(non contiene spoiler relativi a The Last of Us e The Last of Us Part II)

Introduzione

Sono le contraddizioni nella natura dell’uomo che ne rappresentano la bellezza.  Nel 2013 il giovane, promettente, introverso e creativo Neill Druckmann, supportato dal talentuoso team di sviluppo californiano Naughty Dog, voleva trasmettere questo messaggio in maniera geniale, e sorprese il mondo dei videogiochi con The Last of Us, un gioco d’azione horror ambientato in un brutale scenario post-apocalittico, in un mondo segnato da una terribile infezione nata da un fungo. 

Quella che era l’ultima cartuccia, anzi, testata nucleare sganciata in esclusiva Playstation 3 prima della fine del suo ciclo vitale, in pochissimo tempo si sarebbe presa con prepotenza uno spazio nel cuore di tantissimi appassionati di videogiochi e non.

A sette anni dall’uscita, però, nessuno si sarebbe aspettato di trovare la seconda parte di quest’opera sugli scaffali dei nostri negozi: The Last of Us Part II, in esclusiva Playstation 4. Forse ancora più difficile sarebbe stato pensare che l’allievo avrebbe superato il  maestro con tanta facilità (come testimoniato da una valutazione di 96/100 su Metacritic, sito certificato che applica una media globale di centinaia di giudizi della stampa specializzata).

Recensione 

Mostri da una parte, mostri dall’altra: trama e tematiche

Quando The Last of Us Part II, come un fulmine a ciel sereno, venne annunciato durante il Playstation Experience del 2016, un’esplosione di euforia pervase i fan di tutto il mondo, i quali non si aspettavano di rivedere i propri beniamini. Ben presto, però, la gioia lasciò spazio ad un mare di dubbi e incertezze, e chiunque avesse attraversato l’America con Ellie e Joel si è chiesto: C’era davvero bisogno di un sequel?

Lo spietato e crudele mondo di The Last of Us è piegato dal Cordyceps, un fungo realmente esistente che nel gioco viene rappresentato in forma mutata e potenziata: capace di attaccare il sistema nervoso portandone al lento deterioramento e successivamente alla follia totale, si è diffuso a macchia d’olio costituendo una letale pandemia dando vita a dei veri e propri mostri per le vie delle città divenuti ormai solo l’ombra delle persone che erano. Dopo più di vent’ anni, l’infezione ha portato con sé ben oltre la metà della popolazione e il tessuto sociale è ormai un lontano ricordo.

Nel primo capitolo vestiamo i panni di Joel: un padre che ha perso la figlia durante l’inizio della fine, che, consumato dal dolore e dal rimorso, ha ormai adattato la sua vita, nei pressi di Boston, ad un mondo senza prigionieri, non facendosi alcun scrupolo pur di sopravvivere. Un contrabbandiere senza remore come lui, però, non si sarebbe mai aspettato di affezionarsi durante il trasporto di quella che sarà la sua merce più importante: Ellie, un’irriverente e misteriosa ragazzina affidatagli dal leader delle Luci, il capo di un gruppo di militanti alla costante ricerca di una cura per il Cordyceps. I due, infatti, non si rendono conto di avere tra le mani la panacea che potrebbe salvare l’umanità, e intraprendono un lungo viaggio attraverso gli Stati Uniti per raggiungere una delle ultime basi delle Luci.

Tutto qui? Si parla di un’invasione zombi? Sbagliato, perché in realtà la pandemia apocalittica, elemento senz’altro banale e trito e ritrito nel panorama moderno nonostante venga reso con originalità tramite il Cordyceps, è solo un pretesto per esplorare tematiche ben più profonde. Un semplice quanto brillante espediente attuato dalla mente di Druckmann per mettere in luce il vero mostro di questa storia: l’uomo. Un’epidemia che ha portato via il 70% della popolazione mondiale, ma che ha soprattutto contagiato il restante 30% con un virus ancora più pericoloso: pura disumanità, che ha riportato l’uomo a doversi sottomettere alla legge del più forte, costantemente in bilico tra la vita e la morte. In questa landa desolata, però, sboccia un fiore rigoglioso: il rapporto in continua evoluzione tra Ellie e Joel, un legame tra una figlia che non aveva mai avuto un padre e un padre che la figlia l’aveva persa da moltissimo tempo. Una ragazza che ancora vede il mondo con gli occhi di una bambina, entusiasmata dalla carezza ad una giraffa, determinata ad imparare a fischiettare oppure ad imparare a suonare la chitarra; una ragazza che rappresenta l’ultima erede di quel briciolo di umanità rimasto sulla Terra.

