Fino al 2 ottobre di quest’anno, presso il forte Belvedere a Firenze, si svolgerà la mostra d’arte contemporanea di Jan Fabre, Artista Belga nato in Anversa nel 1958. Terzo di cinque figli, Jan nasce in una famiglia colta e legata all’amore per la letteratura e per l’arte piuttosto che al denaro. Nonostante il padre Ateo, la madre credente e molto superstiziosa riesce comunque a raccontargli storie bibliche, sebbene non riesca a portarlo alla messa. Le forbici a forma di croce che la madre teneva nascoste sotto al tappeto per proteggersi dagli spiriti maligni, infatti, sono un elemento che ritroveremo a volte nelle sue opere. Una volta rimasta vedova, comincerà col ripetere spesso al figlio “ricordati da dove vieni”, come invito a non dimenticare le proprie origini, ma a riconoscerle invece con umiltà e fierezza. Due sono i personaggi che influenzeranno la sua arte, il bandito di Alcatraz Robert Stroud (1890-1963) e il pericolo pubblico Jacques Mesrine (1936-1979). Il desiderio di Robert, ovvero quello di poter misurare le nuvole, servirà come ispirazione all’artista per fare la sua scultura in bronzo “L’uomo che misurava le nuvole”. Jan ricorda la sua inclinazione artistica fin da quando non sapeva nemmeno camminare, ed è per questo che i genitori lo manderanno all’Istituto municipale delle arti decorative, e non alla Reale accademia di belle arti, in quanto troppo costosa. Qui si manifesta la determinazione di Jan, poiché, dopo aver imparato a procurarsi dei soldi da solo, comincerà a frequentare clandestinamente e illegalmente la Reale accademia. Era infatti proibito frequentare due istituti in contemporanea. Compiuti diciotto anni e visitata una mostra fiamminga a Burges dove prevaleva il Cristo ferito come soggetto, Jan torna ad Anversa e si tagliuzza la fronte con lamette da barba per far sgocciolare del sangue. Così facendo prende coscienza del fatto che il corpo è qualcosa che si può violare e indagare. Inizierà anche una sorta di dialogo con il pubblico durante la sua “Money Performace”, spettacolo in cui gioca con i soldi ricavati dalla vendita dei biglietti. Li mangia, ne fa aereoplanini, addirittura gli da fuoco. Questo spettacolo è un segno di protesta contro il governo Belga nell’investire in armi da guerra, ma a quanto pare questo messaggio non viene recepito dal pubblico, che finisce col riempirolo di botte. Verso la fine degli anni 70, Jan Fabre si da allo studio degli insetti, ovvero “i computer più antichi al mondo”, così li definisce (Gli scarabei, per esempio, sono databili al Cretaceo Superiore, che risale a 145 milioni di anni fa). Nei suoi studi finisce anche per “maltrattare” questi piccoli animali, staccando le ali ad una mosca e incollandole ad un verme, per esempio. Girerà anche dei film che hanno come protagonisti vespe, farfalle e mosche. Molte opere ammirabili alla mostra, infatti, hanno come protagonisti insetti e piante, come metafora del fatto che, in quanto animali così antichi, hanno partecipato all’origine della vita sulla terra. Altre sculture sono crasi di teste umane con parti animali reali o fantasiose, come corna e simili. Molto suggestiva soprattutto la statua dell’ “uomo che piange e che ride”, statua che riesce a trasmettere molto bene le sensazioni di gioia o di tristezza, a seconda dell’interpretazione, in quanto dagli occhi scendono gocce d’acqua e nella bocca è posizionato un sistema audio che ripete una risata. Tutto questo ci fa chiedere se l’uomo stia piangendo dalla gioia o ridendo dal dolore. Il panorama già meraviglioso del forte combinato con uno stile modernissimo di questo artista Belga non potrà far altro che regalare grandi emozioni al pubblico che visiterà la mostra.

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