Lo scorso 14 ottobre presso la biblioteca delle Oblate di Firenze è stato presentato il libro Ágnes Heller. Un’etica in cammino (Mimesis, 2020) di Ornella Crotti, insegnante universitaria di filosofia, studiosa appassionata del pensiero di Hannah Arendt e Ágnes Heller e socia fondatrice dell’associazione culturale Ideerranti che ha organizzato l’evento in cui, insieme alla scrittrice, è intervenuto lo scrittore e giornalista polacco Wlodek Goldkorn, studioso di ebraismo e storia dell’Europa centro-orientale.

Già dal titolo il libro rivela il gravoso tema che tratta: l’etica. In primis : cos’è l’etica? Innanzitutto un concetto che a tanti sembra astruso, in verità piuttosto abbordabile, anche se innegabilmente delicato, a volte divisivo, altre grattacapo.

Il termine dal greco significa “comportamento” e indica anche una branca di filosofia che si interroga circa costumi e comportamenti umani e gli strumenti che abbiamo per distinguere bene da male.

In prima posizione del titolo, un nome: Ágnes Heller, nome di una delle figure mondiali più importanti che si sono proposte di indagare la complessità dell’umanità post-moderna.

Filosofa ungherese di famiglia ebrea (1929-2019), sopravvive all’Olocausto e diventa allieva e collaboratrice del filosofo György Lukács (1885-1971) nel 1947. Se tuttavia durante la prima giovinezza ha vissuto nella paura per le discriminazioni razziali, terminata la Seconda Guerra Mondiale è vittima di discriminazioni ideologiche in quanto il partito comunista ungherese osteggia le sue ricerche circa il pensiero marxista, che potrebbero scardinare le ideologie su cui si basa la politica perseguita.

Diventa così filosofa del dissenso, perseguitata e espulsa dal partito comunista, ostacolata nel lavoro di ricercatrice accademica, privata del diritto a pubblicare, in uno Stato turbolento e ostile alla divergenza.

Nel 1977 è così costretta a lasciare l’Ungheria (dove tornerà nel 1989) per trasferirsi in Australia col marito e poi a New York, dove ha l’onore di prendere la cattedra appartenuta in precedenza a Hannah Arendt, eminente filosofa del XX secolo a cui si ispira. Qui collabora con importanti filosofi da tutto il mondo e compone molte opere.

Fu acuta, schietta e spregiudicata osservatrice della complicatissima società contemporanea. Oltre che per i numerosi riconoscimenti internazionali conseguiti, è ricordata per il pensiero etico che permea la sfera dei rapporti interpersonali da diversi punti di vista (familiare, politico, …), imbevuto di ebraismo e filosofia occidentale, per il coraggio con cui si è battuta in difesa della libertà e della vita, libertà di cui fu privata e vita di cui percepì l’estrema precarietà – e preziosità – nell’epoca e nel contesto da lei vissuti. Notava la necessità di una persona buona e contemporaneamente la difficoltà di trovarla in una società in cui scarseggiano capacità di discutere e solidarietà (ma non quella clamorosa per vantarsi, quella sincera che in altre parole è vicinanza a chi soffre). Capì che la bontà va spiegata, non il male, perché questo, come nota Goldkorn, nei romanzi è più facile da delineare, in quanto “via” spesso più semplice o accattivante. Un personaggio buono in un romanzo come un gesto buono nella realtà rischia di risultare noioso, imbarazzante, addirittura mellifluo.

In una società in cui si avvertono ambiguità e incoerenza, sfiducia verso l’altro, ipocrisia, opportunismo e perciò adeguamento a tali canoni, il messaggio della Heller è quanto mai illuminante: secondo lei, non è tanto una natura umana che generalmente lascia a desiderare o meno, quanto piuttosto la coltivazione di valori di umanità, volendo citarla, a determinare bontà o cattiveria individuale: esiste un percorso di crescita personale che, se intrapreso, rimuove quel contrasto tra ciò che si ha dentro e ciò che si vuole mostrare di sé, e il malessere che ne deriva.

È ora interessante e a maggior ragione attendibile consultare l’autrice del libro Ornella Crotti, gentilmente prestatasi alla seguente intervista riguardo la genesi del suo libro e le riflessioni che può stimolare.

Quali sono le ragioni e il pubblico per cui ha scritto il libro?