Perché tra gli appassionati sorse il dilemma della validità o meno di un proseguo del primo capitolo? Perché la conclusione di The Last of Us era semplicemente perfetta: il gioco aveva sì gettato qualche briciola di pane durante il tragitto, ma il finale, nonostante fosse aperto più che mai, aveva lasciato un’impronta così marcata nei cuori dei giocatori che sembrava comunicare: “Non hai bisogno di sapere come andrà avanti”. E tutti, sotto questo messaggio, ci hanno messo la propria firma, come se fosse appena stata offerta una strabordante somma di denaro. Una chiusura del sipario che incorporava in poche battute uno splendido e allo stesso tempo spaventoso ritratto della natura umana. Eppure, sorprendentemente, giocando al secondo capitolo ci si renderà presto conto di quanto  sia significativa la dicitura “Part II”: il secondo capitolo non è un semplice sequel, si tratta della metà dei tasselli che compongono il mastodontico quadro di The Last of Us.

Sono trascorsi quattro anni dalla conclusione del primo capitolo, un periodo che i nostri eroi hanno trascorso nella comunità del fratello del protagonista, Tommy, nei pressi della contea di Jackson: sia lui che Joel custodiscono un enorme segreto, uno di quelli da portarsi nella tomba. Qui Ellie trascorre la sua adolescenza in tranquillità, ebbene sì, tranquillità: l’uomo nel bene e nel male col tempo ha saputo adattarsi, come sempre aveva fatto, al mondo che lo circonda, e il Cordyceps semplicemente ne fa parte. La ragazza, però, dovrà svegliarsi da quel bellissimo sogno dopo uno schiaffo a mano aperta in pieno volto: a questo punto, alimentata dalla sete di vendetta parte alla volta di Seattle, per dare la caccia ai Lupi (WLF), un gruppo di terroristi anarchici i cui piani sono avvolti nel mistero. La cieca vendetta, durante il suo percorso, si trasforma in un profondo odio per il mondo, sempre pronto a portarle via ciò che è a lei caro. 

Se The Last of Us faceva leva sul rapporto padre – figlia per toccare il giocatore, nella seconda parte dell’opera di Druckmann, Ellie e il giocatore dovranno farsi strada tra brutalità e una violenza nuda e cruda, mai decontestualizzata, ma sempre con lo scopo di trasmettere un messaggio allo spettatore. Non sarà facile, The Last of Us Part II è capace di renderti direttamente protagonista, e se questo porterà ad emozioni ancora più memorabili, inevitabilmente i colpi sferrati con tutta la sua forza saranno ancora più dolorosi.

La sopravvivenza del più forte: sistema di gioco

Se nella prima avventura di Ellie e Joel ci trovavamo davanti ad un sistema di gioco appagante, frenetico, brutale, ma al tempo stesso semplice e immediato, la nuova fatica di Naughty Dog ci sbatte in faccia le stesse sensazioni all’ennesima potenza. Lo scheletro del gioco che The Last of Us Part II eredita dal proprio predecessore non consiste in niente di rivoluzionario, dato che si parla di un classico gioco d’azione horror in terza persona nel quale possiamo adattare il nostro stile ad ogni situazione: abbiamo la possibilità di affrontare i nemici in maniera furtiva, eliminandoli uno ad uno senza far sì che si accorgano della nostra presenza magari aiutandoci con coltelli o frecce; oppure possiamo mettere tutto a ferro e fuoco con carabine, revolver o fucili a pompa affidandoci alla nostra mira; o possiamo invece buttarci nella mischia a suon di cazzotti e catartiche mazzate con tubi, assi di legno, martelli o accette; o ancora, se i nemici sono troppo numerosi, possiamo optare per una fuga strategica.

Attenzione però, perché siamo pur sempre dei sopravvissuti, non un arsenale ambulante: tutto ciò che può esserci utile in battaglia come cure, munizioni, ordigni o coltelli andrà costruito con oggetti che troveremo qua e là esplorando minuziosamente. Ecco perché il nostro stile di gioco dovrà adattarsi anche e soprattutto a ciò che abbiamo a disposizione e a ciò che abbiamo di fronte. Inoltre, per chi fosse intimorito da questo gameplay e volesse solo godersi la storia, sono state inserite più di sessanta opzioni per l’accessibilità dell’avventura che comprendono, ovviamente, anche sfide estreme per i più masochisti.

