Meloni e il Presidente del Senato Ignazio La Russa. Il funerale si è poi svolto lunedì 19 dicembre nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Hanno assistito alla Cerimonia celebrata dall’Arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi le squadre al completo della Lazio, della Sampdoria e del Bologna, l’ultima allenata da Sinisa, oltre a un fiume di amici, tifosi e conoscenti, nomi famosi ma anche tante persone comuni che si sono radunate davanti alla Basilica per rendere omaggio all’uomo che con coraggio ha combattuto a testa alta fino alla fine dei suoi giorni la battaglia contro la leucemia. Nell’omelia Zuppi ha definito Mihajlovic: “un uomo ruvido, diretto, schietto, ma anche dolce e tenero”. Nella Chiesa strapiena i presenti commossi si sono uniti al dolore dei familiari: la moglie Arianna Rapaccioni, i sei figli e la nipotina Violante. Al termine della Cerimonia la bara è uscita dalla Basilica portata a spalla dal Commissario Tecnico della Nazionale Roberto Mancini, dagli ex compagni Attilio Lombardo e Dejan Stankovic e dall’ex pugile Vincenzo Cantatore, suscitando l’applauso degli oltre tremila presenti nella piazza. La salma è stata poi deposta nel cimitero monumentale del Verano.  

L’ultima apparizione pubblica di Mihajlovic risale allo scorso 1 dicembre, in occasione della presentazione del libro dell’ex allenatore ceco Zdenek Zeman La bellezza non ha prezzo, edito da Rizzoli.

Carriera

Molti giovani appassionati di calcio si ricordano del Sinisa allenatore. In effetti dopo aver iniziato la sua carriera come Vice di Mancini nell’Inter nel 2006, è stato il tecnico di club importanti come Bologna (due volte), Catania, Fiorentina, Sampdoria, Milan, Torino. Nel biennio 2012-13 ha allenato anche la nazionale Serba. La sua carriera di calciatore è stata altrettanto significativa: dopo aver vinto giovanissimo una Coppa Campioni nel 1991 con la Stella Rossa di Belgrado, è approdato nel Campionato italiano grazie alla Roma che lo acquistò per 8,5 miliardi di lire. Dal 1992 al 2006 ha collezionato 315 presenze in Serie A, vestendo la maglia di Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. In totale in carriera ha giocato oltre 600 gare ufficiali, segnando più di 100 gol. Per anni Mihajlovic è stato il miglior giocatore della serie A nel calciare le punizioni. Quando era in giornata con il suo sinistro telecomandato poteva segnare a qualsiasi portiere, anche dalle distanze più incredibili. Ex di turno, in un Lazio-Sampdoria 5-2 del 13 dicembre 1998, infilò il pallone alle spalle del malcapitato Ferron per ben tre volte in poco più di un quarto d’ora. Ancora oggi detiene insieme ad Andrea Pirlo il record del maggior numero di gol segnati su punizione nella storia della massima serie, con ben 28 reti realizzate su calcio piazzato.

Nel suo ricco Palmarès da calciatore, oltre alla Coppa Campioni e alla Coppa Intercontinentale con la Stella Rossa, può vantare 1 Coppa delle Coppe e 1 Supercoppa UEFA con la Lazio, 3 Campionati jugoslavi, 2 Campionati italiani, 3 Supercoppe italiane e ben 4 Coppe Italia.

5 2 votes
Article Rating