Ci risiamo, come volevasi (purtroppo) dimostrare. Dopo una ridda di voci, smentite, controsmentite, pareri di ogni segno e di ogni tipo, siamo arrivati al dunque: la scuola superiore non riaprirà, come più volte solennemente ribadito e annunciato, il 7 gennaio. Quel giorno gli studenti riaccenderanno i loro computer, smartphone, tablet e chi più ne ha più ne metta per rivedere i loro insegnanti solo attraverso uno schermo. Ma c’è stato solo un rinvio di quattro giorni, cosa volete che sia? Ah beh certo, se solo di questo si trattasse non sarebbe nulla davvero: abbiamo atteso mesi, non è certo qualche giorno in più che può fare la differenza. Eh no, qui ci sta bene una bella citazione dantesca: “il modo ancor m’offende“.

Sì perché qui non si capisce davvero più nulla. Intanto chi riaprirebbe (il condizionale, più che d’obbligo, è una necessità) l’11 gennaio? A quanto sembra, a malapena una metà delle regioni italiane. Infatti ci sono alcune regioni, come il Veneto e il Friuli, che parlano addirittura di fine gennaio (con tutti i se e i ma possibili e immaginabili, ovviamente); e nel complesso, c’è da farsi girare la testa e chiedersi se quella affermazione che parla della Repubblica Italiana come una e indivisibile sia stata messa lì per gioco o sia caduta nell’oblio.

Lo sappiamo benissimo: una serie di riforme hanno attribuito alle regioni determinate competenze anche in materia di istruzione, e l’andamento dell’epidemia non è certo uniforme. Ma a nostro modestissimo parere, anche se non siamo dotti medici e sapienti ma solo alcuni docenti e studenti che vorrebbero tornare in classe e soprattutto capire cosa stia davvero accadendo, quello che non si comprende è: ci sono o no le condizioni per riprendere le lezioni in presenza? Se sì, che senso ha questo slittamento continuo? In caso contrario, perché continuare a illudere e suscitare false speranze? E ancora; se alcune regioni si possono permettere di spostare la riapertura della scuola di alcune settimane, per quale motivo quelle che si erano dichiarate pronte a partire il 7 gennaio non possono farlo?

Un’altra cosa che sinceramente fatichiamo a comprendere è come mai negli ultimi due mesi non si è fatto che parlare di divisioni delle regioni nei vari colori, e, invece, per la scuola di questo non si parla. Come mai noi che in Toscana, fortunatamente, non abbiamo tanti casi dobbiamo tenere le scuole chiuse? Perché rinunciare a parte della nostra vita e della nostra cultura, solamente perché in altre regioni tanto decantate ed elogiate, come il Veneto e non solo, ci sono alcune persone che non rispettano le regole oppure danno numeri di telefono falsi per non farsi rintracciare in caso di positività, mostrando una totale mancanza di responsabilità? Questo almeno stando a fonti stampa che dovrebbero essere sicure, come il Corriere del Veneto che riporta peraltro dichiarazioni in questo senso del direttore della sanità veneta Luciano Flor. 1) Con tutta la comprensione e la solidarietà del mondo, questo però ci pare un pochino troppo….

