Dopo l’ultimo esperimento Bandersnatch, approda sui nostri “specchi neri” l’attesissima quinta stagione creata dalla mente di Charlie Brooker: Black Mirror, la serie televisiva britannica targata Netflix che continua ad attirare milioni di spettatori dal 2011 grazie al suo intrigante, inquietante e affascinante universo narrativo. La serie è ambientata spesso in un futuro prossimo e si fa carico di esplorare le più svariate e intense tematiche (come la giustizia, la vita e la morte, l’utilizzo dei social…) da episodio ad episodio, sullo sfondo del rapporto tra uomo e tecnologia in maniera diretta, talvolta più o meno cupa e senza peli sulla lingua. Lo scopo è quello di intrattenere, ma soprattutto lasciare al suo pubblico nuovi interessanti e destabilizzanti spunti di riflessione sulla nostra società o quella che verrà.

Non avete mai visto neanche un episodio? Nessun problema, perchè Black Mirror è un’ antologia: in ogni episodio viene rappresentata una storia autoconclusiva e indipendente dalle altre, ognuna ambientata in un futuro più o meno prossimo in società e realtà ben diverse tra loro; fatta eccezione per alcuni dettagli che legano qualche episodio all’altro. La premessa non fa che sorgere la domanda: vale la pena iniziare la serie dalla quinta stagione?

Black Mirror 5 raccoglie tre episodi da un’ora ciascuno, in contrasto con la mole di episodi delle ultime stagioni. “Rachel, Jack e Ashley Too” è un episodio atipico e dai toni più scanzonati, ma nonostante ciò ci riporta delle tematiche forti come la vita eterna e la strumentalizzazione del denaro con uno stile unico senza prendersi troppo sul serio; racconta la storia di due sorelle alle prese con un un robot commercializzato nel quale è impiantata la personalità di una famosa popstar. Diverso è il caso di “Smithereens”, un particolare thriller ambientato nel 2018 che conosciamo, che narra del rapimento di un ostaggio, focalizzandosi sulla dipendenza e pericolosità dei social network. Chiude il tridente una storia che relaziona amore e tecnologia in modo particolare e imprevedibile: “Striking Vipers”.

Il panorama bizzarro e disparato di Black Mirror è stato sicuramente arricchito, ma considerando la quinta stagione nel suo complesso non si può dire che regga il confronto con le precedenti , a causa di un cambio di direzione che dà la precedenza ad un’ambientazione sempre più ancorata al presente che non osa abbastanza nell’uso della fantasia. Inoltre manca (ad esclusione di “Smithereens”) la tipica tensione marchio di fabbrica della serie complici anche i colpi di scena meno incisivi.

Nonostante i difetti che riguardano soprattutto quella che è l’anima della serie non rispettata al 100%, presi singolarmente gli episodi non sono affatto male: tematiche forti e ben distinguibili, la direzione artistica trasuda stile da tutti i pori, la costruzione narrativa presenta degli ottimi climax e i personaggi sono interpretati al meglio e caratterizzati altrettanto bene, come Andrew Scott in “Smithereens” che riesce ad immedesimarsi nel complicato e instabile stato mentale di Chris il tassista in modo credibile.

A differenza dell’esordio, da un paio di stagioni la serie porta su schermo attori famosi hollywoodiani e giovani promesse del cinema. I tre episodi della quinta stagione non fanno eccezione; ad esempio, in “Striking Vipers” troviamo Anthony Mackie nei panni di uno dei due protagonisti, conosciuto dal grande pubblico come Falcon dell’universo Marvel, e ancora in “Rachel, Jack and Ashley Too” un ruolo importante è ricoperto da Miley Cyrus, la cantante di fama internazionale che in passato ha trascorso un periodo di forte crisi con la sua fama e immagine, che non a caso interpreta la popstar in crisi con se stessa Ashley O.

Black Mirror ritorna ad appassionarci, farci sognare, metterci in guardia e a scuotere le coscienze non al massimo delle sue forze, ma sicuramente in ottima forma.

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