«Per me Ágnes Heller è una figura di riferimento nel panorama etico contemporaneo. Sono una docente di filosofia, prima lo ero al liceo e ora all’università, e ho conseguito il dottorato in filosofia etica e politica presso l’università di Verona, per cui una filosofa che si occupa prevalentemente di morale è alla mia massima attenzione, anche considerando che prima di lei ho studiato Hannah Arendt, sulla quale ho scritto due libri e che è stata la precorritrice di una serie di temi poi affrontati da Ágnes Heller.

Il pubblico può essere quello degli studenti, degli studiosi di etica che nelle varie università italiane e internazionali si occupano di morale e di giustizia, temi centrali della riflessione filosofica di Ágnes Heller.»

A cosa pensa possano servire le riflessioni proposte nel suo libro?

«Ritengo che queste idee morali possano dare un contributo alla risoluzione di problematiche molto rilevanti che ancora attanagliano la nostra realtà che sta rivelando fragilità morali e etiche veramente preoccupanti: ad esempio non si riesce a trovare una pace duratura in molte regioni del mondo, gran parte di popolazione è ancora pesantemente discriminata, (si pensi alle donne vendute e comprate come merce), e ciò accade pure nei paesi che hanno firmato la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo, come notò Heller.

E mi sembra che le cose non stiano andando meglio nell’ultimo periodo, anzi … le discriminazioni, i conflitti sono problemi molto lontani dall’essere risolti.»

Come contestualizzare il pensiero della filosofa in questa epoca sotto molti punti di vista complicata?

«La filosofia morale di Heller pone delle domande radicali perché lei crede che ci sia una grande crisi dei valori europei, che restano universalmente validi, ma sono continuamente messi in discussione: l’Europa di oggi si trova infatti in difficoltà di fronte a milioni di richiedenti asilo, ai conflitti che talvolta sorgono tra stati nazionali, alla mancanza di una costituzione europea vera e propria.

Riuscirà allora l’Europa contemporanea a diventare un’unità politica coesa e difendere i suoi valori fondamentali di libertà, giustizia, accoglienza, diritto al lavoro, alla salute, oppure prevarranno logiche economiche, per cui il mantenimento di ciò ha un valore di mercato? Sarà troppo difficile da essere vinta la sfida di affrontare l’Altro, soprattutto se con convinzioni ideologiche contrarie alle nostre, pensando ad esempio all’arrivo di donne costrette a nascondere con veli il proprio corpo, in contrasto alla parità di genere generalmente promossa in Europa?»

La concezione di bene proposta da Heller potrebbe mettere in difficoltà chi si approccia al suo pensiero senza una preparazione filosofica approfondita. Come ne sintetizzerebbe la riflessione filosofica morale?

«Heller ha lo scopo di cercare una risposta alla domanda “come agire, sapendo che l’essenza della moralità sta nella nostra relazione con l’Altro?”

Heller parla del duplice compito della filosofia, che potrebbe essere sintetizzato così: dare consigli che non siano comandamenti e aiutare a illuminare uomini e donne sulla situazione morale della modernità; la filosofia è da lei considerata donatrice di senso come l’arte: così come si avverte che certi capolavori artistici danno senso alla nostra esistenza e in essi affondano le nostre radici culturali, allo stesso modo la filosofia aiuta gli esseri umani a comprendere questioni morali ancora aperte: la filosofia è significativa quando si pone domande sull’essere umano, aiuta a dare senso alla vita individuale, alle scelte morali, a cercare risposte. Heller decide quindi di non dare risposte precise circa l’essere buoni: la tavola dei dieci comandamenti dà indicazioni generali ma ancora condivisibili, tuttavia secondo lei non ci sono mai risposte definitive all’interrogativo morale, e spetta all’individuo interrogarsi sul tema e agire di conseguenza.

Qui c’è il motivo di distacco dal paradigma filosofico di necessità di cambiamento sociale del pensiero marxista da lei sostenuto in gioventù da allieva di Lukács.

La sua filosofia (che lei chiama etica della personalità), è un invito al perseguimento della propria autenticità: l’invito è quello socratico che si basa sull’essere come si vuole apparire.

Secondo Heller una persona autentica è capace di fare promesse e perdonare, concetti mutuati da Hannah Arendt. Quando si decide di impegnarsi in un progetto, la promessa di portarlo a termine è un impegno preso con se stessi.