La Toscana era dunque una regione che poteva ripartire il 7 gennaio, ma il presidente Eugenio Giani si è subito allineato alla decisione governativa; sinceramente dal nostro governatore avremmo voluto sentire qualcosa di diverso, considerando che aveva dichiarato come la Toscana fosse prontissima alla riapertura al 50%. Ci siamo sentiti molto più rappresentati dal nostro sindaco Dario Nardella, il quale con un commento su Facebook ha affermato senza mezzi termini: “Ancora una volta la scuola resta indietro. Siamo riusciti a fare lo shopping natalizio, il cashback e le cene di Natale con i due conoscenti aggregati, ma non riusciamo a riaprire le scuole superiori per 2 milioni e mezzo di studenti. Il tira e molla sulle date è avvilente, non capiamo cosa cambi in 4 giorni, tra il 7 e l’11 gennaio. Avevamo tutto il tempo per organizzarci, non solo le vacanze di Natale; è dal lockdown di quasi un anno fa che dovevamo pensare alle scuole e ai trasporti. Nella città metropolitana di Firenze saremmo già pronti, abbiamo predisposto con prefettura e regione Toscana un piano per garantire la sicurezza degli spostamenti – oltre che della presenza in classe – tale da consentire non solo di riaprire il 7 gennaio, ma di farlo con il 75% della didattica in presenza. Nella lotta contro la pandemia – prosegue il sindaco di Firenze – noi siamo per una linea di rigore e precauzione e rispetto le indicazioni degli esperti e le decisioni del governo, ma qui siamo all’improvvisazione. Nessuno fino ad ora ha dimostrato che il contagio avviene principalmente nelle classi, anzi, gli screening dimostrano il contrario. Allora è un problema organizzativo, e se il Paese non riesce a riaprire le scuole come potrà essere capace di distribuire decine di milioni di vaccini? A questo proposito diventa ancora più importante garantire in tempi rapidi la vaccinazione di studenti e insegnanti perché è evidente che non si può continuare a sacrificare sempre e comunque il mondo della scuola. Nessuna polemica, ma solo desiderio di contribuire a trovare una soluzione concreta. Ad esempio sarebbe utile fare screening in tutte le scuole superiori, come abbiamo proposto a dicembre noi sindaci metropolitani e come abbiamo già fatto a Firenze sulle scuole medie.” 2)

Bellissime parole caro sindaco, di cui non possiamo che esserle grati e con cui concordiamo in pieno. Ci permettiamo però sommessamente di chiederle di dirle, forte e chiaro, a chi governa, e in particolare a quegli esponenti del suo partito che, stando almeno a quanto riportato dalla stampa, hanno maggiormente osteggiato la riapertura delle scuole.

E ci sarebbe poi anche un’altra cosa da sottolineare; ci si rende conto o meno dello stress a cui si sottopongono i dirigenti scolastici, i collaboratori scolastici – soprattutto quelli che si occupano degli orari, i docenti che devono cambiare i loro programmi in continuazione (perché insegnare in presenza o a distanza, sembrerà strano ma non è proprio la stessa cosa), i ragazzi e loro famiglie? Ci si riempie la bocca spesso e volentieri con la scuola, ma quando poi si deve passare ai fatti, le parole il più delle volte restano lettera morta.

Quello che infatti tutti noi ci chiediamo è il perché la scuola debba essere messa sempre in secondo piano? Per riaprire lo shopping o altri tipi di attività sono state fatte le “corse” e quasi nessuno si è opposto; è vero, questi esercizi commerciali danno molti posti di lavoro e fanno “girare” l’economia, cosa sicuramente positiva e necessaria; ma la scuola non è quell’istituzione che in futuro farà trovar lavoro ai ragazzi? La scuola non è quel luogo dove generazioni intere crescono e si formano e grazie ad essa possono migliorare il proprio futuro e quello dello Stato stesso? Ecco così facendo sicuramente gli studenti perdono gran parte della loro formazione e della loro preparazione a diventare uomini o donne degni di questi nomi. E tutto questo mentre il Ministro dell’Istruzione ha ribadito che “E’ evidente a tutti che una mancata scuola in presenza favorisce delle problematicità. La didattica in presenza è un’altra cosa, la scuola è vita, amicizia, guardarsi negli occhi, sorridere, ecco perché è evidente che lasciare a casa gli studenti davanti ad un computer genera una serie di problematicità. Il ritorno a scuola l’11 gennaio per gli studenti superiori metterà fine alla didattica a distanza, perché la scuola non è solo imparare qualcosa. Gli studenti hanno diritto di tornare a scuola (…) Se si hanno contagi altissimi posso anche capire, ma allora se si chiude la scuola si deve chiudere tutto il resto, anzi la scuola dovrebbe essere l’ultima a chiudere. Se i contagi non sono alti, e ne abbiamo territori così, la scuola deve restare aperta: decisioni diverse non sarebbero comprese; la scuola ha un ruolo fondamentale, parliamo del futuro delle giovani generazioni che devono essere nel cuore delle istituzioni “ 2

