Riscaldamento globale significa incremento graduale della temperatura media dell’atmosfera e degli oceani della Terra. Mutamento importante se si considera che potrebbe cambiare in modo permanente il clima sul quale tutte le creature viventi fanno affidamento. La temperatura media del pianeta si è alzata di 0,7 gradi rispetto alla fine dell’800, variazione che si sentire e difficilmente si spiega alla luce dei meccanismi naturali.

0,2 gradi in più a decennio: è la stima di Greenpeace sull’aumento della temperatura in base ai ritmi attuali. Se così fosse alla fine del ventunesimo secolo, la temperatura potrebbe aumentare fino a 4 gradi. Un tale riscaldamento non passerebbe ovviamente inosservato, comporterebbe lo sconvolgimento del clima e la conseguente estinzione di molte specie animali e vegetali: quanto questa selezione sia “naturale” è tutto da stabilirsi. Prospettive catastrofiche? Sicuramente, ma come dice il proverbio meglio prevenire che curare.

Negli ultimi anni il tema del riscaldamento globale è stato oggetto di dibattiti un po’ in ogni campo, passando da essere l’argomento di una chiacchierata al bar a quello di una disputa tra politici. In ogni caso le questioni più spinose riguardano le colpe dell’uomo sul fenomeno e cosa fare per risolvere il problema. Sembra che il pianeta abbia la “febbre”: i segnali si registrano in tutto il mondo, non solo si vedono nell’aumento della temperatura media, ma anche nell’innalzamento del livello dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacciai e delle banchise, nella diversa distribuzione delle precipitazioni e nelle migrazioni degli animali. Tra le cause che saltano più all’occhio c’è l’aumento negli ultimi 50 anni delle emissioni di CO2 e altri gas serra rilasciati dall’utilizzo di combustibili fossili, la deforestazione e altre attività umane.

Ovviamente gli scienziati non possono guardare i termometri per vedere la temperatura di migliaia di anni fa, ma gli “addetti ai lavori” dispongono comunque di alcuni metodi per stimarla: alberi, laghi e oceani nascondono informazioni preziose e spesso sono la chiave per la comprensione di come fosse il clima nel passato. Ogni albero – alcuni sono secolari – cresce di anno in anno e il suo tronco diventa più largo formando nuovi anelli: più l’anno è umido più il rispettivo anello sarà spesso. I ricercatori ricavano dati utili anche dall’analisi dei sedimenti (formati da pollini, particelle e organismi morti) sui fondali.

Ma se il pianeta si stesse scaldando proprio a causa dell’uomo, può esso stesso salvarlo? Uno degli obbiettivi per arginare il fenomeno del riscaldamento globale è la stabilizzazione della concentrazione di gas serra (in inglese GHG) a 450-500 parti per milione. Dal 4 novembre 2016 è in vigore il Trattato di Parigi, ovvero l’accordo internazionale sul clima del dicembre 2015. 74 su 197 dei paesi che partecipano alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico vi hanno aderito: cercheranno infatti di limitare le emissioni di GHG – come anidride carbonica, ossidi di azoto e metano. Non tutti sono convinti che questa soluzione possa essere efficace. Alcuni climatologi, tra cui l’ex ricercatore Nasa James Hansen, ritengono questi sforzi poco incisivi e ritengono – a patto di usare sempre meno i combustibili fossili – più adeguate le cosiddette “emissioni negative”, cioè il riassorbimento del gas serra attraverso la fotosintesi nelle piante, foreste e nel plancton marino.

Nel suo piccolo l’individuo non rimane insignificante. Per limitare ogni forma di spreco e inquinamento si comincia infatti dalle piccole cose: sostituire le lampadine a incandescenza con lampadine fluorescenti, installare un termostato programmabile e alzarlo di 2 gradi in estate e abbassarlo di 2 in inverno, scegliere apparecchiature a basso consumo energetico, adottare una mobilità che favorisca l’uso di biciclette e mezzi pubblici…

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