Ma cosa è stata, una dimenticanza? Ma come, oggi 25 marzo è il Dantedì e il LeoMagazine pubblica un articolo sul compleanno di Elton John?  Roba da vedersi aizzare contro le proverbiali tre fiere, leone in testa!

Ma non è stata colpa di un fatale oblio. Potremmo dire che “abbiamo già dato” con il nostro convegno del 24 novembre scorso Più facce a parlar pronte (di cui ripubblichiamo la locandina) che infine è andato in porto in barba a covid, a rinunce di relatori dell’ultimo secondo e altre amenità che rischiavano davvero di non farlo uscire dalla selva più o meno oscura delle grandi intenzioni e progetti. Ci sarebbe piaciuto se mai, nella giornata di oggi, riuscire a pubblicarne gli atti ma …. All’alta fantasia mancò la possa, o per meglio dire, il tempo, sopraffatti come siamo dall’urgenza di altri impegni e progetti e dal fatto che il nostro direttore deve anche insegnare e la redazione, staff compreso, deve anche studiare, considerando che buona parte di noi stanno per affrontare l’aspra tenzone della maturità.

Ma non per questo possiamo certo rinunciare a “fare gli auguri” al nostro grande con cittadino e altissimo poeta. Secondo la tradizione, sarebbe iniziato proprio nella notte tra il 24 e il 25 marzo il viaggio nella “selva oscura” che avrebbe portato il peccatore Dante a incontrare in Virgilio e iniziare quel duro pellegrinaggio che dal luogo “d’ogne luce muto” doveva portarlo alla contemplazione della gloria di colui che tutto move.

Non staremo a riferivi sulle iniziative su questo Dantedì ; basta un click e il gioco è fatto.  Solo una piccola riflessione.

Di cosa ci parla il poeta, nella sua opera maggiore? Di un viaggio, certo. Ma non è un viaggio qualsiasi: è un iter mentis ad Deum, un itinerario della mente a Dio che passa attraverso lo spettacolo del destino ultraterreno dell’umanità: di dolore, di penitenza, di gioia ineffabile.  La domanda, banale quanto si vuole, riemerge sempre spontanea: ha ancora una sua attualità tutto questo, anche e soprattutto per le generazioni attuali? E trascuriamo le questioni squisitamente letterarie, per cui è Dante è per certi aspetti l’inventore del “personaggio” moderno, il creatore di un formidabile e affascinante strumento linguistico etc; qui la questione è se la sua lettura, al di là del pur fondamentale arricchimento culturale, possa ancora insegnarci, o meglio “suggerirci” qualcosa.

Sicuramente la società di oggi ha perso completamente l’idea, il concetto stesso di “trascendente”. Quanti ragazzi oggi sono credenti, e per credenti non si intende qui cristiani, musulmani etc; si intende quanti loro pensano che possa esistere un “qualcosa” al di là della mera esistenza biologica? O che la vita umana non sia semplicemente quella brevis lux di cui parlava il poeta latino Catullo, oltre la quale c’è – sempre secondo le sue parole – solo da dormire un’unica eterna notte?

Si dirà che la giovinezza e il momento della gioia, della spensieratezza etc; questo è vero – anche se purtroppo non sempre può essere così – e questo lo sapeva bene anche il nostro poeta. Ma è anche il momento della generosità e della curiosità, delle domande “importanti”  che si fanno e ci si fanno, a se stessi e agli altri. Vittorio Sermonti soleva dire che Dante “dà del tu a ciascuno di noi” e gli attribuiva proprio questa capacità: di dare o suggerire risposte a chi cerchi un dialogo con noi.

In questi ultimi anni fenomeni come la pandemia o la recentissima guerra in Ucraina hanno forse scosso la nostra ingenua illusione di vivere nel migliore dei mondi possibili o perlomeno in una fortezza difficilmente espugnabile. Stiamo riscoprendo anche la fragilità e la debolezza: che tutto può cambiare nel giro di pochissimo tempo, che un progetto di vita personale, familiare etc può essere spazzato via in pochi secondi  dalla cieca fatalità di un microorganismo o dall’ancor più cieca crudeltà umana: un contagio o una bomba  possono distruggere anni di speranze, affetti, sacrifici. Non che prima non fosse così, anzi; solo lo avevamo dimenticato, o perlomeno “archiviato”.

Dante può aiutarci a guardare in alto, a credere nell’amore che muove il sole e l’altre stelle; a quell’amore poi ciascuno può dare il nome che preferisce, più o meno divino. Ma non  solo: attraverso il suo contatto con l’anime che son di fama note, il poeta ci insegna come nell’uomo, accanto al male e alla meschinità, vi siano anche la bellezza e la generosità, e come queste possano aiutare a superare gli odi di fazione: esempio per tutti, lo splendido personaggio di Farinata degli Uberti, di quella parte ghibellina che cacciò gli avi del poeta due volte da Firenze, ma che proprio nel nome della città del giglio trova con il guelfo bianco  Dante pace e riconciliazione. E il poeta ci invita a non essere mai né “ignavi” né troppo di parte, a fare sempre e comunque le nostre scelte ma in modo ponderato, e sempre privilegiando il “ben far” ai meschini interessi personali.

Ragioni più che sufficienti, a nostro parere, per ricordare Dante sempre e comunque, farne un prezioso compagno di viaggio e almeno alcuni di noi potranno dirgli: tu sei lo mio maestro e lo mio autore.

La locandina del nostro convegno.
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