La crisi dovuta all’epidemia di coronavirus che al momento interessa tutto il mondo, ha avuto un impatto enorme sull’economia mondiale andando a colpire tutti i settori, ma uno in particolare, soprattutto in Europa e in Asia, è la vittima più colpita: l’automotive.

Prima tra le cause (ma solo dal punto di vista cronologico) è stata l’annullamento di tutti i campionati di Motor-sport, gran parte dei quali si sono informalmente spostati nel virtuale, che ha comportato uno stop nella produzione di vetture e componentistiche da competizione.

Anche il salone di Ginevra, il più prestigioso salone automobilistico del mondo, ha presentato le novità di quest’anno attraverso uno schermo, come è successo per altre fiere.

La pandemia di Covid-19, piombata sul nostro pianeta come un fulmine a ciel sereno, non ha dato modo di organizzarsi, tuttavia il settore automobilistico ha tentato di adattarsi, come ha sempre fatto anche in tempi di guerra, convertendo la propria produzione in ciò di cui vi è più bisogno al momento; in queste circostanze alcuni componenti dei veicoli sono stati impiegati nella produzione di respiratori polmonari per quei pazienti che pur avendo gravi difficoltà respiratorie, non potevano essere aiutati a causa della carenza di questo genere di apparecchiatura.

La crisi attualmente in corso è la più grave che l’automotive abbia mai attraversato e i numeri sono sconcertanti; ad incidere sul drastico calo della produzione vari fattori, la maggior parte dei quali influenzati dalle misure di contenimento adottate dai diversi governi. Tali misure hanno a loro volta influito sulle misure anti-contagio messe in atto nei singoli stabilimenti, sia dei fornitori che dei produttori, e nelle concessionarie, gran parte delle quali sono state chiuse a causa del lockdown e che non hanno permesso di acquistare un’auto neanche a chi avrebbe voluto. Tutti questi elementi convergono nell’enorme calo delle immatricolazioni stimato del quasi 98% (in Italia) rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Da evidenziare che le misure adottate dalla singola nazione condizionano la produzione a livello globale, poiché le componenti, per lo più prodotte all’estero, vengono solamente assemblate nelle catene di montaggio delle case automobilistiche, che spesso si trovano nel paese di fondazione del marchio.

Un esempio che abbiamo sotto il naso è proprio la nostra patria, prima in Europa per la produzione di componentistiche. L’Italia, avendo dovuto frenare e in certi casi addirittura fermare la produzione ha di conseguenza provocato il rallentamento del lavoro del marchio di cui è fornitore, che se con sede in una nazione diversa sarà già stato soggetto ad altre restrizioni.

Le concessionarie sono molto a rischio, in maggior modo quelle molto piccole, che devono comunque rispettare gli obiettivi di vendita annuali; molto probabilmente le case madri le aiuteranno, ma ciò non esclude che molte siano a rischio chiusura definitiva.

La IHS Markit ha ideato un indice, il Covid-19 Automotive Market Disruption Index, per osservare l’impatto che le misure di contenimento hanno avuto sul settore automobilistico, che riguarda sia i fornitori che i maggiori marchi automobilistici. La scala di misurazione va da 0 a 100, variando quindi da nessuna misura di contenimento a chiusura completa. L’ultimo dato aggiornato dell’indice, risalente al 6 aprile, riporta i seguenti dati: 63,8 di sconvolgimento nella produzione per i grandi costruttori di auto e 62,8 per i fornitori.

L’indice è basato su cinque parametri: chiusura delle attività produttive, restrizioni sui movimenti interni al Paese, chiusura delle scuole, limitazioni del trasporto pubblico e controlli sui viaggi internazionali.

Come ci ha detto Lorenzo de’ Medici, “del domani non v’è certezza”, l’unico modo per sapere come si evolverà la situazione è attendere che la storia faccia il suo corso. Sicuramente però, l’automotive è destinato a superare questa crisi e a riprendersi, come ha sempre fatto.

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