La Corte d’Assise d’Appello conferma la condanna a 22 anni di carcere del 48enne di San Calogero Antonio Portoriero, difeso dagli avvocati Francesco Muzzopappa e Salvatore Staiano, per l’omicidio volontario del giovane Soumaila Sacko avvenuto il 2 giugno 2018 (come era stato deciso in primo grado di giudizio nel novembre 2020). Proprio 4 anni fa egli ha ucciso Sacko, sindacalista dell’Usb e la cosa più scioccante è stata la brutalità dell’atto. Per l’agricoltore Pontoriero, i terreni pieni di rottami e inquinati dai veleni della Fornace (ex fabbrica da tempo sotto custodia dello Stato) erano di sua proprietà. Ovviamente insieme alla famiglia, occupava questa zona e un casolare senza averne alcun titolo e abusivamente. E come se non bastasse sosteneva inoltre che nessuno dei cosiddetti “niri“, i braccianti africani della Piana di Gioia Tauro, si dovesse azzardare ad entrare o portar via qualche pezzo di lamiera, utile per costruire una baracca di fortuna nel vecchio ghetto di San Ferdinando

Quel fatidico giorno erano in tre: Soumaila e altri due amici. Pontoriero li ha visti, ha preso un fucile, pur non avendo il diritto di possederlo e men che meno di utilizzarlo, ha preso la mira e ha sparato come in una battuta di caccia. Nell’intento di prendere delle lamiere di alluminio, Soumaila (bracciante di Mali) è stato colpito alla testa ed è morto in seguito a una lunga agonia di 5 ore dopo essere stato trasportato nell’ospedale di Reggio Calabria. La cosa che più spaventa, è che l’omicida ha sparato per uccidere, e non con uno, ma con ben quattro colpi: un atto concepito proprio come punizione per la vittima per essere entrato nel “suo” territorio. Sono stati gli amici Drame Madiheri e Fofana Madoufoune a raccontare tutto quanto. Il primo ha corso oltre dieci chilometri per raggiungere la prima stazione dei carabinieri e raccontare l’accaduto, mentre il secondo, ferito di striscio, è rimasto a vegliare il cadavere dell’amico.  “L’azione del Pontoriero non si è fermata nemmeno dopo che Soumaila Sacko era caduto a terra colpito al capo. Tanto a dimostrazione dell’assoluta accettazione, nella rappresentazione e volizione del soggetto agente, dell’evento morte quale possibile conseguenza della sua azione. La cartuccia a pallettoni era per struttura letale e se lo scopo fosse stato quello di una mera intimidazione sarebbe stato sufficiente dirigere i colpi verso l’alto, come invece non era stato”. Le testimonianze dei compagni sono state fondamentali per risalire all’assassino e incastrarlo: le prove erano a dir poco schiaccianti. Davanti alla casa del 48enne, i carabinieri hanno trovato l’auto descritta dai testimoni, una Panda bianca vecchio modello, con targa Aw. In casa, nella lavatrice sono stati rinvenuti la maglia nera e i pantaloni grigi descritti dai presenti. Per non parlare poi della presenza di polvere da sparo, delle prove balistiche e delle intercettazioni.

Dopo il delitto, il presidente della Camera, Roberto Fico, è arrivato in Calabria per fare le condoglianze ai compagni di Soumaila, la cui salma è stata consegnata alla sua famiglia. Pochi giorni prima, in Senato, era stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a ricordarlo: “Era uno tra i mille braccianti, con regolare permesso di soggiorno, che tutti i giorni in questo Paese si recano al lavoro in condizioni che si collocano al di sotto della soglia di dignità”. In primo grado, la Corte non ha avuto alcun dubbio o incertezza nel pronunciare una sentenza di condanna sia per l’omicidio sia per la detenzione illegale di armi da fuoco sia per l’occupazione abusiva di un luogo di proprietà dello stato: “Quella di Pontoriero è una volontà omicida indiscutibile”. L’imputato non è stato riconosciuto meritevole nemmeno della concessione di circostanze attenuanti generiche ed è stato ufficialmente condannato ad una pena di 21 anni di carcere per l’omicidio, 8 mesi per il porto illegale in luogo pubblico del fucile e altri 4 per il reato di detenzione illegale d’arma: un totale di 22 anni di reclusione. La Corte, confermando la sentenza di primo grado, ha quindi accolto la richiesta dell’accusa e degli avvocati Arturo Salerni e Mario Angelelli in rappresentanza delle parti civili, i familiari di Soumaila e l’Unione Sindacale di Base (Usb). Dall’altra parte Gianmichele Bosco, che ha egregiamente sostituito Salerni e Angelelli impegnati in Sud America, continuerà ad impegnarsi affinché sia definitivamente fatta giustizia per Soumaila Sacko, dal momento che la difesa di Pontoriero ha preannunciato ricorso per Cassazione.  

Questo è un omicidio terribile che ha provocato molta indignazione in tutta Italia per la sua brutalità, ma al momento possiamo dire che verrà fatta giustizia per Soumaila, padre oltretutto di una bambina di cinque anni e uomo rispettabile. 

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