“Voglio fare dell’impressionismo qualcosa di solido e duraturo, come l’arte nei musei” Cezanne delineò così la sua arte e il suo pensiero.

Nato ad Aix-en-Provence nel 19 dicembre 1839, nel meridione della Francia, cresce in una famiglia borghese agiata, tanto che per gran parte della sua carriera non dovette mai affidarsi alla sua produzione pittorica per mantenersi economicamente come molti altri artisti. Durante la sua adolescenza divenne particolarmente amico di Emile Zola, futuro scrittore, l’amicizia tra i due è fondamentale per spiegare l’avvicinamento di Cezanne alla pittura e a qualsiasi forma di arte. Da bambino, Cezanne aveva la vocazione per la letteratura e seguì inizialmente gli studi di diritto, la svolta artistica avvenne con la partenza di Zola, e l’inizio di una fitta corrispondenza tra i due di disegni, ancora molto accademici, e lettere. L’amicizia fra i due si incrina diversi anni dopo a causa della pubblicazione di un romanzo da parte di Zola intitolato L’ouvre, che aveva come protagonista un pittore con una personalità molto simile a quella di Cezanne, e il suo modo fallimentare di fare una diversa arte.

Questo nuovo attaccamento all’arte, che padre tenta in ogni modo di ostacolare, lo spinge a trasferirsi nella capitale parigina a 22 anni, frequenta l’accademia Suisse anche se con pochi risultati, si appassiona fervidamente alle teorie di Delacroix e Courbet. In quel periodo viene esposta al Salon de Refusés Colazione sull’erba di Manet che apprezza enormemente per una comune passione per il realismo. Ama dipingere en plain air e terminare le opere in atelier.

Ritratto dell’artista

Si innamora di Hortensia, una rilegatrice di undici anni più giovane. Il suo carattere difficile, la sua incapacità di integrarsi con i suoi coetanei e le dure critiche che ricevettero le sue opere lo spinsero a sviluppare un’insofferenza verso la metropoli, tanto da trascorrere gran parte della sua vita isolato, in campagna, nella sua cittadina natia. Diventa allievo di Pissarro, conosce Tanguy, commerciante d’arte e figura di riferimento e confronto di diversi altri artisti impressionisti e postimpressionisti. Partecipa all’esposizione degli impressionisti del 1874 ma successivamente se ne distacca in quanto non si ritrova nel modo di dipingere di tali artisti.

Cezanne infatti non vuole rappresentare la natura per come si vede ma per come è. Si sforza di cogliere l’essenza eterna, cioè si rifiuta di usare le regole tradizionali della prospettiva e usa la geometria per cogliere la forma eterna e intrinseca delle cose. Espone solo due volte con gli impressionisti proprio perché non si riconosce nel movimento, e crea così un pensiero personale che poi sarà carburante per il cubismo. Picasso e Matisse lo definirono “padre di tutti noi”, in quanto Cezanne è il primo a semplificare le forme in solidi geometrici e a usare una prospettiva multipla.

I soggetti prediletti di Cezanne sono di tre tipologie quali le nature morte, i ritratti e i paesaggi. Questi ambiti gli permettono di esprimere al meglio le proprie convinzioni pittoriche e indagare la realtà senza alcun tipo di pregiudizio, creando un armonioso ossimoro che guida un’eredità artistica formando figure come Picasso e Matisse.

Mele e arance, Cezanne 1902

Ben noti sono i quadri dell’ultimo periodo come il ciclo delle Bagnanti e quello delle Montagne Sainte-Victorine proprio perché sono il culmine della sua espressione pittorica, caratterizzato da forme solide e diverse prospettive contrastanti tra loro.

Montagne Saint-Victorine, Paul Cezanne

«Bisogna trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni parte di un oggetto, di un piano, sia diretta verso un punto centrale. Le linee parallele all’orizzonte esprimono la larghezza, che è un aspetto della natura, o se preferite dello spettacolo che il Pater Omnipotens Aeterne Deus dispiega davanti ai vostri occhi. Le linee perpendicolari all’orizzonte rappresentano la profondità. Per noi uomini la natura è più in profondità che in superficie; di qui la necessità d’introdurre nelle nostre vibrazioni luminose, rappresentate dai rossi e dai gialli, una certa dose di toni blu per far sentire l’aria»

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