Molti giovani alle repliche di Falstaff – in particolare a quella del 30 novembre, a cui si riferisce la presente recensione – grazie anche alla intelligente politica delle Maggiocards, gratuite per questa stagione grazie all’accordo con Unicoop Firenze.

Falstaff, l’ultima opera di Giuseppe Verdi, è un vero capolavoro teatrale, sicuramente l’opera più divertente del compositore emiliano, ben più noto per il filone tragico; e questo grazie anche a un altro genio, poetico e musicale, che collaborò con lui: il suo librettista, Arrigo Boito, poeta e lui stesso valente compositore. Falstaff, ripreso dalle opere teatrali di Shakespeare (soprattutto Enrico IV e Le allegre comari di Windsor) è un vero e proprio capolavoro nato dalla fusione di due grandi personalità in campo musicale e poetico: l’edizione appena conclusa del Maggio Musicale Fiorentino rappresenta in pieno lo spirito che i due artisti volevano infondere in quest’opera.

Dopo i successi de La traviata e Rigoletto di settembre e ottobre, al Maggio è andato in scena il terzo titolo verdiano di questa stagione  con allestimento con direzione di sir John Eliot Gardiner e la regia Sven-Eric Bechtolf. Le recite andate in scena sono ben sei: 19, 23, 30 novembre e 3 dicembre alle ore 20, 21 novembre ore 15:30 e il 5 dicembre alle ore 17.  

Dopo poco meno di un mese dal suo concerto al Teatro del Maggio, e dopo i due concerti sinfonici precedenti il maestro sir John Eliot Gardiner torna, per la quarta volta a guidare in modo perfetto ed eccezionale il Coro e dell’Orchestra del Maggio per dirigere  Falstaff; in quest’opera, sicuramente molto diversa da quasi tutti i lavori precedenti di Verdi, l’orchestra, oltre a sostenere le voci dei cantanti ed esaltarle, ha ampio margine in cui esprimersi ed è sovente la vera protagonista della scena,. Dire che Gardiner ci è riuscito in pieno è riduttivo! In un’opera in cui l’orchestra è un elemento cruciale, essa non ha sbagliato nulla, anzi è andata al di sopra delle aspettative. Non a caso sono arrivate tantissimi applausi e complimenti al direttore ed all’orchestra stessa che ha sottolineato al meglio le mille sfumature di una partitura che è un vero miracolo di maestria e di modernità.

La regia è affidata a Sven-Eric Bechtolf, che, fortunatamente, non modernizza, come accade spesso oggi, l’opera, ma lascia i costumi e gli ambienti di quel tempo, non snaturandola, ma rendendola ancora più affascinante; molti registi “futuristi” dovrebbero prendere esempio da Bechtolf, invece di rivedere le opere in chiave moderna, rovinandole talvolta del tutto. Le scene sono di Julian Crouch, i magnifici costumi sono curati da Kevin Pollard, mentre luci e video sono affidati rispettivamente a Alex Brok e Josh Higgason

Il cast di assoluto rilievo è composto dal baritono Nicola Alaimo, che interpretando Falstaff, è semplicemente fantastico, si cala perfettamente nel ruolo di sir John: divertente ed ingombrante sulla scena. Si vede perfettamente che è il suo ruolo ed il suo personaggio meglio riuscito, che rappresenta in pieno il tipo di cavaliere vigoroso, ma ormai giunto verso la fine, ma con una sua precisa filosofia di vita che non abbandona mai: non può non risultare simpatico un personaggio così. Dal punto di vista canoro è impeccabile, padroneggia la propria voce e si esalta, grazie ad essa “prende per mano” il pubblico e lo accompagna per tutto lo spettacolo, lasciandolo solo alla fine con “Aritutti gabbati”.

Buone le prove di Simone Piazzolla, nel ruolo di Ford, di Antonio Garés, Bardolfo, Gianluca Buratto, che interpreta Pistola e del pedante dr. Caius, rappresentato da Christian Collia. Matthew Swensen, nel ruolo di Fenton, è stato discreto interprete ma forse non eccelso sul piano vocale.

La Alice di Aylin Pérez, fornisce un’ottima prova sul piano del fraseggio, con qualche incertezza forse nel registro centrale. Sara Mingardo interpreta Quickly ed è perfetta in questo ruolo essendo un contralto, anche se in qualche passaggio è un po’ discontinua, ma sempre di buon livello.   Ottime sotto ogni punto di vista le prove di Caterina Piva, nel ruolo di Meg, per il colore e il volume della voce e per l’ottimo fraseggio, e di Francesca Boncompagni (Nannetta) che con una voce straordinaria non sbaglia niente e si prende la scena con acuti eccezionali, lasciando il pubblico a bocca aperta.

Se questa è un’opera straordinaria, la regia e lo spettacolo lo sono altrettanto, sicuramente una delle migliori rappresentazioni degli ultimi tempi; si ha la sensazione, che essa possa rimanere negli annali come uno tra gli spettacoli meglio riusciti e che possa essere presa come punto di riferimento per rappresentazioni future.

Il pubblico fortunatamente era caratterizzato da una grande presenza di giovani, che hanno particolarmente apprezzato l’opera; merito anche delle maggiocards, che consentono al pubblico giovanile di accedere allo spettacolo con prezzi davvero ottimi; consuetudine che tutti i teatri italiani, se già non lo fanno, dovrebbero imitare. Alla fine dello spettacolo sono scrosciati fiumi di applausi, è stato chiesto a gran voce il bis. Si spera ci siano altre opere di questo calibro, ovvero semplicemente perfette sotto ogni punto di vista. Complimenti al Maggio, alla regia, all’orchestra, agli attori e a chiunque abbia contribuito, anche in minima parte, alla messa in scena di questa rappresentazione meravigliosa!

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