Ellie, anche questa volta, dovrà farsi strada tra pericoli di ogni tipo come feroci infetti i quali non aspettano altro che caricarci a testa bassa per affondarci i denti nel collo. Questi si suddividono in base al tempo trascorso dall’insinuazione del fungo, intervallo che è direttamente proporzionale alla loro letalità, ognuno con caratteristiche peculiari che dovremo tenere in considerazione per affrontarli: ad esempio ci sono i Runner, deboli e infetti da poco tempo, sono soliti attaccare le proprie vittime in gruppo; abbiamo poi i Clicker i quali hanno la vista completamente offuscata a causa della crescita del Cordyceps ma hanno guadagnato in compenso un udito sviluppatissimo che consente loro di ecolocalizzare le prede. Quali sono, però, le minacce più astute, organizzate e aggressive del mondo di The Last of Us? La risposta è che sono ancora una volta gli uomini.

Si poteva dire lo stesso riguardo al primo capitolo? No, perché uno dei più grandi difetti del capolavoro del 2013 era proprio l’intelligenza artificiale: era facile trovarsi davanti a situazioni surreali e quasi divertenti, tra nemici che per cercarci si limitavano a girare in tondo, e i nostri compagni di avventura che senza un motivo apparente cominciavano a correre davanti ad un Clicker con noncuranza. Con The Last of Us Part II non solo è stato fatto un passo in avanti, Naughty Dog è riuscita a realizzare la migliore intelligenza artificiale di sempre: adesso, ad esempio, davanti ad un Lupo avremo l’impressione di affrontare una persona vera. Ogni persona che cercherà di sbarrare la strada ad Ellie ha un nome, ogni persona comunicherà con la propria squadra per circondarla e stanarla, ogni persona guarderà in qualsiasi anfratto della mappa di gioco pur di piantarle un proiettile in mezzo agli occhi. E contro avversari così pericolosi, questa volta i nostri alleati si nasconderanno con intelligenza, non si faranno scrupoli ad eliminare un ostacolo e ci salveranno davvero la pelle nei momenti critici.

Ogni buon gioco d’azione, tra le altre cose, sa quando è doveroso prendere una pausa per bilanciare i suoi ritmi di gioco serrati. Anche in questo The Last of Us Part II centra in pieno l’obbiettivo: dite addio a claustrofobici corridoi tra maleodoranti fogne ed edifici in rovina del primo capitolo e date il benvenuto a delle macroaree architettate nei minimi dettagli all’interno di Seattle. Vi saranno moltissimi momenti durante i quali il gioco vi darà piena libertà di esplorazione in sella al vostro destriero, o a bordo della vostra barca. Si tratta di mappe zeppe di enigmi, risorse utili per il vostro viaggio, o addirittura potenziamenti e armi: potete tirare dritto verso il vostro obbiettivo, oppure farvi rapire dai misteri di un mondo di gioco congegnato in maniera perfetta. Non dimenticate però, che la curiosità viene sempre ricompensata dallo studio californiano, con kit per la medicazione, con pezzi per la modifica delle armi o con integratori per sbloccare nuove abilità di Ellie.

Un requiem dal sapore country: comparto tecnico, artistico e sonoro

The Last of Us debuttò per la prima volta su Playstation 3, e si trattò di un vero e proprio canto del cigno per la console di casa Sony: il gioco aveva spremuto a tal punto l’hardware da creare dei miracoli a schermo per gli standard dell’epoca. The Last of Us Part II oggi strappa di mano il testimone al proprio capostipite e crea un vero e proprio dipinto fotorealistico, anche sulla versione base di Playstation 4: l’illuminazione forma giochi di luci e ombre mozzafiato, il tutto condito con colori accesi e una recitazione facciale di livello cinematografico. Tutto ciò dà vita ad una splendida Seattle nella quale la natura si è ripresa ciò che le spettava di diritto: una location che il team ha scelto appositamente per la sua varietà di ambientazioni tra foreste, grattacieli, paludi e così via. A fare da cornice, una splendida colonna sonora di Gustavo Santaolalla dal tono country e soul, completamente in linea con il paesaggio americano, ma soprattutto che riesce con i propri accordi di chitarra a toccare il giocatore nei momenti significativi.

Giudizio finale

Naugthy Dog ha deciso di non adagiarsi sugli allori, ancora una volta ha scelto di mettersi in discussione con il coraggio di schierarsi. E il risultato è semplicemente incredibile: usando il primo capitolo come trampolino e non come modello, il team californiano ha infranto di nuovo i propri limiti, scrivendo la storia dei videogiochi. Sì, l’aveva già fatto con la prima parte della propria opera, ma solo a matita: questa volta con una penna nera, mettendo un punto alla fine. The Last of Us Part II è uno di quei giochi che esce ogni vent’anni, uno di quelli che sa far vibrare le corde dell’anima. Non è facile da digerire, con tutte le raffiche di pugni in pancia che ti tira, ma una cosa è certa: non dimenticherete mai le mani di Ellie che accarezzano le corde della chitarra. 

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