Tutti gli appassionati di calcio e di sport che al giorno d’oggi leggono o sentono parlare di Christian Eriksen ripensano al malore che lo ha colpito durante una partita degli ultimi europei di calcio. Era il 12 Giugno del 2021 quando durante la partita Danimarca-Finlandia, al minuto 43, l’infarto che ha colpito Eriksen ha scosso il mondo dello sport e non solo. Christian Eriksen, ex calciatore dell’Inter e ad ora in forza al Brentford in Premier League, viene ricordato oltre che per le sue immense qualità tecnico-tattiche soprattutto per il dramma che lo ha colpito la scorsa estate. Questo malore, dal quale si è ripreso a pieno, ha scosso il mondo della medicina dello sport, ma non tutti la pensano allo stesso modo.

VISITA MEDICO-SPORTIVA AGONISTICA

Nel calcio come in quasi tutti gli sport, una volta raggiunto il livello agonistico, gli atleti vengono sottoposti a controlli solitamente annuali che mirano ad assicurare la salute dell’atleta, per prevenire malori imprevisti. Le visite medico-sportive effettuate dagli atleti periodicamente sono incentrate nel riscontrare problemi che possano pregiudicare la salute dell’atleta prima, durante e dopo lo sforzo compiuto nello sport. La visita non assicura l’incolumità dell’atleta, ma una buona visita esclude i malori che si possono prevenire, poi lo sappiamo gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo. La visita medico-sportiva classica è composta da spirometria, elettrocardiogramma sotto sforzo, test visivo e l’esame delle urine. Grazie a questi 4 “esami” si cerca di salvaguardare per quanto possibile la salute dell’atleta. In particolare con la prova spirometrica e l’elettrocardiogramma sotto sforzo, analizzando cuore e polmoni si cercano anche piccole imperfezioni che con il tempo potrebbero pregiudicare la salute dell’atleta.

Quanto successo a Eriksen non è una novità, basti pensare a Davide Astori e a Piermario Morosini, morti entrambi per un arresto cardiaco. Il capitano della Fiorentina venne trovato morto nella sua stanza in Hotel a Udine prima della partita contro l’Udinese. La scena del malore in campo di Morosini invece è stampata nella mente di tutti gli sportivi, uno degli episodi più drammatici di sempre. La morte di quest’ultimo ha per esempio comportato l’obbligo per i campi sportivi di avere almeno un defibrillatore nella struttura da usarsi in questi casi e anche la moltitudine di corsi per persone comune sull’utilizzo del defibrillatore. Ad oggi persino nelle scuole si istruiscono i ragazzi all’utilizzo di questi strumenti “salva vita”.

Il caso del capitano della nazionale danese non ha scosso solo il mondo della medicina-sportiva per quanto concerne la prevenzione e il soccorso in caso di arresto cardiaco ma data la sua guarigione ci siamo iniziati ad interrogare sul rientro in campo di questi atleti. Molti cardiologi hanno dato una loro opinione sul caso di Eriksen, per molti purtroppo non si sarebbe potuto prevenire quanto accaduto. L’arresto cardiaco che ha colpito Eriksen ha obbligato i chirurghi ad operare il cuore del calciatore in particolare inserendo un defibrillatore interno sotto pelle, questo ha il compito di fornire una scossa istantanea al cuore in caso di un ulteriore arresto. Eriksen adesso convive con un salva vita sotto pelle. Per quanto riguarda la vita quotidiana, il defibrillatore interno installato ad Eriksen rende solo la vita del calciatore più sicura, ma cosa comporta l’innesto di questo defibrillatore al calciatore danese? Dipende da nazione a nazione, su questo aspetto la medicina mondiale è ancora molto frammentaria.

PERCHE’ ERIKSEN NON PUO’ GIOCARE IN ITALIA MA IN INGHILTERRA SI?

L’arresto cardiaco che ha colpito Eriksen in occasione del match d’esordio di Euro 2020, ha costretto i medici ad impiantargli un dispositivo ICD, ovvero un defibrillatore cardioverter impiantabile. Si tratta di una sorta di peacemaker che è un vero e proprio “angelo custode” per il calciatore: uno stimolatore cardiaco che interviene in caso di nuovo cortocircuito legato ad una fibrillazione ventricolare. È quanto accaduto per esempio ad un collega di Eriksen Daley, Blind, che però una volta ha rischiato anche grosso a causa dello spegnimento improvviso del dispositivo durante un match.

