Let her learn”, “Education is her basic right”, queste sono solo alcune frasi che le donne afghane scese in piazza mostrano in segno di protesta contro i talebani, che hanno vietato loro la possibilità di avere un’istruzione universitaria.

Questa è solo una delle decisioni imposte dal governo afghano a partire da maggio scorso, con l’impedimento alle donne di mostrare il loro volto per andare in onda, con l’imposizione nello stesso mese del burqa anche per passeggiare in pubblico, o con l’iniziale annuncio di riapertura delle scuole, sia maschili che femminili, smentito poco dopo con l’emanazione di un comunicato nel quale si annunciava il rinvio delle riaperture, usando come giustificazione la mancata progettazione di uniformi scolastiche in linea con l’indicazione della Sharia, la legge sacra islamica.

Il divieto di frequentare le Università è dunque una conseguenza della mancata riapertura delle scuole, ed il rischio che la situazione peggiori è sempre più concreto, con la lettera del ministro dell’Economia con la quale i talebani hanno ordinato a tutte le organizzazioni non governative locali e straniere di impedire alle donne dipendenti di recarsi al lavoro. 

Numerose sono state le proteste, e altrettante sono state le repressioni da parte delle autorità, molto spesso violente, alle quali le donne afghane hanno sempre risposto alzando la voce, continuando a scendere in piazza e a manifestare il loro dissenso. Per esempio a Herat, dove le donne afghane hanno dato vita a una delle rarissime proteste che ci sono state da quando i fondamentalisti hanno preso il potere, facendolo però direttamente vicino alla casa del governatore della provincia, dimostrando grande coraggio. 

Anche a Quetta, in Pakistan, alcuni studenti afghani hanno manifestato contro il divieto di frequentare le università, e come dice Abdul Baki, uno degli studenti manifestanti: “Non esiste nazione al mondo che abbia ottenuto o raggiunto qualche traguardo senza l’istruzione, quindi vietare alle ragazze di studiare o non permettere loro di avere accesso all’istruzione è una decisione miserabile

Anche le donne della capitale Kabul non restano indifferenti davanti alla privazione del loro diritto allo studio, con più di una ventina di donne afghane disposte lungo le strade della città armate della loro voce e di striscioni lottando per la loro istruzione, che ha portato all’arresto di almeno cinque manifestanti, usando come motivazione sia degli arresti, sia del divieto di frequentare le università, il mancato rispetto delle regole di abbigliamento attuato da parte delle studentesse.

Altrettanto importante e significativo è stato il gesto di alcuni studenti uomini di un’università di medicina nella città di Nangarhar, i quali, accompagnati dagli applausi delle colleghe, hanno abbandonato le aule dove stavano svolgendo le lezioni per protestare, con alcuni di loro che hanno continuato le proteste anche fuori dall’istituto. 

Questo è solo un ennesimo passo indietro del paese afghano, avvenuto a quasi 3 mesi dall’esame di ammissione all’università sostenuto dalle stesse ragazze che pochi giorni fa hanno visto la loro possibilità di continuare gli studi sfumare a tempo indeterminato, donne che dal ritorno dei talebani al potere sono state gradualmente escluse dalla vita politica, pubblica e ora anche dall’istruzione

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