Il 5 aprile è stato presentato dal LeoMagazine, in collaborazione con la Libreria Gioberti, il nuovo libro di Giulio Leoni “Mameli”, scritto in concomitanza con lo sceneggiato recentemente diffuso dalla RAI, presso l’Aula Magna dell’Istituto Salesiano dell’Immacolata. 

La conferenza, coordinata da Elena Faggioli e presentata da Domenico Savini, celebre storico, Matteo Esposito, Ferdinando Gandini, entrambi membri dello staff LM, e dal nostro direttore prof. Domenico Del Nero, inizia con un saluto della preside Annalisa Savino, e successivamente una breve presentazione del libro da parte di Leoni.

L’opera è un romanzo storico, che lo scrittore affronta in un modo un po’ particolare: egli pensa infatti che tale tipo di romanzo non si debba limitare a raccontare i fatti da un punto di vista, appunto, storico, ma che il racconto debba appassionare il lettore. Della vita del protagonista, come accade molto spesso nella storiografia, non conosciamo tutto, ma solo “spezzoni” che creano una rete con innumerevoli spazi vuoti, che lo scrittore deve essere in grado di riempire aggiungendo anche un po’ di sé nella narrazione. La sua storia è, come la definisce Leoni, un quadro divisionista, e lo scrittore è il pittore impressionista che riempie gli spazi.

Prende poi parola Matteo Esposito, dello staff LM nonchè studente universitario della Facoltà di storia, che quindi ci racconta della vita del nostro protagonista Goffredo Mameli in ottica storica.

Mameli è colui che, insieme a un grande gruppo di guerrieri, ha fatto l’Italia. Egli muore a soli 22 anni di setticemia causata da un colpo di arma da fuoco sulla gamba. Alla lettura del libro Esposito si domanda: perché siamo così interessati alle vicende storiche? E a questo suo quesito si risponde affermando che la storia sia fonte dell’identità di un popolo e che avere memoria di essa sia estremamente importante; la storia, quindi, non è fine a se stessa, ma è di tutti noi, e tutti noi ne facciamo parte. Anche Mameli si rende conto di questo e scrive la sua poesia che poi è diventata il nostro inno, musicata da Novaro, piena di riferimenti storici italiani: menziona Publio Cornelio Scipione che nel 202 a Zama sconfigge Annibale, la battaglia di Legnano del 1176, il fiorentino Francesco Ferrucci, e, ancora, il piccolo Balilla. Esposito, in quanto appassionato di storia, accredita allo scrittore la sua abilità di entrare nel vivo della vicenda e renderne partecipe anche chi non ha ricevuto una formazione specifica.

Abbiamo successivamente l’intervento di Ferdinando Gandini che ci racconta il suo punto di vista di giovane studente – redattore.

Mameli e compagni lottavano in nome delle cause a loro vicine, non solo con le armi ma anche con l’arte e la poesia, che in questo caso rappresenta proprio l’inno che tutti noi ora conosciamo. Nonostante la loro giovane età erano pronti a morire per i loro ideali, ma possiamo dire lo stesso delle generazioni moderne? Esse, infatti, sembrano essere più passive, soprattutto se messe a confronto con generazioni poderose come quella di Mameli. La passione non è una virtù persa, ma con il tempo, e l’estrema e minuziosa cautela per la protezione dei giovani, si è atrofizzata. In questo periodo storico i mezzi per trasmettere le proprie idee e parlare apertamente dei problemi correnti ci sono ancora più di prima, e i giovani per fare ciò non avrebbero bisogno di escamotage come quelli utilizzati dai compagni di Mameli, che per diffondere il “Canto degli italiani” si sono trovati obbligati a creare falsi santini e condividerli durante una cerimonia ecclesiastica. Secondo Gandini, sono proprio libri come questi che riaccendono gli animi dei giovani e gli restituiscono consapevolezza della loro importanza e peso nella società.

La conferenza si conclude, quindi, dopoi una accurata esposizione di Domenico Savini e alcune domande per Leoni, che risponde approfondendo la vita privata di Mameli e su come, spesso, la percezione che abbiamo di un personaggio storico possa cambiare dopo una ricerca più approfondita.

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