Dopo il debutto milanese nel novembre del 2014, la compagnia Teatro Carcano fa approdare anche alla Pergola di Firenze la sua produzione di Aspettando Godot di Samuel Beckett, con regia firmata Maurizio Scaparro: finisce la sera di martedì 2 maggio l’attesa del pubblico fiorentino.

Quella dei due vagabondi protagonisti Vladimiro (Luciano Virgilio) ed Estragone (Antonio Salines) invece no. E non basterà neanche la fine della tappa toscana, domenica 7, a soddisfarla. Vladimiro ed Estragone, sfortunati emblemi da una parte dell’uomo del Novecento e dall’altra di quello europeo, sono condannati ad aspettare per sempre, e neanche è dato sapere chi (o che cosa). Godot appare nel titolo, ma solo lì: è la Morte, Godot? La Speranza, o la Rivelazione? Oppure, volendo giocare con le assonanze, è forse God, Godot, Dio? O ancora, una crasi crudele delle parole go e dot. Vai, punto. Vai. Fermati.

Di chiunque si tratti, l’unica certezza è che non arriverà. Per dirla con Pascoli, Vladimiro ed Estragone, e poi anche Pozzo (Edoardo Siravo) e Lucky (Fabrizio Bordignon), aspettano, aspettano in vano. Al contagio del loro sconforto non ci si può sottrarre.

Non per niente, Jean Anouilh aveva sostenuto, a proposito della tragicommedia, che era “un capolavoro che provocherà disperazione negli uomini in generale e in quelli di teatro in particolare”. Scaparro però non ha intenzione di abbandonarsi del tutto alla lettura tragica: d’altronde, già Beckett aveva compreso che nel mondo attuale lo spazio per la tragedia è minimo, e che a volte più che alle lacrime deve puntare al riso. Forse fu tra i primi del suo secolo ad arrivarci: tant’è vero che all’inizio (prima nel 1953 quando debuttò al Théâtre de Babylone di Parigi, poi nel ’55 con la versione in inglese al British Royal National Theatre di Londra) in molti accolsero Aspettando Godot come uno scherzo o una provocazione. Solo in seguito si capì che era un’opera d’eccezione, nel secolo scorso come oggi.

Questo testo, che rileggo oggi, dico oggi nel 2017, mi colpisce anzitutto per le sue radici collegate alla millenaria e senza confini cultura europea, che noi stiamo colpevolmente dimenticando” afferma Scaparro, che proprio all’Europa della Cultura, “la grande dimenticata dell’Europa che viviamo”, vorrebbe dedicare la fatica sua e della compagnia.

 

Repliche

Mar 2 maggio, ore 20:45

Mer 3 maggio, ore 20:45

Gio 4 maggio, ore 20:45

Ven 5 maggio, ore 20:45

Sab 6 maggio, ore 20:45

Dom 7 maggio, ore 15:45

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