“essere il primo nero a far qualcosa, in qualunque ambito, è un cammino solitario”.

Così il sette volte campione del mondo, Lewis Hamilton, sta riscrivendo la storia della Formula 1. Appassionato di automobilismo sin da bambino, il padre Anthony decide di regalargli il primo kart nel Natale del 1992. Lewis, a soli sei anni, è entusiasta: un pezzo di antiquariato a cui tiene più della sua stessa vita. Il papà lavora giorno e notte per sostenere la sua famiglia: immigrato in Inghilterra da Grenada, cresce i figli da solo. Lewis conosce il dolore, la sofferenza anche a causa della malattia cerebrale del fratello Nicolas, a cui Hamilton è molto affezionato.

All’età di soli 14 anni, Lewis si fa notare sui kart e così Ron Dennis, team principal della McLaren, che ben presto ne intuisce il grandioso talento, lo inserisce nel programma per giovani piloti del suo team. Dopo aver ottenuto il titolo di campione europeo nel 2003 in Formula Renault, nel 2005 approda alla Gp2, prendendo il posto di Nico Rosberg, il campione uscente, nonché futuro compagno di squadra in Mercedes. Ancora una volta vittorioso, il primo novembre del 2006 viene ingaggiato dalla McLaren in Formula 1 per la stagione successiva a fianco di Fernando Alonso. Alla fine del 2012, dopo aver ottenuto un titolo mondiale nel 2008 in un’epica battaglia contro la Ferrari di Felipe Massa, avviene il passaggio alla Mercedes, molto contestato in quanto avrebbe lasciato il team che l’ha lanciato e di grande prestigio come la McLaren, per passare ad un team da poco in Formula 1, come quello tedesco; però da allora la carriera di Hamilton non si è più fermata. Lewis ha conquistato infatti ben 6 titoli mondiali con la sua attuale scuderia; nel 2014, nel 2015 e dal 2017 al 2020 è un susseguirsi di vittorie, grazie anche al grandissimo lavoro svolto da Niki Lauda e Toto Wolf. Il 15 novembre 2020, pochi giorni fa, Hamilton ha conquistato il suo settimo titolo eguagliando così Micheal Shumacher e superandolo nel numero di vittorie.

Da bambino sognavo che un giorno ce l’avrei fatta a correre. Ma quando guardavo i Gp in tv, restando esaltato da Schumacher, anche solo pensare di approdare in F1 era un obiettivo enorme. Aver conquistato tutti questi Mondiali ed essere nella posizione di continuare a vincere va oltre i miei sogni”, dichiara Lewis emozionato dopo la vittoria in Turchia, riuscendo così ad eguagliare la leggenda Michael Schumacher.

Due esempi dello sport e non solo, ma estremamente diversi. Schumi, portato a suggerire soluzioni ai tecnici del suo team, ma spesso collerico e in gara estremamente aggressivo. Lewis, freddo e distaccato, ma corretto e razionale in ogni situazione, anche di fronte a quelle più complicate. Sicuramente molto simili nella precisione, lucidità, concentrazione, sul bagnato non hanno eguali, ma soprattutto sono spietati in pista, non mollano un centimetro e quando hanno la visiera abbassata e vedono l’avversario in difficoltà non esitano un attimo ad attaccarlo, fare paragoni è molto difficile, ma una cosa è certa: sono entrambi due leggende di questo bellissimo sport. Lewis dimostra in ogni occasione un’originalità fuori dal comune oltre che nello sport, anche nella vita privata.

Essendo molto religioso, si è fatto tatuare molte raffigurazioni sacre sul corpo e una di queste sulla schiena recita così: “Rise above it, no matter what life throws at you. And also, you know, Jesus rose from the grave” (Alzati, qualsiasi cosa la vita ti riservi. Infondo anche Gesù si è alzato dalla tomba). Proprio nel 2008 con la McLaren, Lewis fu vittima di striscioni razzisti e magliette offensive per il colore della sua pelle, esibiti dalla tifoseria del suo ex compagno di gara Fernando Alonso e in seguito a questo episodio la F.I.A (Federazione Internazionale dell’Automobile) dette vita ad una campagna contro il razzismo denominata “Racing Against Racism”. Forse fu proprio questo episodio che provocò in lui una voglia di riscatto e di urlare al mondo che tutti gli esseri umani di qualsiasi colore sono uguali davanti a Dio.

Dopo l’uccisione dell’afroamericano George Floyd avvenuta nel maggio scorso durante un fermo da parte di un poliziotto, Lewis si è unito e ha sostenuto il movimento “Black Lives Matter” manifestando in piazza a Londra insieme a migliaia di cittadini ed indossando magliette con scritte antirazziste che poi ha indossato sui vari podi.

Si tratta di un movimento di protesta americano nato per contrastare il razzismo e le prevaricazioni della polizia sulla popolazione afroamericana. Di questo movimento Lewis è diventato un convinto sostenitore e proprio dopo l’episodio di Floyd, nell’ambiente della F1, ha cercato di smuovere più coscienze possibili, ma non senza difficoltà, poiché a suo dire molti hanno preferito non prendere posizione e addirittura voltarsi dall’altra parte. Dopo essersi dichiarato deluso e arrabbiato per questo tipo di reazione, ha avuto invece l’appoggio ed il sostegno di alcuni suoi colleghi come Giovinazzi, Leclerc, Russel e Norris. Da quel momento, più di una volta prima della partenza, i piloti hanno intrapreso una sorta di protesta silenziosa e pacifica inginocchiandosi in segno di rispetto e solidarietà alle vittime. Ovviamente la cosa ha suscitato qualche polemica da parte della F.I.A che però non ha ritenuto necessario prendere provvedimenti in merito.  

Ciò che rende Hamilton un personaggio unico è proprio l’esporsi senza aver timore di essere criticato e giudicato, mettendoci la faccia pur di far sentire a tutti i costi la propria voce. Lewis ha dichiarato infatti che “i successi in pista sono sì importanti, ma le battaglie fuori dalla pista contro il razzismo e le disuguaglianze non sono situazioni che si possono paragonare”.

Quando i semafori rossi dello start si spengono e i motori urlano, non sento più nulla, come se scendesse il silenzio.

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