Giovanni Pascoli è stato uno dei più importanti poeti italiani, considerato, insieme a Gabriele D’Annunzio, il maggior poeta decadente in Italia. Nato il 31 Dicembre 1855, 168 anni fa, a San Mauro di Romagna in una famiglia benestante, Pascoli era il quarto di 10 figli e, insieme ai fratelli, ricevette una formazione classica presso il collegio degli Scolopiti ad Urbino.

Il 10 agosto 1867, una data conosciuta per la celebre poesia “X agosto”, segnò profondamente il poeta perché questo fu il giorno in cui suo padre, Ruggero Pascoli, venne ucciso da un colpo di fucile mentre stava tornando a casa. Il motivo del delitto rimase oscuro, ed ignoti restarono gli assassini. Quella notte di San Lorenzo in cui il padre morì portò grande sgomento nel poeta e nella famiglia Pascoli, che iniziò ad avere un crollo economico, e insieme ai successivi lutti che la colpirono fu graduale la sua frammentazione. La sorella Maria Pascoli scrisse la biografia del fratello, intitolata “Lungo la vita di Giovanni Pascoli” dove emerge il suo carattere vivace e apparentemente non intaccato dalle disgrazie familiari, anche se nella realtà la volontà di scoprire l’assassino del padre lo perseguitò sempre e l’evento fu per lui un trauma che lasciò profonde conseguenze.

Pascoli si formò al liceo classico e da sempre dimostrò la sua grande forza di volontà nel terminare gli studi liceali e nella scelta di proseguirli all’Università di Bologna, dove si iscrisse grazie a una borsa di studio che gli venne assegnata anche per l’interessamento di Giosuè Carducci.

La sua poetica, nonostante la formazione positivista, si inserisce nel Decadentismo, un movimento artistico-letterario sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento. Gli artisti europei rimasero in larga parte insoddisfatti dal movimento filosofico del Positivismo, basato sulla ricerca scientifica e caratterizzato da un eccessivo razionalismo, e reagiscono cercando temi “irrazionali” e di scandalo. Nelle loro opere viene trattato l’argomento del sogno, del surreale e dell’inspiegabile, dei vizi e dell’esperienza data dalle droghe, ma non solo, perché gli artisti decadenti cercano rifugio nella bellezza, intrinseca a tutte le forme d’arte, dalla classe borghese che trovano opprimente.

La formazione positivista emerge nelle poesie di Pascoli dalla sua particolare attenzione all’utilizzo dei nomi di piante e animali, inoltre, mosse proprio per questo una critica a Giacomo Leopardi per la sua mancata coerenza scientifica ne “Il sabato del villaggio” dove la donzelletta tiene in mano un mazzo di rose e viole, ma questo nella realtà è impossibile per i differenti periodi di fioritura. L’adesione di Pascoli al Decadentismo si denota dalla ricerca dell’ignoto, dal voler comprendere i messaggi che la natura vuole darci, portando questo desiderio nelle sue poesie, ricche di simboli che portano a un abbandono della razionalità e della logica, prediligendo in tal modo una conoscenza prettamente intuitiva.

Pascoli può essere definito come un poeta simbolista e uno dei simboli a lui più cari è quello del “nido”, simbolo della casa, della famiglia, di un luogo sicuro e separato dal mondo esterno, dove si trova una società malvagia. Segnato dai lutti familiari e spaventato dalla morte, il poeta trova un rifugio nella famiglia e nella sua intimità. La madre stessa è il “nido”, in quanto simboleggia la felicità e la spensieratezza tipica dell’infanzia, e l’uscita da esso porta alla scoperta delle paure e della morte. Questo è il simbolo dominante nella poesia “X agosto”, dove paragona suo padre a una rondine che stava tornando al suo nido mentre teneva nel becco il cibo per la sua famiglia, ma non poté mai raggiungere quel nido perché fu uccisa e cadde priva di vita. Il nido è visto come unico posto sicuro, immune alle violenze del mondo esterno del quale suo padre è stato vittima, portando sofferenza alla famiglia che sostentava.

Fondamentale per comprendere la poetica di Pascoli è il suo famoso saggio intitolato “Il fanciullino”, nel quale ci insegna che per cogliere la meraviglia in ciò che ci circonda è necessario che in ogni individuo, anche nell’adulto, sopravviva il “fanciullino”, perché solo i bambini hanno la straordinaria e tenera capacità di meravigliarsi di fronte a tutto ciò che vedono, con una tendenza innata alla conoscenza. Il fanciullino, però, ha una grande  limitazione, ovvero la difficoltà nel comunicare ciò che vede e le sensazioni percepite di fronte alla natura. Solo l’adulto è in grado di esprimere correttamente le proprie idee e sensazioni, ma proprio nell’età adulta scompare la capacità di provare meraviglia di fronte alla natura, l’adulto non riesce più a sentire quella meraviglia provata dal fanciullino dentro di sé. L’unico adulto che riesce a meravigliarsi di fronte alla natura, come un bambino, e capace di trascrivere a parole tali sensazioni è il poeta.

“È dentro di noi un fanciullino che non solo ha brividi […] ma lagrime ancora e tripudi suoi. Quando la nostra età è tuttavia te era egli confonde la sua voce con la nostra… Ma quindi noi cresciamo, ed egli resta piccolo; noi accendiamo negli occhi un nuovo desiderare, ed egli tiene fissa la sua antica serena meraviglia; noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia e sempre il suo tinnulo squillo come di campanello.”

“Il fanciullino”, Giovanni Pascoli

In questo saggio emerge la concezione di Pascoli della poesia, infatti per il poeta, la poesia ha una funzione sociale, ha la capacità di consolare l’uomo dalle sue sofferenze e riesce a far emergere i “fanciullini” presenti in ognuno di noi, rendendoci buoni e allontanandoci dalla violenza caratteristica della società. Anche nei confronti della morte del padre Pascoli non chiederà mai vendetta, ma vuole giustizia perché identifica nell’uccisione del padre il “male del mondo”. Oltre a questo però, il fanciullino è anche “capace di vedere nel buio”, un “nuovo Adamo” che mette il nome alle cose e questo fa del poeta romagnolo un vero e proprio poeta “veggente”, capace di andare oltre il velame delle apparenze ( Novembre, L’Assiuolo, Digitale Purpurea).

La lotta di Pascoli nei confronti del male non è mai violenta, ed è evidente dalla sua posizione di netta opposizione verso la pena di morte e l’ergastolo, ma il poeta cerca di far emergere nelle persone un sentimento di fratellanza e di solidarietà. Tutti siamo vittime del dolore causato da eventi della nostra vita che non possiamo controllare, perciò è necessario fermare il male inflitto da uomo a uomo per unirsi contro le difficoltà che ci presenta la vita.

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