L’11 gennaio 1999 fa moriva il famoso cantautore italiano Fabrizio De André. Aveva 58 anni e un terribile carcinoma del polmone. Fabrizio de André era nato il 18 febbraio 1940 a Genova, da una famiglia borghese di origini piemontesi. La sua passione per la musica iniziò quando all’età di 14 anni la madre gli regalò una chitarra e Fabrizio cominciò a prendere lezioni dal maestro colombiano Alex Giraldo. Aveva frequentato la facoltà di Giurisprudenza come il padre ed il fratello, maggiore, ma a soli sei esami dalla laurea, aveva abbandonato gli studi per intraprendere il suo percorso di cantautore. Il 29 luglio del 1962 sposa Enrica Rignon e dopo poco nacque Cristiano De André. In seguito alla separazione fra i due che avvenne nel 1975, De André incontrò Dori Ghezzi con la quale ebbe una figlia nel 1977 Luisa Vittoria, che seguendo le orme del padre è diventata una musicista. De André e Dori Ghezzi si sposarono nel 1989.

De André aveva un carattere molto schivo: la sua passione per la musica e per la composizione dei testi lo assorbivano completamente. Aveva comunque molti amici a Genova, artisti e musicisti; fra questi anche l’attore Paolo Villaggio che gli assegnò il soprannome di “Faber”, poiché era solito utilizzare i pastelli Faber-Castell per scrivere e disegnare. Aveva vissuto per molti anni in Sardegna, dove era stato rapito nel 1979 insieme alla compagna Dori Ghezzi ed erano stati liberati dopo 117 giorni grazie al pagamento del riscatto da parte del padre. Proprio da questa forte esperienza era nato il brano L’Hotel Supramonte in cui il cantautore raccontò di aver vissuto il sequestro con curiosità: “Mi incuriosiva vedere come andava a finire”. Mentre il giorno dopo il rilascio, invece, disse: “Noi ne siamo venuti fuori, mentre loro non potranno farlo mai”. Sono molte le canzoni di De André ormai parte della cultura musicale italiana e conosciute da tutti: da Bocca di Rosa a La guerra di Piero, a Il pescatore, fino a La canzone di Marinella e Geordie. I testi di De André hanno spesso la forma della ballata, parlano di attualità e raccontano storie e sentimenti, con tutte le loro sfumature: dalla gioia, all’ironia, all’amicizia, all’amore. I suoi ispiratori erano gli chansonniers francesi, in particolare Georges Brassens, le cui canzoni De André cantava volentieri. Con la sua musica De André superò i canoni della produzione musicale italiana di quel periodo, proponendo al posto delle tradizionali canzonette d’amore album ispirati ai vangeli apocrifi e a Spoon River di Edgar Lee Master. A lui piaceva vivere la vita dei quartieri malfamati di Genova, era un anarchico, non sopportava i vincoli e voleva respirare l’aria dei personaggi emarginati a cui si ispiravano le sue canzoni. Faber nel corso della sua carriera ricevette molti premi e targhe che tutt’ora continuano ad essergli assegnati, ricordiamo il suo primo premio nel 1968 attribuitogli dalla critica discografica per il suo primo album Volume 1. L’ultimo riconoscimento che gli è stato assegnato è il premio Speciale nel 2011 per “aver narrato la vita attraverso la musica e la poesia”. Negli anni in cui cantava De André i cantautori erano visti come dei punti di riferimento dai giovani, per questo spesso i testi erano più importanti della musica. De André era un ribelle e un sognatore e i suoi testi e i suoi pensieri fanno riflettere ancora oggi, invitano anche i giovani della “generazione Z” ad alzare lo sguardo perché, come De André diceva: “Un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura”.

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