L’aborto torna a dividere e ad agitare: quello che in molti paesi è un diritto acquisito, anche se magari non incontestato, è stato messo in discussione da proposte di legge in alcuni stati, anche in Europa, tra cui la Polonia. Negli anni ’90, dopo la caduta del Comunismo, grandi proteste avevano dato vita ad una legge che, se pur restrittiva, regolamentava l’interruzione di gravidanza e stabiliva il diritto di abortire fino alla venticinquesima settimana solo in caso di pericolo di vita della madre, stupro o grave malformazione del feto. Un nuovo testo, già approvato ad un primo esame parlamentare a fine novembre 2020, renderebbe in pratica illegale in questo paese la possibilità di abortire, con pene detentive fino a cinque anni per le donne e tre per i medici. Più precisamente, una sentenza della Corte Costituzionale ha ora affermato che che gli aborti in caso di anomalie fetali sono “incompatibili” con la costituzione. Significa che tutti gli aborti in Polonia saranno ora vietati tranne nei casi di stupro e incesto e quando la vita o la salute della madre sono considerate a rischio. Per questo motivo le donne hanno iniziato a protestare con manifestazioni in tutte le città accompagnate dalle bandiere con il fulmine rosso, simbolo del movimento spontaneo Stajk Kobiet (sciopero delle donne) contro il governo guidato dal partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) vicino agli ambienti ultra cattolici e nazionalisti polacchi. Fino alla fine di gennaio 2021 la proposta di legge sembrava ferma in Parlamento, ma dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è entrata in vigore. Migliaia di donne, e non solo, sono scese in piazza con striscioni, bandiere e fumogeni sfilando pacificamente, nonostante qualche scontro con la polizia e gruppi di ultra destra, davanti al quartier generale del PiS e scandendo slogan contro il governo. Quelli più significativi ed eloquenti sono stati “Il mio corpo, la mia scelta”, “Penso, sento, decido”. Klementyna Suchanow, una delle leader del movimento insieme a Marta Lempart, è stata arrestata con altre attiviste con l’accusa di aver invaso lo spazio antistante la Corte Costituzionale durante le manifestazioni. Le organizzazioni femminili stimano che oltre 200.000 aborti vengano effettuati illegalmente o all’estero in Paesi come Germania, Slovacchia o Repubblica Ceca, con rischi per la salute delle donne e sforzi economici non indifferenti. Inoltre, in molti ospedali si pratica l’obiezione di coscienza, (cosa che tra l’altro si verifica anche in Italia). Attualmente, forti anche del successo perseguito in Argentina, dove è stata appena approvata una legge che legalizza l’aborto dopo innumerevoli proteste di piazza, le donne polacche hanno iniziato a muoversi con la fondazione di un Comitato Promotore che raccoglie gruppi anche molto diversi fra loro per età ed estrazione politica. Sulla vicenda nel novembre scorso è intervenuto anche il Parlamento Europeo, affermando in una risoluzione che rendere illegale l’aborto nei casi di gravi e irreversibili malformazioni fetali “mette a rischio la salute e la vita delle donne”, poiché la maggior parte degli aborti legali in Polonia, fino al 96 per cento, viene praticata per queste ragioni. In un dibattito che si terrà oggi al Parlamento Europeo, l’assemblea dovrebbe condannare la risoluzione della corte costituzionale polacca ed esprimere solidarietà ai manifestanti.

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