Non veniteci pertanto a dire la solita cantilena “la DAD è come la lezione in presenza”. Non prendiamoci in giro; può essere valida come integrazione, ma non può sostituire in tutto e per tutto la lezione in presenza se non per un breve periodo. Avete mai provato cosa significhi stare dietro ad uno schermo per ore ed ore? Ma queste sono cose già dette e ridette; potrebbe persino venire il sospetto che si tenda troppo facilmente a dimenticare che alla fine chi in classe fa poco, così rischia di fare ancora meno; per chi non è molto motivato o non riesce (o non vuole) creare un rapporto vero con alunni e professori cosa è meglio di nascondersi dietro ad uno schermo, spegnere microfono e videocamera e tornarsene a dormire oppure leggere semplicemente il libro ai propri studenti e finire la lezione in anticipo, non approfondendo e non interessandosi se i propri ragazzi hanno seguito oppure no. Ecco la DAD in esclusiva è il paradiso per questo tipo di persone, eppure c’è chi, anche esperti e soloni più o meno altolocati, continua a decantarne solo i pregi, non capendo o facendo finta di non capire, che così si aumentano a dismisura le difficoltà degli studenti più deboli o, peggio ancora, si alimentano i sogni di pigrizia dei lavativi, discenti e non, né certo si incoraggia chi invece vuole imparare ed apprendere sempre di più; e avvilendo l’entusiasmo di chi, sulla cattedra o sul banco, crede nella scuola come magistra, vitae e non solo.

E del resto, che la DAD non faccia miracoli se ne stanno rendendo conto in molti; e il “conto” come sempre dovranno pagarlo docenti e studenti. Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli, non usa mezzi termini: ” “due giorni in più non fanno alcuna differenza, soprattutto se si vuole misurare l’effetto delle vacanze natalizie sulla curva dei contagi. In compenso, i continui cambi di direzione del governo e le decisioni in anarchia delle Regioni — molte delle quali già annunciano date diverse — inducono l’opinione pubblica a due soli pensieri: il processo è fuori controllo e la scuola non è così importante, di sicuro meno dell’economia, del commercio, dello sci“. Fin qui siamo perfettamente d’accordo, ma è la soluzione proposta che ci lascia quantomeno sconcertati: ” “Il prezzo che questa generazione di studenti rischia di pagare — già altissimo dopo il lockdown di primavera e la troppo incerta ripartenza in autunno — sta diventando enorme, con perdite in termini di conoscenze, di prospettive di lavoro e di reddito, di qualità della cittadinanza già ora in parte irrecuperabili. La risposta non può che essere una, la dico nel modo più ruvido: allungare l’anno scolastico fino a luglio e perfino ad agosto, con l’obiettivo di recuperare quello che non è stato fatto da marzo scorso a oggi“. 3

La diagnosi non fa una piega ma la cura è quantomeno irrealizzabile, perchè studenti e docenti hanno comunque continuato a lavorare (anche se i risultati sono senz’altro quelli che dice Gavosto) e come si può pensare di sottopporli anche allo stress di lavorare in presenza a 40 gradi all’ombra o giù di lì (per non parlare poi degli “incroci” con gli esami di stato etc.)

Intanto … Ce la faranno i nostri eroi a rivedersi tutti insieme in classe l’11?

1 https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/politica/21_gennaio_05/covid-numeri-telefono-falsi-o-mancate-risposte-cosi-positivi-quarantena-si-rendono-irreperibili-ee2ac7d2-4f2e-11eb-a28d-0ea3b9060be6.shtml

2 https://www.facebook.com/darionardella/posts/3656819077739172
3https://www.rainews.it/dl/rainews/media/Lucia-Azzolina-a-Rainews24-La-politica-non-impedisca-la-didattica-in-
presenza-45eae195-c009-485e-b7ed-724a02203ba1.html

4 https://www.orizzontescuola.it/riapertura-scuole-nel-caos-che-fare-lezioni-fino-a-luglio-o-agosto-dice-gavosto/

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