Ogni anno si sente dire che l’ultima estate è stata quella più calda di sempre. Effettivamente, citando una stima della Coldiretti sulla base delle elaborazioni su dati Isac Cnr, in Italia è proprio l’estate 2019 a salire sul podio delle più calde dal 1800 per effetto del mese di luglio, con un aumento di 2 gradi in più rispetto alla media storica, e di giugno, che ha fatto registrare una temperatura superiore di 3,3 gradi rispetto alla media.
Una delle cause principali di questi notevoli aumenti di temperatura è il riscaldamento globale, ovvero il fenomeno di innalzamento della temperatura superficiale del pianeta. Parte di questo fenomeno è dovuto a cause naturali (l’irraggiamento solare o l’effetto serra) però non è affatto da escludere l’azione dell’uomo, il quale applica: l’utilizzo dei combustibili fossili, la deforestazione, l’allevamento e l’agricoltura intensive.
Com’è giusto che sia, a pagare le conseguenze di queste attività è l’uomo stesso ma non solo… chi ne soffre di più è la natura. Di fatto, nel corso del tempo, si noteranno maggiori modifiche nella distribuzione e nella quantità delle piogge con conseguente aumento del numero degli uragani, l’estinzione di specie vegetali ed animali ma soprattutto lo scioglimento dei ghiacchiai. Quest’ultimi sono considerati per il globo una vera e propria risorsa: città e interi territori dipendono dalle riserve d’acqua dei ghiacciai e il loro ritirarsi comprometterà la sicurezza idrica di milioni di persone.
Tuttavia i ghiacciai del mondo si stanno inesorabilmente sciogliendo. In un solo giorno la Groenlandia ha perso 11 miliardi di tonnellate di calotta, mentre all’Himalaya le cime più alte del mondo si stanno sciogliendo due volte più rapidamente.
Anche in Italia l’arco alpino sta subendo le conseguenze dell’aumento delle temperature. Secondo gli esperti il Cervino sta letteralmente “crollando a pezzi”, questo è dovuto al fatto che oltre ai ghiacciai si sta sciogliendo il permafrost, ovvero il terreno che rimane perennemente ghiacciato, di solito al di sopra dei 2.500 metri di quota; di conseguenza la roccia sottostante perde stabilità, frantumandosi. Ciò nonostante, gli scienziati dell’università di Zurigo che monitorano la montagna, controllano la stabilità della roccia tramite 50 sensori di movimento sul versante svizzero della montagna, prevedendo in questo senso le frane che stanno già aumentando di frequenza.
Oltre al resto, secondo l’esperto Renato Colucci (glaciologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr)), i ghiacciai alpini si sono addirittura dimezzati negli ultimi 100 anni. Inverosimilmente, di questo volume perso, il 70 per cento si è registrato solo negli ultimi 30 anni e pertanto, sempre secondo Renato Colucci: “Se prendiamo la media delle temperature degli ultimi 15 anni, questa non è compatibile con l’esistenza dei ghiacciai sotto i 3.500 metri.” e pertanto questi saranno destinati a scomparire in pochi decenni.
Dunque, come si può prevenire (o meglio curare) questo disastro ambientale?
Nel nostro piccolo si potrebbe: sostituire l’automobile con la bici oppure con i mezzi pubblici (evitando così l’inquinamento dell’atmosfera), praticare il riciclaggio e proteggere l’ecosistema attraverso un consumo ecosostenibile.
Così facendo viene assicurato il benessere dell’intera popolazione, non solo di coloro che vivono ai piedi delle montagne, ma soprattutto permettere ai colossi del nostro globo, che rendono la Terra abitabile e ancora più straordinaria, di continuare ad esistere.

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