Per noi, che abbiamo avuto il privilegio di lavorare per anni con l’Associazione dei Parenti delle vittime della strage dei Georgofili, questo arresto ha un valore tutto speciale. Speriamo con tutto il cuore che questo possa dare quelle risposte “ultime” che ancora mancano. Lo si deve alle vittime, tra cui ricordiamo particolarmente le bimbe della famiglia Nencioni e il piccolo Giuseppe di Matteo; perchè tutte le vittime devono essere onorate e ricordate, ma ai bambini spettano un fiore e una preghiera speciali. DDN

Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del Ros, dopo 30 anni di latitanza.
L’inchiesta che ha portato alla cattura del capomafia di Castelvetrano (TP) è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dal procuratore aggiunto Paolo Guido.

Matteo Messina Denaro è stato arrestato all’interno della clinica privata La Maddalena di Palermo, dove un anno fa era stato operato e dove da allora stava facendo delle terapie in day hospital. Nel documento falso esibito ai sanitari c’era scritto il nome Andrea Bonafede.
Urla di incoraggiamento e applausi nei confronti dei carabinieri del Ros, «Bravi, Bravi!» da parte di decine di pazienti e loro familiari: queste la reazioni dei presenti che hanno accompagnato l’arresto del superlatitante nella clinica.

La certezza per i Carabinieri era arrivata tre giorni fa. I magistrati, che da tempo seguivano la pista, hanno dato il via libera per il blitz. I carabinieri del Gis (Gruppo d’Intervento Speciale) erano già alla clinica Maddalena dove, da un anno, Messina Denaro si sottoponeva alla chemioterapia. Il boss, che aveva in programma dopo l’accettazione fatta con un documento falso, i prelievi, la visita e la cura, si trovava all’ingresso. La clinica intanto era stata circondata dai militari col volto coperto davanti a decine di pazienti. Un carabiniere si è avvicinato al padrino e gli ha chiesto come si chiamasse. «Mi chiamo Matteo Messina Denaro», ha risposto.

Dopo il blitz nella clinica,  l’ormai ex superlatitante è stato trasferito prima nella caserma San Lorenzo, poi all’aeroporto di Boccadifalco per essere portato in una struttura carceraria di massima sicurezza. La stessa cosa accadde al boss Totò Riina, arrestato il 15 gennaio di 30 anni fa. Insieme a Matteo Messina è stato arrestato anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara (TP), accusato di favoreggiamento. Avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie.

I carabinieri hanno sequestrato tutte le cartelle cliniche relative al boss (Andrea Bonafede) in cura a “La Maddalena” di Palermo. Nelle cartelle, anche sotto forma di file, c’è tutto il percorso medico del paziente operato a Marsala prima per tumore al colon poi nella clinica palermitana per metastasi al fegato.

Chi è Matteo Messina Denaro e perché la sua cattura è importante.

L’ arresto di Matteo Messina Denaro in una clinica oncologica è coerente con risultati investigativi, anche molto datati, che lo indicavano affetto da serie patologie. Tracce del boss superlatitante risalenti al gennaio del 1994, lo collocavano infatti in Spagna, a Barcellona, dove si sarebbe sottoposto, presso una nota clinica oftalmica, ad un intervento chirurgico alla retina. Ma non solo: avrebbe accusato – sempre secondo risultanze investigative di alcuni anni fa- una insufficienza renale cronica, per la quale avrebbe dovuto ricorrere a dialisi. Per non rischiare l’arresto durante gli spostamenti per le cure ed i trattamenti clinici, il boss avrebbe installato nel suo rifugio le apparecchiature per la dialisi. Una importante conferma sulle patologie accusate dal superlatitante giunse nel novembre scorso dal pentito Salvatore Baiardo, che all’inizio degli anni ’90 gestì la latitanza dei fratelli Graviano a Milano. In un’intervista televisiva, su La7 al giornalista Massimo Giletti, il pentito rivelò che Matteo Messina Denaro era gravemente malato e che proprio per questo meditava di costituirsi.

«Questo è il risultato di anni di indagini di questo ufficio e delle forze di polizia che hanno prosciugato la rete dei favoreggiatori del boss Messina Denaro». Lo ha detto il procuratore aggiunto Paolo Guido che, insieme al procuratore Maurizio de Lucia, ha coordinato l’indagine per la cattura del capomafia di Castelvetrano. «Questo – ha aggiunto Guido – è anche il frutto di un difficile e complesso lavoro di coordinamento tra le forze di polizia che in questo momento devono essere tutte ringraziate».

«Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato questa mattina al Ministro dell’Interno e al Comandante dell’Arma dei Carabinieri per esprimere le sue congratulazioni per l’arresto di Matteo Messina Denaro, realizzato in stretto raccordo con la Magistratura».


«Una grande vittoria dello Stato che dimostra di non arrendersi di fronte alla mafia»: così il presidente del Consiglio Giorgia Meloni commenta la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro. All’indomani dell’anniversario dell’operazione Belva che portò all’arresto del mafioso Totò Riina.

«Grandissima soddisfazione per un risultato storico nella lotta alla mafia». Così il ministro dell’interno Matteo Piantedosi appena appresa la notizia dell’arresto di Matteo Messina Denaro al suo arrivo ad Ankara per incontrare il suo omologo turco. «Complimenti – ha aggiunto – alla Procura della Repubblica di Palermo e all’Arma dei Carabinieri che hanno assicurato alla giustizia un pericolosissimo latitante. Una giornata straordinaria per lo Stato e per tutti coloro che da sempre combattono contro le mafie».

Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano (TP) Ciccio (Francesco Messina Denaro), storico alleato del clan dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa.
«Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità». Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, che riuscì ad evitare la galera per 43 anni.

Anche l’Associazione dei Familiari delle Vittime della Strage di Via dei Georgofili di Firenze ha espresso la propria soddisfazione e il proprio plauso alle Forze dell’ordine augurandosi nuovi passi avanti nella ricerca della piena Verità.
«Sono evidentemente venute meno le coperture di cui godeva ormai da 30 anni il superlatitante Matteo Messina Denaro, condannato all’ergastolo anche per l’omicidio dei nostri familiari – commenta il Presidente dell’Associazione Luigi Dainelli – e questo ci lascia ben sperare che a questo punto possano emergere nuove informazioni utili per arrivare alla piena Verità e Giustizia della Strage di Firenze».

È necessario che l’attenzione resti vigile e che la memoria non venga mai meno, perché si possa continuare a vivere sicuri – per quanto possibile, naturalmente – e soprattutto perché si possa vivere in uno Stato che garantisca non solo l’incolumità e la sicurezza dei suoi cittadini, ma che possa assicurare che il bene comune sia sempre e solo l’obbiettivo principale, senza lasciare nessuno spazio a chi prospera sulla morte, sulla delinquenza e sulla sopraffazione.

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