Quanto accaduto in questi ultimi giorni non può che provocare una profonda amarezza per vari motivi. Il primo in assoluto, è vedere uno scontro tra ragazzi che, invece di affidarsi alla dialettica delle idee e a un confronto serrato ma pacifico, scelgono la strada della violenza e dello scontro fisico. Abbiamo già espresso la nostra opinione al riguardo, possiamo solo aggiungere che non c’è “provocazione”, vera o supposta, che possa giustificare lo spettacolo di un ragazzo preso a calci mentre è a terra: immagini del genere sono la negazione stessa dell’idea di civiltà. Speriamo che chi di dovere faccia chiarezza e individui tutte le responsabilità. Ma – come anche la nostra preside ha osservato in una intervista – non fa neppure piacere che in un corteo nato per protestare contro un atto di violenza, ci siano alcuni facinorosi che inneggiano alle foibe o insultano ferocemente le forze dell’ordine. Nessuno nega certo il diritto di manifestare, ma proprio perché l’intento di pace e di negazione della violenza che dovrebbe essere alla base di tale diritto non venga vanificato, occorre isolare i facinorosi di qualsiasi “latitudine”.

Detto questo, non possiamo poi non esprimere il nostro sconcerto e il nostro profondo dispiacere per la “tempesta mediatica” che ha colpito la nostra dirigente scolastica prof. Annalisa Savino. Anche se è al Leo da poco più di un anno, noi del LM possiamo dire di conoscerla bene; abbiamo condiviso con lei i nostri progetti, l’abbiamo vista entusiasmarsi e incoraggiarci, e constatare con quanta convinzione e dedizione svolga il suo compito, che per lei è molto di più di un lavoro, soprattutto quando si tratta degli studenti, dei “suoi” ragazzi. E tutto questa senza alcuna “faziosità” o influenza politica di nessun tipo.

Venendo dunque alla famosa “lettera” diventata motivo di esaltazione o denigrazione massima, c’è da dire prima di tutto che si trattava di una circolare rivolta a noi, docenti, studenti, personale del Leo e rispettive famiglie. Che sia poi diventata “virale”, visto come funziona il mondo della comunicazione oggi, ci poteva stare ed infatti così è accaduto; ma come la preside stessa ha ribadito, non era assolutamente questo lo scopo e proprio per far finire il gioco delle strumentalizzazioni, la prof. Savino ha scelto il silenzio.

Noi rispettiamo ovviamente questa sua scelta, ma come giornale del liceo, di cui lei in quanto preside è l’editore, non potevamo – ma soprattutto non volevamo – non dire almeno qualcosa.  E in merito alla famosa circolare, riteniamo anzitutto che un dirigente abbia il pieno diritto di indirizzare un messaggio alla sua comunità scolastica. Nella nostra società, dovrebbe ormai essere un dato acquisito l’avversione a qualsiasi forma di totalitarismo; e sinceramente non comprendiamo perché un dirigente scolastico non possa fare un appello di questo tipo.

Non ci permettiamo di criticare il ministro della pubblica istruzione; solo ci chiediamo se non avrebbe potuto esprimersi in termini meno duri, soprattutto senza cadere nel “gioco” dell’intervistatore che sembrava molto ansioso di fargli dire qualcosa riguardo a “provvedimenti” da prendersi per il caso in questione.

E questo ci porta a una considerazione finale. Il nostro è un giornale autentico e per questo ci siamo sottoposti a un duro corso di formazione, su materiali dell’ordine dei giornalisti che sottolineano continuamente il richiamo all’etica, alla necessità di evitare il sensazionalismo e di suscitare odio. Non ci sembra proprio che sia stato questo l’atteggiamento: non siamo certo noi – e ci mancherebbe altro – a negare il diritto, anzi il dovere di informare, ma sarebbe meglio in circostanze come queste evitare titoli troppo “gridati” e cercare di fare il possibile per non infiammare animi già sin troppo esacerbati.

Tutta la comunità del LM stringe con affetto intorno alla preside Savino esprimendole la propria vicinanza e solidarietà, insieme alla gratitudine per quanto fa ogni giorno per noi, per la crescita di quella scuola fantastica che è il liceo Leonardo da Vinci, a cui tutti noi siamo profondamente fieri di appartenere.

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