Il 27 agosto 1927 gli anarchici immigrati Bartolomeo Sacco e Nicola Vanzetti vennero giustiziati sulla sedia elettrica con l’accusa di rapina a mano armata e duplice omicidio. I due erano innocenti e, nonostante l’assenza di prove e le varie testimonianze a favore dei due italiani, furono ritenuti colpevoli dal tribunale che ritenne la pena di morte la giusta punizione. Il processo fui ovviamente viziato dal razzismo e dai pregiudizi anti-anarchici degli anni ’20 statunitensi. Nel corso del processo vennero fatte molte manifestazioni a favore dei due che non aiutarono però gli imputati. Soltanto nel 1977, a distanza di 50 anni dalla morte di Sacco e Vanzetti, il caso venne riconosciuto come un’ingiustizia dall’allora governatore del Massachusetts Michael Dukakis. A contribuire al riconoscimento dell’ingiustizia fu il film Sacco e Vanzetti, diretto da Giuliano Montaldo e fatto uscire nelle sale nel 1971. Alla realizzazione del film partecipò Shoshanah Dubiner come aiuto costumista; l’artista americana ha deciso di donare i suoi bozzetti all’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo, dove sono già conservati molti documenti che riguardano i due italiani. Si tratta di un patrimonio davvero notevole: infatti l’artista non si limitava a disegnare gli abiti di scena coerenti al periodo storico, ma ha prodotto centinaia di schizzi di momenti di “vita quotidiana” : la troupe al lavoro, i momenti di pausa degli attori, i loro volti ed espressioni. la pittrice ha anche illustrato il suo metodo per fare i bozzetti dei costumi: tratteggiava il disegno a matita per poi inchiostrare una lastra di vetro per fare una stampa, prima della rifinitura
Ma c’è di più: La Dubiner ha studiato in Italia, nel 1960. per un programma di scambio di studenti con gli Stati Uniti. Più precisamente a Firenze e proprio al nostro liceo, al Leonardo da Vinci. E ci ha fatto un bellissimo regalo: è passata da noi a mostrarci i suoi disegni e i suoi schizzi. Con lei un gruppo di nostri studenti, insieme alla preside Annalisa Savino e ad alcuni docenti ha potuto visionare il film, intrattenersi con lei per rivivere le sue impressioni e le sue sensazioni, guardare i suoi splendidi bozzetti che ci ha consentito di ammirare prima di donarli a Cuneo. Un personaggio davvero straordinario, con cui è stato un piacere parlare ed intervistare.
Durante la registrazione del film, che relazioni si sono create con gli altri artisti?
La relazione più stretta che si è creata è stata quella con il costumista Enrico Sabbatini. È diventato veramente un mio buon amico. Mi piaceva andare a trovarlo a casa sua con la sua famiglia. In realtà, quado l’ho conosciuto, viveva ancora con sua madre, suo padre, sua sorella e suo nipote, una grande famiglia. Lui era una bellissima persona, era molto giocoso, molto intelligente e gentile; era facile stare in sua compagnia. Un’altra persona che non vedete nel film era Gabrielle Meyer, la casa di costumi dalla quale prendevamo i costumi. Quindi sono diventai amica con Gabrielle Meyer e poi con Silvano Ippoligi, il direttore della fotografia. Non ho conosciuto veramente gli attori. Vorrei aver conosciuto Volontè ma ero troppo distante. Lui era davvero straordinario.
Lei era studente in questa scuola; come ci si sente a ritornare qui dopo 63 anni?
Ho pianto. È molto commovente. Sono venuta a Firenze l’anno scorso, era notte ed io ero ferma fuori dalla porta guardando i palazzi. Ho cominciato a piangere. Era molto commovente. Penso ancora che la possibilità per me di venire a Firenze a 16 anni con il mio temperamento artistico mi sia stata data da qualche dea. Capite? Non Dio ma una dea che deve aver detto: “Questa ragazza va a Firenze perché ha bisogno di vedere Michelangelo, Donatello, Da Vinci e tutti i grandi artisti come loro. Quindi è come se qualcuno mi avesse dato questo grande regalo. E quindi ero molto commossa, mi sentivo privilegiata di aver vissuto a Firenze.
L’esperienza in questo liceo ha determinato gran parte della mia vita perché poi dopo sono andata all’università di Padova e poi a Roma dove ho vissuto e lavorato per 3 anni. Quindi la mia vita e stata estremamente connessa con l’Italia. Anche quando parlo italiano, mi sento una persona diversa da quando parlo inglese. Veramente quando parlo italiano mi sento diversa. Sapevo che sarei andata in Italia a causa di Cuneo. Quindi ho pensato: “Bene, se andrò a Firenze tornerò a scuola per incontrare e ringraziare gli studenti. E quindi Annalisa, la vostra preside, ha reso tutto questo possibile. È stato fantastico.
Vorremmo parlare di quando, nel 1977, il caso è stato riconosciuto come un errore giudiziario da parte del governatore del Massachusetts. Pensa che il film abbia influenzato questa scelta?
Io penso di sì. A quel tempo non feci questo collegamento, ma qualcuno mi ha detto che lui vide quel film e che lo impressionò e questo potrebbe averlo spinto a prendere quella decisione. Naturalmente, c’erano molti avvocati in America che stavano combattendo, che avevano visto l’ingiustizia già dall’inizio. Loro lo sapevano in dall’inizio quindi non lasciarono mai il caso. Sono sicura che qualcuno ha sempre lottato per cambiare il verdetto. Sapete, una delle persone che supportava Sacco e Vanzetti era Louis Brandeis. Egli scrisse a proposito di questo caso e diventò un giudice alla corte suprema anni dopo. C’era poi un giovane avvocato che vide l’ingiustizia, lui e un altro legale di cui non ricordo il nome. Ricordate la scena nell’ufficio del governatore dove un uomo entra con tutte le firme e petizioni? E dice che tutte le scuole di legge, Yale, Harvard dicevano: “Dovete liberare queste due persone”.
Un’ultima domanda. Il suo lavoro di pittrice l’ha aiutata nel ruolo?
Potevo immaginare e dipingere tutti i bozzetti, in questo è stato un vantaggio. Penso che quando andai a parlare con Coltellacci e Sabatini, loro abbiano visto che potevo fare i disegni e i costumi; ma i miei dipinti personali, quelli che sono sul mio sito, quelli ispirati alla biologia, , li ho creati molti anni dopo Sacco e Vanzetti. Oggi e da parecchi anni, dipingo solo i soggetti che mi interessano. E non ci faccio soldi da questi. Non guadagno quasi nulla dai miei lavori. È molto difficile vendere arte, ma mi dà un enorme piacere e mi aiuta a pensare, a visualizzare. E quindi sono molto felice. Ora ho 80 anni, non devo lavorare, vivo con poco ma veramente sono molto felice.