Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata della Memoria per commemorare e onorare le vittime dell’Olocausto. La Giornata della Memoria è stata istituita il 27 gennaio perché in questo stesso giorno del 1945 le truppe dell’Armata rossa, impegnate nell’offensiva Vistola-Oder in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. La scoperta di questo campo di sterminio e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista. L’apertura dei cancelli di Auschwitz mostrò al mondo intero anche gli strumenti di tortura e di annientamento utilizzati nei lager nazisti.

L’istituzione dei campi di concentramento, come quello di Auschwitz, era la conclusione di un processo molto lungo iniziato qualche anno prima in Germania, e successivamente in Italia: nel 1938 furono istituite in Italia le leggi razziali, ovvero un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi rivolti prevalentemente contro le persone ebree. Queste vergognose imposizioni interessavano tutti i cittadini italiani di fede ebraica, di conseguenza molti settori lavorativi furono colpiti dai nuovi provvedimenti, fra cui anche quello dello sport, e in particolare dello sport più amato dagli italiani: il calcio.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Adam Smulevich, giornalista e saggista, redattore delle Comunità Ebraiche Italiane e autore di saggi, in cui ha approfondito il tema del rapporto che ha legato in quegli anni le leggi antisemite e il mondo del calcio e di come esse lo abbiano influenzato e modificato. I due libri che hanno lo scopo di presentarci questi temi sono Un calcio al razzismo e Presidenti, pubblicati dalla casa editrice Giuntina; questi libri trattano delle leggi razziali del ’38 e altre questioni, attraverso la prospettiva del mondo dello sport.

Lei ha scritto due libri riguardanti le leggi razziali nel calcio, come si è avvicinato a questo mondo?

Mi sono avvicinato a questo mondo per un mio interesse personale, in più ho pensato che potesse essere un punto di vista interessante per capire in un modo innovativo la storia dell’Italia e come le leggi razziali abbiano stravolto il mondo. Tutti i regimi, non solo il fascismo e il nazismo, tendono a usare lo sport per veicolare la propaganda. Questo è successo anche nel 1938, infatti nel periodo che precede quest’anno, c’è stato un uso esasperato della leva propagandistica, ulteriormente fiancheggiata dallo sport. Quegli stessi anni sono stati per il calcio e lo sport italiano molto fortunati, con la vittoria di due Mondiali (nel 1934 e nel 1938) e di un’Olimpiade, alla quale è seguito un rafforzamento ulteriore del regime e l’avvicinamento graduale alla Seconda Guerra Mondiale; sono stati, inoltre, gli anni della svolta razzista del regime, con il suo apice nel 1938 quando si applicarono le leggi razziali, comportando l’esclusione degli ebrei dalle scuole e università, l’inizio della negazione dei diritti e in seguito persino delle vite: dal settembre del 1943, dopo l’occupazione nazista del paese e dopo l’armistizio per la collaborazione con i nazisti.

E ciò come ha coinvolto più specificamente il mondo del calcio?

C’è un nesso ed é tragicamente interessante: in quell’anno della stagione calcistica 1938-1939 ci furono dei grandi protagonisti del pallone di origine ebraica, tra cui gli ungheresi Àrpàd Weisz e Erno Erbstein, i più vincenti della loro epoca. Àrpàd Weisz che ha collezionato tre scudetti, considerato ad oggi un riformatore; Erbstein importante soprattutto in seguito con il Torino. La loro epurazione fu totale: da essere osannati negli stadi vennero poi dimenticati e infine perseguitati. Àrpàd Weisz è una figura riscoperta da Matteo Marani, noto giornalista di Bologna che oggi lavora a Sky Sport e che ha scritto un’eccezionale biografia ricostruendo tutta la sua vita, della quale si era quasi persa ogni informazione fino al suo assassinio ad Auschwitz. E’ stato uno degli allenatori più vincenti del calcio italiano degli anni ‘30: sotto la sua guida nel Bologna e nell’Inter si sono formati molti dei calciatori che poi hanno costituito l’ossatura della Nazionale italiana vincente nei mondiali del 1934 e 1938 di Vittorio Pozzo, e che quindi in qualche maniera avevano contribuito alle vittorie del regime. I presidenti sono spesso figure dimenticate perché si preferisce concentrarsi sui calciatori e sugli allenatori, ma in quell’epoca avevano un ruolo e un carisma particolare. Jaffe, il fondatore del Casale, un insegnante, poi preside dell’istituto tecnico cittadino, costruì dal nulla una squadra portandola a vincere lo scudetto del 1914; anche se quello di allora era un calcio molto meno competitivo resta comunque una favola incredibile, finchè dall’ essere considerato un eroe cittadin, fu messo sempre di più ai margini con le leggi razziali, finendo ad Auschwitz. Anche Renato Sacerdoti ha una storia particolare: uno dei fondatori della Roma, in seguito presidente, era ebreo però era anche fascistissimo, perciò quando uscirono le leggi razziali del 1938 diventarono un paradosso per lui, che lo costrinsero a farsi da parte.

E per quanto riguarda lo sport in generale, come hanno influenzato questo ambito le leggi razziali e come hanno risposto gli sportivi?

Il calcio è diventato una mia passione, ma anche il ciclismo, il pugilato, insomma tutti gli sport che andavano in voga a quei tempi raccontano una pluralità di storie incredibili attraverso cui si possono leggere anche grandi e spesso tragici eventi dell’epoca. L’epurazione fu totale come in qualunque altro ramo: i vertici dello sport di allora, il CONI e la Federcalcio epurarono soci e affiliati ebrei senza esitazione Anche nello sport ci furono quelli non ebrei che reagirono e quelli che non reagirono. Il caso più noto di cui si sa molto è quello di Gino Bartali, ma ci sono numerosi sportivi che decisero di protestare, e molti altri sportivi che decisero di seguire le regole imposte da Mussolini fino all’ultimo istante, raccontare le loro storie è un modo di esporre la storia italiana dell’epoca per avvicinare l’interesse dei giovani.

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