È avvenuta il 23 maggio a Stresa sulla montagna del Mottarone, in Verbania, la tragedia che ha colpito 15 persone, di cui 14 hanno perso la vita, ed un bambino versa in condizioni gravissime. Il bambino di cinque anni al momento è l’unico superstite. Lo stesso ha perso i genitori e il fratellino e adesso sta lottando per sopravvivere all’ospedale Regina Margherita di Torino; forse ad attenuare lo schianto ed a salvare la vita del bimbo è stato l’abbraccio del padre, come affermano i medici dell’ospedale in cui si trova ricoverato in prognosi riservata. La situazione è apparsa da subito molto grave. Il piccolo è arrivato cosciente, ma con diversi traumi e fratture. È stato sottoposto ad un’operazione per stabilizzare le fratture, con un intervento durato diverse ore. 

La funivia aveva quasi concluso la corsa, erano pochi i metri che mancavano all’arrivo. D’un tratto un primo boato, udito da testimoni oculari, uno sfregamento rumoroso, dovuto probabilmente al rotolamento della cabinovia, dopo lo schianto a terra, da un’altezza di circa 15 metri e poi giù lungo il pendio della montagna. Ancora un ennesimo boato, che ha segnato la fine di tante vite innocenti contro gli alberi del bosco sottostante.

È un po’ presto per dare delle spiegazioni sulla dinamica: quello che abbiamo constatato è che un cavo di acciaio – dovrebbe essere il cavo portante della cabinovia – si è staccato e a seguito di questo saranno successe azioni concatenanti che hanno portato allo sgancio della cabinovia dal resto dei cavi che sono rimasti integri” questo è ciò che per ora afferma Giorgio Santacroce, tenente colonnello del Nucleo operativo dei carabinieri di Verbania, intervenuto sul luogo dell’incidente. L’impianto è stato posto sotto sequestro e per ora si procede per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose, come ci dice il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi.

L’unica colpa dei passeggeri? Essersi concessi una giornata di svago, di relax in compagnia dei propri cari, delle proprie famiglie, in occasione della prima settimana di riapertura dopo il lungo periodo invernale legato alla pandemia da SARS-COVID19. Ed ora come al solito rimangono in piedi le ipotesi, in merito alle cause che hanno prodotto la tragedia. Certo è che, nel nostro paese, sempre più di frequente avvengono fatti quasi inspiegabili, per la gente comune: ponti che collassano su se stessi, strade che si aprono dopo temporali, ed ora cavi di acciaio che si spezzano e cabinovie che volano nel vuoto. Tutto questo ha sempre lo stesso comune denominatore; da un lato probabilmente la mancata manutenzione delle strutture e dall’altro la perdita di innumerevoli vite umane innocenti.

La domanda che sorge spontanea è una: ma dagli errori non si dovrebbe imparare? Sembra quasi che nel nostro paese sia sempre tutto giustificabile con uno scarica barile che a conti fatti non trova mai dei responsabili o quantomeno nessuno che paghi mai per l’esatta responsabilità del ruolo e delle decisioni prese.

Forse sarebbe il momento di cambiare rotta. Che queste anime innocenti possano trovare pace ed i loro cari avere giustizia in tempi brevi. Questa giustizia non gli ridarà indietro i loro affetti, ma quantomeno calmerà quel dolore incolmabile che queste tragedie provocano nei famigliari delle vittime, soprattutto a fronte di domande che molto probabilmente non avranno mai risposte, se non parziali e carenti di quel calore che solo l’affetto umano è in grado di dare.    

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