Da poco meno di un secolo viaggiamo in lungo e in largo con la fantasia immaginando, quasi sperando, che davvero possano esistere degli esserini grigi dagli occhi spalancati e dall’enorme testa simile a quella di un polpo pronti a conquistare il pianeta Terra a bordo di buffi dischi volanti, armati di fucili laser. Questo perché più la nostra prospettiva dell’universo si allarga grazie al progresso tecnologico e scientifico, più ci sentiamo degli insulsi granelli di sabbia, chiedendoci come sia possibile che in un mondo di proporzioni incredibili come il nostro gli unici presenti siamo noi, sbucati fuori un po’ per caso.

I ricercatori da tutto il mondo continuano ad ostinarsi cercando all’infuori del sistema solare un pianeta il più simile possibile alla Terra, a caccia delle condizioni perfette per permettere, oppure che hanno permesso, la nascita e la persistenza della vita. Si parla di condizioni atmosferiche e superficiali ottimali, la presenza di acqua in qualsiasi stato della materia e, infine, una distanza media del pianeta dalla stella intorno alla quale orbita che possa garantire temperature vivibili. Non è un gioco da ragazzi, ma da qualche anno la NASA continua a non scoraggiarsi dando in pasto a telescopi astronomici talentuosi come il TESS decine e decine di pianeti candidati, cercando le variabili perfette. Se stessimo facendo un passo più lungo della gamba? Se il nostro presupposto della vita fosse sbagliato, sarebbero allora necessarie queste condizioni per l’origine della vita?

Queste le domande che si sono posti i fisici Luis Anchordoqui e Eugene Chudnovsky della City University di New York approfondendo in una ricerca che avanza un’ipotesi azzardata quanto audace: la vita potrebbe nascere, evolvere e prosperare all’interno delle stelle. Prima di formulare una teoria del genere, i due studiosi hanno fatto un passo indietro per riflettere sul concetto stesso di vita a livello scientifico, considerandola come un’informazione con la capacità di autoreplicarsi nel tempo. Trovandosi d’accordo su questa definizione, secondo i due astrofisici newyorkesi, la vita all’interno di una stella potrebbe nascere a partire da particelle monopolari legate da stringhe cosmiche. Di cosa si tratta?

Nate insieme alla String theory, una teoria del tutto che fa convergere meccanica quantistica con la relatività generale, le stringhe cosmiche sono configurazioni di energia che si ipotizza siano la conseguenza del raffreddamento fin troppo veloce dell’universo dopo il Big Bang. Le dimensioni sono semplicemente inimmaginabili: la lunghezza potrebbe avvicinarsi al diametro di un’intera galassia, ma, viceversa, lo spessore non supererebbe neanche quello di un atomo.

La stringa catturata da una stella, a causa della turbolenza all’interno di quest’ultima, si allunga formando delle reti per poi dare via ad una sequenza di duplicazione molto simile a quella del DNA, alimentandosi tramite il processo di fusione nucleare: grazie ad una forza talmente potente da vincere la repulsione elettromagnetica, due nuclei di atomi si uniscono tra loro dando vita ad un nuovo elemento. Il risultato sarà un nucleo con massa complessiva minore rispetto alla somma dei due reagenti, questo perché la quantità persa nel processo si è trasformata in un esorbitante ammontare di energia, come teorizzato da Albert Einstein nella sua teoria della relatività, racchiudendo il tutto nella famosa formula E=mc2.

Un singolo esemplare di questa “specie” durerebbe ben poco, ma questa semplice quanto non banale concezione della vita dei due ricercatori necessita più che di un’esistenza longeva del singolo, di un’efficiente replicazione: prima che svanisca è fondamentale che questa scintilla ne generi altre, il maggior numero possibile. Continuando a interrogarsi il quesito che è sorto è il seguente: una forma di vita del genere potrebbe essere la causa del raffreddamento precoce nel corso della vita di una stella? Infine si chiedono i due, puntando ancora più in alto: potrebbe nascere una forma primitiva di intelligenza durante un lungo percorso evolutivo di continue replicazioni delle stringhe?

E così quella che potrebbe sembrare fantascienza in pillole ai molti, agli occhi dei ricercatori appare come una mappa del tesoro: il punto di partenza sono quelle stelle che cominciano a spegnersi in maniera anomala, in anticipo rispetto alla tabella di marcia; la x rossa affiancata da un baule grondante di dobloni e gioielli corrisponde alla scoperta della vita extraterrestre, in una forma che non avremmo mai immaginato. Non è chiaro se alla fine dell’arcobaleno sia presente un’enorme pentola piena d’oro, ciò che è certo è che la storia ci ha insegnato a puntare sulle idee coraggiose condite con un pizzico di follia, perché la realtà riuscirà sempre a superare la fantascienza.

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