La necessità da parte di Christian Eriksen di ricorrere al defibrillatore sottocutaneo ha di fatto spento le speranze di un possibile ritorno in campo in Italia, con la successiva e fisiologica conclusione della sua avventura con la maglia dell’Inter. In Italia infatti il calciatore non può giocare con un ICD, in base a quanto stabilito dal Comitato Organizzativo Cardiologico per l’idoneità allo Sport nel 2017 attraverso l’aggiornamento dei Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico.

Christian Eriksen a inizio anno ha firmato un contratto annuale con il Brentford, club che gli sta permettendo di tornare a giocare a calcio, grazie alle norme sull’ICD valenti in Inghilterra. Per il 29enne si tratta di un ritorno in Premier League dopo le memorabili stagioni con la maglia del Tottenham. Questa volta però per lui le cose sono molto diverse, visto che Eriksen scenderà in campo con un defibrillatore sottocutaneo che interverrà in caso di nuovi problemi cardiaci. Impossibile farne a meno infatti dopo quell’indimenticabile Danimarca-Finlandia del 12 giugno scorso, quando il suo cuore si fermò per quasi un minuto.

Il parere di Roberto Corsetti ed Enrico Castellacci

In sostanza, spiega il cardiologo dello sport Roberto Corsetti, «la nostra normativa sulle visite medico legali sportive non dice nulla di esplicito sui defibrillatori perché nel protocollo la possibilità di competere con un defibrillatore impiantato non è nemmeno contemplata: in Italia non c’è un solo atleta agonista, professionista o meno, che giochi col defibrillatore e questo deve farci riflettere». «In Europa con un defibrillatore impiantato si gioca, anche se i casi sono rarissimi. Ma in Italia siamo molto più attenti e severi nel concedere le idoneità sportive», aggiunge il professor Enrico Castellacci, medico della Nazionale campione del mondo nel 2006 e ora presidente dei medici del calcio. Anche lui ha dubbi sul giocare con un Icd. «Andare in campo con un defibrillatore sottocutaneo espone a rischi. Una pallonata o un contrasto possono mettere fuori uso un meccanismo che con una scossa elettrica interviene in caso di arresto cardiaco».

ANALISI MEDICA APPROFONDITA DEL CASO ERIKSEN

Ma cos’è accaduto al cuore del 29enne trequartista della Danimarca e dell’Inter? “Le immagini mostrano chiaramente che il ragazzo è stato in arresto cardiaco, c’è un video in cui si vede chiaramente il calciatore mentre viene defibrillato, quindi è ampiamente probabile che la causa di questo evento sia stata un’aritmia ventricolare come una tachicardia ventricolare rapida o una fibrillazione ventricolare.
Le condizioni che possono determinare un arresto cardiaco in atleti come Eriksen sono infatti molteplici. Nella maggior parte dei casi il motivo scatenante è una sottostante cardiopatia, che può essere nota o ignota. Se nei soggetti con un’età superiore ai 35 anni tale condizione cardiaca è in molti casi una coronaropatia aterosclerotica, in quelli di età inferiore – come Eriksen appunto – la causa più comune è solitamente un’anomalia cardiovascolare genetica o un’altra condizione acquisita.
Tra le patologie ereditarie con associate anomalie strutturali quelle riscontrate più di frequente sono la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro, la cardiomiopatia dilatativa e la cardiomiopatia ipertrofica ma possono anche essere presenti valvulopatie e aortopatie. Nei pazienti senza anomalie strutturali, invece, le cause genetiche più comuni risultano essere canalopatie quali la sindrome di Brugada, la tachicardia ventricolare poliformica catecolergica, la fibrillazione ventricolare idiopatica o la sindrome del QT lungo. Prendendo in considerazione le condizioni acquisite, invece, in presenza di anomalie strutturali le più frequenti sono la cardiopatia ischemica e la miocardite mentre in caso di cuore strutturalmente sano le cause più frequenti sono la commotio cordis, l’abuso di sostanze e altri fattori ambientali come l’ipotermia o l’ipertermia.

