Il 24 e il 25 maggio, dopo due anni di covid, il Leonlab – Laboratorio teatrale del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci di Firenze, ha fatto la sua mossa: al teatro di Rifredi, ormai inglobato nel teatro della Toscana,  giovani studenti – attori  si sono esibiti nello spettacolo “ Le Campane di Notre-Dame“, ispirato dal famoso romanzo “Notre-Dame de Paris“ di Victor Hugo. Lo spettacolo, la cui prima rappresentazione ha avuto luogo la sera del 24 maggio e alla quale si sono susseguite altre tre repliche il 25 maggio (due mattutine e una serale), è stato allestito con questo titolo per il volere della scrittrice di tutti i copioni, Elena Miranda. Grande partecipazione di pubblico, entusiasmo, applausi più che meritati.

La trama dell’opera è molto simile al classico romanzo francese e ha inizio davanti alla cattedrale di Notre Dame, dove un poeta squattrinato di nome Pierre Gringoire mette in scena un’opera teatrale, che presto si rivela un fiasco agli occhi del pubblico, il quale preferiva di gran lunga festeggiare l’evento della festa dei folli, nella quale viene eletto, attraverso una gara di smorfie, un “papa dei folli”, ovvero una sorta di capo che ha il diritto di governare su gli altri partecipanti per il resto della giornata. La gara termina con l’elezione dell’inconsapevole campanaro gobbo Quasimodo al titolo di papa, che per una volta, anche se deriso, si sente partecipe all’interno della società parigina, che era solito osservare dall’alto del campanile della Cattedrale. La festa viene bruscamente interrotta dall’arrivo dell’arcidiacono di Notre Dame che rimprovera gli spettatori, che dunque abbandonano i festeggiamenti e si concentrano sull’esibizione di danza della bella e giovane zingara Esmeralda. Deluso dall’esito dello spettacolo Gringoire inizia a vagare per le strade di Parigi, fino a quando non entra sbadatamente nel quartiere degli zingari, che lo condannano a morte con l’accusa di aver violato i confini esclusivi della comunità zingara.  L’unica via per salvarsi è quella di essere scelto come sposo da una delle ragazze zingare, ma inizialmente nessuna sembra attratta dal poeta. Per salvarlo interviene Esmeralda, che decide di sposarlo per evitargli la morte, pur non avendo alcun legame con lui. Poco prima vi era stato un tentativo di rapimento da parte di Quasimodo verso Esmeralda, sventato dall’intervento del capitano degli arcieri Febo, di cui Esmeralda si innamora follemente. Quasimodo viene dunque arrestato e incatenato in pubblico, dove viene deriso e insultato da tutti, tranne che dalla vittima del rapimento Esmeralda, che mostra pietà al gobbo facendolo così innamorare di lei. Esmeralda nel frattempo ha ricevuto un invito in locanda dal capitano Febo, che però viene seguito dall’arcidiacono, mandante del tentato rapimento di Esmeralda di cui è segretamente ossessionato, che in un momento di intimità fra i due giovani si intromette e accoltella alle spalle il capitano Febo. Egli successivamente fa cadere le accuse del presunto omicidio sulla zingara che dunque viene imprigionata all’interno della cattedrale. Qui l’arcidiacono rivela il suo amore ossessivo alla ragazza, che presa da un forte disprezzo afferma che preferirebbe morire che concedere il suo amore a colui che pensava fosse l’assassino del suo amato. Dunque giunge il giorno dell’esecuzione, ma mentre Esmeralda viene portata al patibolo viene salvata dall’intervento di Quasimodo che la porta al sicuro all’interno della cattedrale, dove nessuno avrebbe potuto torcergli un capello. La stessa notte gli zingari mettono in atto un piano per salvare la giovane ragazza, che sentendo confusione al di fuori della Cattedrale, cerca di raggiungere i suoi compagni, facendosi così catturare una seconda volta. Questa volta per evitare che fugga la ragazza viene affidata a una donna imprigionata, nota per odiare profondamente gli zingari perchè essi quindici anni prima avevano rapito la figlia. Durante il racconto di questa storia la donna mostra a Esmeralda un amuleto, del tutto identico a quello che la giovane zingara porta al collo. Le due sono felicissime per il ritrovamento, ma questa felicità si spegne quando le guardie tornano a prendere Esmeralda per portarla al patibolo. La ragazza viene infine portata al patibolo e giustiziata sotto lo sguardo dell’arcidiacono, che assiste alla scena con totale indifferenza dalla cima della cattedrale. Nel frattempo Quasimodo accecato dal dolore della morte dell’amata e riconoscendo nel prelato la principale causa della morte di essa, sfoga tutta la sua rabbia percuotendo a morte il rivale in amore.

La regista è stata brava a rispettare la classica contrapposizione, tra il tragico e il comico, il sublime e il grottesco tipici di Victor Hugo, inserendo all’interno dell’opera sia scene di ilarità e scherzo, che scene di straziante dolore amoroso e fisico, in un dramma che è capace di fare emozionare anche gli spettatori più scettici. I due protagonisti di questa esibizione, Esmeralda e Quasimodo, interpretati dagli studenti del nostro liceo Stefano Tronchin e Maria Rosa Tomaiuolo, hanno riferito il loro fervore nell’interpretare questi personaggi. Questa è la toccante affermazione di  Stefano Tronchin: “Credo di parlare a nome di tutti i miei compagni nel dire che non si possa descrivere cosa significhi tutto quel turbinio di emozioni, mentre guardi dietro le quinte svolgersi davanti tutto lo spettacolo per cui hai speso così tanti mesi a prepararlo assieme alla tua seconda famiglia”.

Il cast era formato da tutti i membri del Leonlab ed anche da qualche ex-studente della scuola, che adesso frequenta l’università. Una recitazione mai “sopra la righe”: appassionata e calibrata, con una buona dizione, quella dei protagonisti, spigliata e disinvolta ma sempre “professionale” quella dei numerosissimi attori – studenti in palcoscenico, ora nel ruolo della folla, ora dei soldati. Ottime anche le scene e i costumi.

La dimostrazione di questo senso di appartenenza e la determinazione di ogni membro del Leonlab ha dato vita ad una grande squadra, la quale è stata in grado di affrontare con perseveranza la difficoltà nel riuscire ad organizzare, con poco tempo a disposizione, l’intero spettacolo. L’inizio del montaggio è stato infatti avviato da fine febbraio; il superamento di questo “ostacolo” è avvenuto con successo, portando così alla concretizzazione dello sforzo impiegato, nella realizzazione di un sorprendente spettacolo da mostrare al pubblico. Un ringraziamento va ad Alessandra Conti, responsabile delle coreografie e del trucco, ai docenti Matteo Cosimo Cresti, impegnato nella grafica, Livia  Morescalchi e Chiara Masini (che ha curato i costumi con Lucia Manfredi) responsabili del progetto LeonLab;  e infine anche al Liceo Artistico Alberti,  che si è occupato delle scenografie.

In conclusione, è doveroso sottolineare nuovamente come il contributo esterno e la grande determinazione interna abbiano dato uno spettacolo che non si sofferma solo a mostrare una replica di un romanzo famoso, ma anche la volontà e la forza di un gruppo di ragazzi che sono riusciti a trasmettere il loro duro lavoro in modo sublime: una vera e propria “ÈQUIPE”, come direbbe l’autorevole Victor Hugo.

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