Inoltre non c’è nulla che aiuta nella crescita più della capacità di perdonare: è difficilissimo perdonare chi ci ha fatto del male, ma il perdono interrompe una storia potenzialmente infinita di odio e rivendicazioni e il dolore per ciò che è avvenuto e sembra irreversibile.

Infine per quanto riguarda la concezione del bene, citando Heller, è il bene, non il male che richiede una spiegazione: seppur raramente, troviamo persone che fanno gesti buoni, totalmente disinteressati, spontanei e talvolta rischiosi per una sorta di istinto che porta a far del bene al prossimo: secondo Heller ciò è dovuto al dono dell’empatia delle persone buone, anche se a volte proviamo simpatia per gesti malvagi.

Constatata l’esistenza di persone buone, Heller si chiede come siano possibili.

Ciò è dovuto a una nobile natura, come sostenuto da Platone?

O è frutto di una auto-acculturazione costante?

Probabilmente entrambe le cose.

Probabilmente chi ha sofferto molto nell’infanzia, crescendo nella rivalità, nell’odio, nell’invidia, farà fatica a essere buono, generoso, disinteressato.

Ma noi abbiamo la grande facoltà di essere molto malleabili, possiamo crescere costantemente.

Per Heller è molto importante la postura morale, che determina la scelta di essere una particolarità o individualità: ci si pone come particolarità identificandoci col mondo senza farci domande, senza consapevolezza di ciò che si fa. Essere un’individualità significa invece distaccarsi da ciò che non si condivide osservando il mondo con spirito critico.

Noi insegnanti cerchiamo sempre di educare a essere autonomi, fare critiche, tuttavia la condizione umana (non tanto natura, la cui trattazione è fallace!) non è di autonomia, ma di dipendenza perché, dice Heller, sentimenti e emozioni morali sono profondamente relazionali.

Perciò le persone con la puzza sotto il naso che si sentono completamente autonome, stanno male. Atti di arroganza e crudeltà si ritorceranno contro chi li commette.

Ci si dovrebbe avvicinare a loro, poiché la perfetta autonomia individuale potrebbe trasformare gli esseri umani in mostri moralmente isolati, incapaci di misurare la gravità del proprio agire.

Essere tra gli altri, frequentare diversi mondi (sentimentale, lavorativo …) è una gran ricchezza, ci dà la possibilità di confronto e crescita, anche se ciò può darci dei problemi. Soprattutto i giovani oggi hanno moltissimi mondi da frequentare. Si deve cercare quindi una propria strada con un filo rosso che può essere l’impegno personale, sociale.»

Come si potrebbe applicare quindi il pensiero di Heller alle nuove questioni emerse con il progredire della scienza e del suo potere di intervenire sulla vita, come per esempio clonare esseri umani?

«Heller dice che due valori fondamentali sono libertà e vita. La clonazione umana rispetta il diritto di libertà e vita della persona clonata? La bioetica si sta affaticando intorno a questa questione aperta. Si avvisa un grosso rischio nella possibilità di intervenire sul patrimonio genetico: mi domando con quale coraggio possiamo decidere di sostituirci alla natura e come si sentirà questo essere umano, privato di madre e padre, frutto di metodi scientifici sperimentali. Penso quindi che Heller fosse contraria a ciò, non tanto per le vie non naturali per conseguirlo (oggi in medicina ci serviamo comunemente di procedimenti non naturali, come l’applicazione di pacemaker) ma per la violazione dei diritti di chi è clonato.»

Ha fiducia nel miglioramento di questa società?

«Ascoltando Ágnes Heller, la quale afferma che l’emozione morale decisiva è la coscienza umana individuale, cioè un’autorità morale che regola l’azione e il discorso, il miglioramento sta all’individuo. »

Come si posiziona rispetto al pensiero della filosofa e come ci si è avvicinata?

«Il mio libro si intitola Un’etica in cammino perché il percorso che ci porta verso un auto-perfezionamento è un cammino. La vita è sempre un processo in corso: chi non accetta il cambiamento, perde una dimensione fondamentale della vita.

Mi sono avvicinata a Heller attraverso Hannah Arendt per il calore che entrambe mettono nella riflessione emozionale e politica.»

Ringraziando la professoressa Ornella Crotti per la sua disponibilità e gli stimolanti spunti di riflessione offerti, non rimane che continuare la propria strada alla ricerca di un benessere spirituale (da cui deriva anche quello fisiologico!) che trascende l’opulenza e anzi in essa trova futilità, talvolta danno.

4 2 votes
Article Rating