Situazione tragica in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, la studentessa 22enne picchiata a morte dalle autorità locali per aver indossato scorrettamente l’hijab, il tradizionale velo islamico, il cui uso è stato imposto direttamente dalla legge del luogo.

Il fatto è avvenuto il 13 settembre, nella città di Teheran, capitale dell’Iran, dove la ragazza abitava e studiava. Secondo le ricostruzioni, Mahsa sarebbe stata fermata proprio per aver indossato male il velo, e, portata nella caserma della Gasht-e Ershad, sede della polizia morale iraniana, che si impegna dal 2005 a far rispettare il codice d’abbigliamento a tutte le donne e uomini islamici, sarebbe stata picchiata violentemente fino a cadere in un profondo coma, che purtroppo è peggiorato con la sua morte dopo solo 3 giorni. Parla il padre, disperato, che, dal momento del decesso della figlia, continua imperterrito ad accusare lo stato iraniano di mentire sulla vicenda. “Non ho potuto vedere il corpo di mia figlia in ospedale perché era tutto avvolto da fasce, ma si vedeva chiaramente che le gambe erano profondamente contuse“. Alla famiglia della ragazza è stato proibito di partecipare all’autopsia: il medico legale non ha fornito spiegazioni per tutti qui lividi. La polizia “E’ stato solo uno sfortunato incidente, dovuto al fatto che la ragazza già accusava in precedenza problemi fisici gravi“.

Mahsa Amini, prima e dopo la violenza

Questa volta il popolo iraniano non rimane impassibile. Negli ultimi giorni e ancora adesso, sono in atto proteste e manifestazioni nelle principali città del paese, con epicentro nel Kurdistan, la provincia natale della povera ragazza. In migliaia sono scesi in strada provocando gravi scompigli alla circolazione a alla vita urbana. Lo scontro con la polizia è durissimo, si contano ad oggi infatti 50 morti, che probabilmente aumenteranno nei prossimi giorni. Nella vicenda assumono un ruolo centrale le donne, che senza paura combattono per la loro causa: circolano su Internet video di giovani ragazze iraniane che strappano e bruciano il proprio velo o che si rasano i capelli, stufe di questa situazione che sembra esser diventata a dir poco imbarazzante. Anche la stampa sembra non aiutare: i giornali locali condannano i cospiratori e chiedono allo stato di non stare ad ascoltare queste sciocchezze, ma piuttosto di cominciare a prendere provvedimenti contro “infedeli e traditori della patria“. La richiesta dei manifestanti è quella di abolire la polizia morale, ma sarà difficile, data la nota posizione conservatrice del presidente del governo siriano Basar al-Assad, che durante la sua carica ha addirittura introdotto regole più restrittive riguardanti l’abbigliamento, installando telecamere dappertutto. E’ intervenuto Ali Khamenei, Guida Suprema dello Stato, “Non bisogna cadere nell’inganno delle potenze occidentali“.

Il popolo mediatico mondiale è tutto a loro supporto, e sembra addirittura che SpaceX, la famosa compagnia con a capo Elon Musk, abbia chiesto al governo americano di esentare l’Iran dalle sanzioni correnti, proprio per aiutare a risolvere la situazione. Sui principali Social Network sono partite campagne fondi e di supporto per tutti quelli che in queste ore sono coinvolti in questa grave situazione. Mahsa è stata proprio la goccia che ha fatto traboccare il vaso: non è il primo caso di violenza giustificata, ricordando appunto Neda Agha Soltan, uccisa durante una manifestazione politica pacifica.

Cambierà qualcosa? Non lo sappiamo di preciso. A fornirci speranza questa volta, come affermato da Masih Alinejad, giornalista e attivista, sono gli uomini che combattono affianco alle proprie donne, come se in molti avessero capito che questa situazione deve cambiare e che le vecchie tradizioni, a volte, vanno abbandonate. Ci auguriamo che tutto questa violenza presto finisca, e che queste morti non siano sprecate, ma che siano un mezzo per arrivare finalmente all’uguaglianza sociale che spetta alle donne perseguitate.

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