Mohsen Shekar, studente di 23 anni che venne arrestato durante le proteste di settembre in Iran, è il primo manifestante che è stato impiccato in seguito alla condanna a morte fatta il mese precedente. La pena di morte era stata decisa il 10 novembre sulla base delle accuse di aver bloccato una strada principale di Teheran durante la rivolta del 25 settembre, di aver causato dei disordini e di aver ferito un officiale durante il servizio, delle quali il giovane si era effettivamente dichiarato colpevole. 

Mohsen è stato giustiziato infatti la mattina dell’8 dicembre. La condanna è stata eseguita mentre i parenti aspettavano notizie del giovane fuori dal carcere. Il corpo del ragazzo ancora non è stato consegnato ai familiari.

Secondo l’Ong Shekar è stato condannato in un processo iniquo, e inoltre i magistrati iraniani hanno comunicato che la sentenza era arrivata dopo che il giovane aveva ammesso i suoi crimini in tribunale.

Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di Iran Human Rights, con sede in Norvegia,ha recentemente comunicato, tramite un tweet che a meno che le autorità iraniane non siano messe di fronte a “rapide conseguenze pratiche a livello internazionale” le esecuzioni dei manifestanti potrebbero iniziare ad essere un avvenimento quotidiano.

Siamo tutti testimoni di come, negli ultimi mesi siano state condannate a morte almeno 11 persone che avevano partecipato alle proteste di settembre contro la morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale e uccisa mentre si trovava nella sua custodia per aver indossato in modo “non appropriato” il proprio hijab. Proteste che hanno visto protagoniste moltissime donne iraniane e che si sono estese ad almeno 160 città del paese. Le autorità hanno reagito in modo violento; tutt’ora infatti almeno 475 manifestanti sono stati uccisi, e 18.240 arrestati.

Inoltre, da come denunciato al Guardian, gli agenti durante queste proteste sparano ai volti, agli occhi, ai genitali e al petto delle donne, da distanze molto ravvicinate.

Amnesty International ha commentato affinché le forze iraniane pongano “immediatamente fine alle esecuzioni previste e smettano di utilizzare la pena di morte come uno strumento per la repressione politica contro i manifestanti”.

Arriva anche un commento da parte di Giorgia Meloni: “ Il governo italiano è indignato di fronte alla condanna a morte di Moshen Shekari, giovane che si era unito alle manifestazioni per la libertà in Iran”. Aggiunge poi: “Questa inaccettabile repressione da parte delle autorità iraniane non può lasciare indifferente la comunità internazionale, e non potrà fermare la richiesta di libertà e vita che viene dalle donne e dai giovani iraniani”.

Non solo l’Italia ha condannato queste azioni delle autorità iraniane, ma anche Gran Bretagna e Germania hanno rispettivamente annunciato di essere “contraria alla pena di morte in ogni circostanza” e che “il disprezzo dell’umanità del regime iraniano è senza confini”.

A queste accuse il regime di Tehran risponde dicendo che “ nel contrastare le rivolte, l’Iran ha mostrato la massima moderazione e, a differenza di molti regimi occidentali che diffamano e reprimono violentemente anche i manifestanti pacifici , l’Iran ha impiegato metodi antisommossa proporzionati e standard. Lo stesso vale per il processo giudiziario: moderazione e proporzionalità”. Anche il ministro degli Esteri iraniano ha postato un Tweet in cui scrive che “la sicurezza pubblica è una linea rossa . L’assalto armato e il vandalismo sono intollerabili, nemmeno per i regimi occidentali che hanno trovato un pretesto per fare un’ipocrita paternale all’Iran. Invece sbandierare la sua falsità con dichiarazioni politicizzate. L’Occidente deve smetterla di ospitare, sostenere e incoraggiare i terroristi” 

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