Lo scorso 5 ottobre, nella sala Zubin Mehta del teatro del Maggio Musicale Fiorentino, si è svolta la terza rappresentazione del nuovo allestimento de “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi, diretta dal Maestro Zubin Mehta e con regia curata da Cesare Lievi. Titolo con cui si apre il Festival d’autunno dedicato a Verdi, con tre opere a tema spagnolo.

Grande protagonista della produzione, nei panni del conte di Luna, un grandissimo Amartuvshin Enkhbat. Il baritono mongolo, dall’intonazione e dalla tecnica impeccabili, unendo una grande potenza sonora ad una buonissima dizione è riuscito ad incantare la platea con un’esibizione sbalorditiva. Anche la gestualità e l’espressività sono risultate curate e bilanciate, donando forte espressività al personaggio e meritandosi gli applausi del pubblico sia durante che alla fine dell’opera.

Applausi da parte degli spettatori anche per gli altri membri del cast. Molto bravi Ekaterina Semenchuck, nel ruolo di Azucena, e Riccardo Fassi, nel ruolo di Ferrando, come anche Fabio Sartori nel ruolo di Manrico, interpretato in chiave più fragile e con meno “verve” che solitamente contraddistingue il personaggio di Manrico. Infine, María José Siri, nel ruolo di Leonora, seppur con qualche indecisione all’inizio e quando solista sul palco, ha dimostrato una grande potenza sonora e destrezza negli acuti, tanto da essere una delle più applaudite alla fine dell’opera.

Il Coro del Maggio Musicale Fiorentino si dimostra ancora una volta un pilastro fondante delle produzioni al teatro fiorentino, sia accostandosi ai vari cantanti solisti che mostrando la sua bravura da solo, riuscendo a coinvolgere il pubblico entusiasta.

Come il coro anche l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino si è meritata un grande applauso, l’abilità dei vari professori d’orchestra è stata valorizzata dall’acustica della sala e dalla direzione del maestro Mehta che, con la mano sicura di chi ha già più volte diretto quest’opera, è riuscito a tenere insieme buca e palcoscenico.

L’allestimento e la regia a cura di Cesare Lievi si sono forse troppo distaccati dalla realtà e, cercando di concentrarsi sull’inconscio dei personaggi, con scene in parallelo in fondo al palcoscenico e controfigure che distoglievano l’attenzione dai protagonisti, hanno tralasciato il fronte del palco dove i cantanti si sono esibiti, circondati da pochi oggetti di scena come letti da ospedale arrugginiti e sedie girevoli, lasciando sostanzialmente molto spazio vuoto e grigio. Fattore forse influenzato dalle ridotte dimensione della sala Mehta, adatta più ai concerti della stagione sinfonica. Quasi nulla la presenza del fuoco, tema ricorrente del Trovatore, che ritroviamo solo quando Leonora lancia il velo incendiato in aria e nelle luci rosse che vengono proiettate sul fondale del palcoscenico. Curiosa anche la presenza delle proiezioni sul telo che divide in due il palco, elementi cinematografici che, da come era stato anticipato dal regista circa una settimana e mezzo fa, non sarebbero dovuti essere presenti.

Una produzione, traendo le somme, che avrebbe forse potuto dare di più, ma dobbiamo anche ricordarci che, come disse il Sovrintendente Alexander Pereira nel presentare l’allestimento: “Il Trovatore in Italia è sempre una grande sfida”.

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