Perché in alcuni atleti si verificano episodi di questo tipo?
“La maggior parte dei soggetti che hanno una cardiomiopatia a rischio viene intercettata con le visite mediche”, spiega il cardiologo Alessandro Zorzi, co-chairman dell’Area Arresto cardiaco extraospedaliero della Associazione Italiana di aritmologia e cardiostimolazione. 1) Il nostro Paese, in particolare, è decisamente all’avanguardia in termini di prevenzione della morte cardiaca improvvisa negli atleti. In Italia vige infatti uno dei sistemi di screening più accurati del mondo, che non si limita agli atleti professionisti ma coinvolge anche chi fa attività sportiva a livello dilettantistico. “Non a caso negli ambulatori dove ci occupiamo di cardiopatie genetiche uno dei fattori principali che permette di fare diagnosi è proprio la medicina dello sport“.
“Tuttavia una parte di patologie a rischio di arresto cardiaco e morte improvvisa non sono identificabili con lo screening”. Ad esempio, un soggetto che non mostra alterazioni particolari al momento dello screening potrebbe contrarre successivamente una miocardite in grado di determinare un’instabilità elettrica e un arresto cardiaco. In altri casi, invece, la patologia sottostante non può essere identificata attraverso gli esami previsti dalla visita medica sportiva, come l’elettrocardiogramma da sforzo, ma necessiterebbe di esami più complessi, come la risonanza magnetica cardiaca, che non vengono svolti in sede di screening.
“Le visite medico-sportive riducono di molto il rischio ma non possono azzerarlo”, aggiunge Zorzi. “Bisogna poi ricordare che esiste un quota non irrilevante di arresti cardiaci che si verifica in cuori perfettamente normali. Casi in cui non emergono alterazioni, anche facendo analisi post-evento. Questo dimostra che ci sono aspetti del fenomeno che non sono ancora del tutto chiari”.

Arresto cardiaco extra-ospedaliero: l’importanza di un intervento tempestivo
“La prima cosa da fare è diagnosticare correttamente l’arresto cardiaco – spiega Zorzi – cioè capire che non si tratta di un semplice svenimento”. In casi come l’arresto cardiaco che ha colpito Eriksen, tuttavia, la tempestività costituisce un elemento fondamentale. Le linee guida relative riguardanti queste situazioni sono quindi diventate progressivamente più semplici, con l’obiettivo di ridurre quanto più possibile il tempo che intercorre tra l’arresto cardiaco e il momento in cui si cominciano le manovre rianimatorie.

KJEAR E IL SOCCORSO AL COMPAGNO DI SQUADRA ERIKSEN

Simon Kjear, calciatore del Milan e compagno di nazionale di Christian Eriksen, dopo quanto accaduto a quest’ultimo, viene ricordato come l’eroe di Copenaghen, l’angelo custode di Christian. Kjear è stato il primo a prestare soccorsi al compagno di squadra non che amico Eriksen dopo il malore avuto in campo il 12 giugno scorso. Il pronto intervento del calciatore del Milan è stato fondamentale, assieme all’intervento dei medici della Danimarca, per salvare la vita di Eriksen. Kjear è riuscito non solo ad aiutare il suo compagno che si trovava tra la vita e la morte, ma è anche riuscito a mantenere la calma per assicurarsi di salvaguardare più che il calciatore, l’uomo Christian Eriksen. Lo scudo dei calciatori della Danimarca nei pressi di Christian, capitanati da Kjear, e quest’ultimo che prova a consolare la moglie dell’amico sono due immagini forti e toccanti, degne di un vero leader, di un vero Uomo.

Lo sport ha deciso di rendere omaggio al giocatore con due premi molto significativi: il President’s Award 2021 da parte della Uefa e il Premio intitolato a Davide Astori da parte della Hall of Fame del Calcio Italiano.

  1. https://cardioinfo.it/news/arresto-cardiaco-negli-atleti-cose-successo-a-christian-eriksen/#:~:text=%E2%80%9CLa%20maggior%20parte%20dei%20soggetti,morte%20cardiaca%20improvvisa%20negli%20atleti.
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