Fiumi di inchiostro sono stati versati riguardo scenari mirabolanti o fantascientifici, il cui fascino si trova in buona parte nella loro capacità di rappresentare realtà alternative, per quanto tenebrose (o forse in alcuni casi proprio in quanto tenebrose: un racconto in cui fila tutto liscio e tutti stanno bene, oltre che poco credibile, ha anche una trama scarna).

Chissà se il fascino della fantascienza sussisterebbe se tante delle sue “gufate” si avversassero … questo interrogativo non sembra lontano da una risposta.

In parte anzi sembra che l’umanità si sia già risposta, guidata dal rapido avanzamento tecnologico degli ultimi decenni.

Fantascienza e scienza ormai non si sviluppano più su strade parallele, si influenzano a vicenda, a seguito di grandi scoperte scientifiche. Queste hanno infatti portato alla nascita della bioetica, branca filosofica che tratta la liceità morale di opportunità create artificialmente.

Per esempio, nel 1954 si scoprirono le tecniche di rianimazione, nel 1959 la fecondazione animale in vitro e la pillola anticoncezionale nel 1960.

Nel 1978 nasce il primo essere umano con fecondazione assistita, quaranta anni dopo se ne sono stimati circa 8 milioni.

Col tempo, sembriamo sempre più padroni della vita e della morte.

Il 30 novembre 2022 a Fremont, in California, Elon Musk, cofondatore dell’azienda Neuralink, ha dichiarato che entro sei mesi la società potrà impiantare nei cervelli umani dei chip (anche detti Bci, acronimo di Brain-computer interface). 

Neuralink lavora sulla simbiosi tra umani e intelligenza artificiale dal 2016, e il progetto dei chip nel cervello umano nasce in particolare nel 2019.

Dopo un iniziale rinvio del suo compimento a fine 2020, sembra che ora ci manchi poco.

In particolare i chip che sta sviluppando sono impianti progettati per essere inseriti dal sistema robotico F1 in sostituzione di una porzione della calotta cranica; in seguito all’installazione sarebbero invisibili e rimovibili. La ricarica avverrebbe senza il “classico” caricatore ma appunto in modalità wireless.

Rappresentazione di chip inserito nella calotta cranica

Essi hanno le dimensioni di una moneta e sono composti da conduttori di corrente elettrica (o elettrodi) a basso dispendio energetico. Tramite dei fili dello spessore di un capello i chip si collegano alla corteccia (e in zone più profonde) del cervello. Sono costituiti principalmente da silicio, elemento molto diffuso nella crosta terrestre e capace di far scorrere l’elettricità in modo controllato.

Le funzioni di questo dispositivo sono “leggere” e “tradurre” gli impulsi nervosi che partono dal cervello, per poi riportare la “digitazione telepatica” di parole su un apparecchio connesso, come computer o cellulare. Si progettano dispositivi grazie a cui gli impulsi potrebbero tradursi anche in movimenti attraverso protesi robotiche, o ridare e migliorare la vista con l’intervento in zone cerebrali deputate a tali funzioni.

Il progetto è rivolto specialmente a persone non vedenti o affette da patologie che minano la capacità di parola e movimento.

I dispositivi potrebbero servire alla cura di altre malattie come depressione, autismo, epilessia e Parkinson, sempre tramite chip che agiscono sul cervello ad hoc.

Ma l’ambizione di Neuralink non si ferma nemmeno qui: la memoria umana potrebbe essere copiata come un documento e il chip potrebbe diventare non solo strumento di cura ma anche di potenziamento.

Nel 2020 Elon Musk aveva parlato di una possibile “telepatia” tra persone dotate di tale chip. Egli inoltre sostiene da tempo la necessità di fusione tra intelligenza artificiale e umana, affinché quest’ultima non venga sopraffatta dalla prima, ma possa usarla in una sorta di corsa all’onnipotenza.

Non a caso appoggia il transumanensimo, ideologia che accarezza il progetto del superamento (e presunta ottimizzazione) della condizione umana.

Per il momento però il progetto ha un’incerta proiezione sul futuro in quanto manca dell’approvazione del Food and Drug Administation, ente governativo statunitense che si occupa della sanità alimentare e medica.

Il cofondatore si mostra comunque fiducioso (ottimismo e vendersi bene sono del resto condizioni necessarie a presentare progetti e reclutare i nuovi lavoratori richiesti dall’azienda).

Il gruppo di lavoro di Neuralink non è però il primo a progettare l’integrazione robotica al cervello: la ricerca inizia seriamente nel mondo scientifico da poco più di un decennio. Tutto ciò potrebbe sembrare irreale, ma già altre aziende come Synchron e Onward sono infatti riuscite a integrare dispositivi che restituissero capacità di movimento a persone non l’avevano. Però i progetti presentati da Neuralink sembrano a qualche esperto azzardati, per due motivi: le tempistiche brevi previste, e il problema (per alcuni il conforto) che parte del progetto sembra ancora inattuabile.

Nonostante il cofondatore garantisca la sicurezza dell’installazione, sorgono comunque dubbi: l’inserimento del chip potrebbe provocare infezioni, o il dispositivo stesso surriscaldarsi e danneggiare l’utente? Si rispetteranno comunque le libertà individuali, pur avendo in mano un dispositivo in grado di interpretare, controllare e memorizzare impulsi cerebrali?

Musk afferma la completa sicurezza degli impianti, data l’attenzione che ci si pone, tanto che a suo dire non esiterebbe a fare l’operazione su di sé o uno dei suoi figli.

Nel corso dell’evento ha esposto i progetti e rassicurato il pubblico circa l’affidabilità dei dispositivi, avvalendosi di video dimostrativi. Tali filmati hanno mostrato l’efficacia dei chip su cavie animali. Nel corso delle sperimentazioni, che si protraggono da anni, è stato possibile quasi con esattezza monitorare, prevedere e indurre in tempo reale impulsi nervosi che determinano percezioni sensoriali e movimenti.

Un primate dotato di chip ha digitato con la forza del pensiero le lettere indicate
Sono stati monitorati e indotti gli impulsi nervosi di un suino

Tali sperimentazioni sono costate a Neuralink l’accusa di danno alle cavie per mancate attenzioni al loro benessere, ma l’azienda ha negato tale responsabilità.

Esse permettono di studiare il collegamento tra impulsi nervosi, movimento e sensazioni per capire come intervenire su disfunzioni umane.

È sbalorditivo quanto inquietante sapere che un chip può produrre realtà artificiali e apre ulteriormente lo squarcio di per sé non trascurabile tra la nostra concezione di realtà e quella, se esiste, oggettiva.

Una bramosia pionieristica e incauta potrebbe, anche solo in parte, essere dietro a tali disegni, non (o non solo) nobile filantropia.

Per quanto il fine dello studio sia socialmente importante e apprezzabile, essere in grado di studiare e controllare in modo invasivo un cervello potrebbe portare su una strada molto pericolosa. È vero che qualunque cosa è potenzialmente rischiosa, persino la cioccolata quando assunta con esagerazione! Tuttavia questo nuovo strumento nelle mani sbagliate prostrerebbe l’intera umanità sempre più confusa e condizionata. Quindi freno all’entusiasmo. L’invito è sempre quello di essere circospetti, dialogare con la propria coscienza davanti a scelte che toccano (tamponano!) l’etica in modo così irruento.

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